Ingiusta detenzione: è tale anche quella subita a seguito della ritardata esecuzione del provvedimento di ammissione all’affidamento in prova al servizio sociale (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen., Sez. 4^, sentenza n. 24032/2023, camera di consiglio del 24 maggio 2023, riconosce il diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione al detenuto trattenuto indebitamente in carcere per il ritardo nell’esecuzione del provvedimento del tribunale di sorveglianza che lo ammette al beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale.

Vicenda giudiziaria e motivi di ricorso per cassazione

Un detenuto viene ammesso al beneficio dell’affidamento in prova al servizio sociale.

Il relativo provvedimento viene tuttavia eseguito a distanza di 49 giorni dal suo deposito.

L’interessato si rivolge pertanto alla competente Corte di appello chiedendo la riparazione per ingiusta detenzione ma la sua istanza viene rigettata.

Il suo difensore ricorre per cassazione.

La decisione della Corte di cassazione

…Riassunzione del provvedimento impugnato

L’ordinanza impugnata ha rigettato l’istanza sul presupposto che l’affidamento in prova, quale misura alternativa alla detenzione, sia equiparabile ad altre modalità di espiazione della pena per le quali è escluso il diritto alla riparazione.

Posto che l’imputato non è stato assolto né prosciolto, non è destinatario di provvedimento di archiviazione ed è, anzi, condannato in via definitiva, né essendo sorte questioni relative all’esecuzione dovuta ad errori di calcolo della pena da espiare, la Corte territoriale ha applicato il principio secondo il quale il diritto alla riparazione è escluso quando il periodo di ingiusta custodia cautelare sia stato computato ai fini della determinazione della misura di una pena definitiva in corso di espiazione con il regime di affidamento in prova, sul presupposto che l’affidamento in prova sia equiparabile ad altre modalità di espiazione della pena per le quali è escluso il diritto della riparazione a norma dell’art. 314, comma 4, cod. proc. pen.

…La sentenza della Consulta che ha esteso il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione causata da un erroneo ordine di esecuzione

A seguito dell’intervento della Corte Costituzionale con la sentenza n. 310/1996, l’art. 314 cod. proc. pen. è stato dichiarato illegittimo nella parte in cui non prevede il diritto all’equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. e per violazione dell’art. 5 della Convenzione E.D.U., che prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste senza distinzione di sorta.

…L’evoluzione della giurisprudenza di legittimità

In ordine ai presupposti per il riconoscimento del diritto, l’interprete ha adottato un iniziale criterio, in base al quale il diritto alla riparazione non è configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione della pena eseguibile (Sez. 4^, n. 3382 del 22/12/2016, dep. 2017, Rv. 268958; n. 4240 del 16/12/2016, dep. 2017, Rv. 269168). Tale indirizzo faceva espresso rinvio alla sentenza Corte Cost. n. 219/2008 con la quale la Consulta (in un caso di pena definitivamente inflitta in misura inferiore alla custodia cautelare sofferta) aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 314 cod. proc. pen. nella parte in cui condizionava il diritto all’equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, ritenendo che in quella sede, in definitiva, il giudice delle leggi avesse legittimato le soluzioni offerte dal giudice di legittimità con riferimento ai casi di reati prescritti o di amnistia e remissione di querela.

Sulla scorta di tale lettura del dato normativo, quindi, si era ritenuto che, in tali ipotesi, il diritto alla riparazione potesse essere riconosciuto, ove la durata della custodia cautelare sofferta fosse superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o irrogata, ma solo nei limiti dell’eccedenza (Sez. 4^, n. 3382/2017, cit. in motivazione, che richiama anche Sez. 4^, n. 15000 del 19/2/2009, Rv. 243210). Con la conseguenza che il diritto all’equa riparazione veniva, invece, escluso in tutti i casi in cui la mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita conseguisse a vicende posteriori alla condanna, connesse al reato o alla pena (Sez. 4^, n. 40949 del 23/4/2015, Rv. 264708, principio affermato in relazione ad un caso di ammissione al beneficio della liberazione eccedenza, quindi, della detenzione subita in concreto dal condannato).

Nelle successive pronunce, tuttavia, la Corte di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere rilievo al periodo di detenzione eccedente quello risultante dall’applicazione della liberazione anticipata in un caso in cui l’ordine di esecuzione non era stato aggiornato al nuovo fine pena (Sez. 4^, n. 18542 del 14/1/2014, Rv. 259210, in un caso in cui il ricorrente era stato scarcerato con cinque giorni di ritardo, per «disguidi» dell’organo dell’esecuzione), e anche in un caso in cui la scarcerazione – disposta per la liberazione anticipata – era stata tardivamente eseguita a causa della tardiva comunicazione al collegio procedente per la rideterminazione della pena dell’ordinanza del tribunale di sorveglianza che aveva concesso quarantacinque giorni di riduzione della pena per liberazione anticipata (cfr. Sez. 4^, n. 47993 del 30/9/2016, Rv. 268617).

…L’indirizzo interpretativo attualmente prevalente

Il criterio interpretativo attualmente prevalente, condiviso dal collegio, impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen. anche ove l’ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell’emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena (Sez. 4^, n. 17118 del 14/01/2021, Rv. 281151 — 01; Sez. 4^, n. 57203 del 21/9/2017, Rv. 271689, che richiama C.E.D.U., 24 marzo 2015, Messina c. Italia, n. 39824/07, secondo cui è ingiusta una detenzione che, per effetto della riconosciuta liberazione anticipata, sia rimasta sine titulo), con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazione di legge da parte dell’autorità procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all’esercizio di un potere discrezionale (nel medesimo senso Sez. 4^, n. 25092 del 25/05/2021, Rv. 281735 — 01, che richiama Grava c. Italia, n. 43522/98, § 43, 10 luglio 2003, Pilla c. Italia, n. 64088/00, § 41, 2 marzo 2006, Sahin Karatas c. Turchia, n. 16110/03, § 35, 17 giugno 2008, e Del Rio Prada c. Spagna [GC], n. 42750/09, 21 ottobre 2013).

Tale indirizzo interpretativo si fonda sul rilievo che la pronuncia Corte Cost. n. 219/2008 non legittimi più la conclusione secondo cui il diritto all’equo indennizzo non sussiste ove la non corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende successive alla condanna che riguardano la pena eseguibile, dovendosi distinguere il piano della irrevocabilità della condanna da quello della definitività della pena.

Nel vigente sistema processuale (che attribuisce grande spazio agli interventi del giudice dell’esecuzione e del magistrato di sorveglianza sul trattamento sanzionatorio), i concetti di pena definita da pronuncia irrevocabile e quello di pena definitiva (per tale potendosi intendere solo quella determinata all’esito della complessiva gestione giudiziale del trattamento sanzionatorio) non possono, dunque, ritenersi coincidenti (Sez. 4^, n. 57203/2017 cit., in motivazione).

…Erroneità dell’ordinanza impugnata

Sotto tale specifico profilo, pertanto, la motivazione del provvedimento è illegittima nella parte in cui, pur non negando ingresso all’esame di vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, ha trascurato di verificare le ragioni per le quali si fosse data esecuzione al provvedimento a distanza di 49 giorni dal suo deposito.

Errata in diritto, anche alla luce di recenti pronunce di legittimità, è infatti l’equiparazione dell’affidamento in prova al servizio sociale a un titolo detentivo posto che, secondo la giurisprudenza di legittimità, l’affidamento in prova al servizio sociale è considerato, ai fini della riparazione per ingiusta detenzione, misura alternativa non implicante privazione della libertà personale (Sez. 4^, n. 39766 del 23/05/2019, Rv. 277559 – 01; Sez. 4^, n. 35705 del 20/06/2018, Rv. 273425 – 01).

…Esito del ricorso

Tali sono le ragioni per le quali l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio alla Corte di appello per nuova disamina della domanda alla luce dei principi di cui sopra.