Il giudice Suprema Corte (di Vincenzo Giglio)

Egli, il giudice Suprema Corte, è quello che presta il suo onorato servizio nella sede giudiziaria più periferica d’Italia ma conosce ogni piega della giurisprudenza della Suprema Corte ed è per questo, solo per questo, nient’altro che per questo, che tutti lo chiamano Suprema Corte.

Egli, il giudice Suprema Corte, spesso ma non sempre, anzi sempre ma non spesso, avverte un cortese ma fermo distacco verso le argomentazioni delle parti perché sa, prima, a prescindere, dopo e anche oltre di loro, come la Suprema Corte ha risolto il caso per il quale si affannano inutilmente.

Egli, il giudice Suprema Corte, lo sa così tanto, così bene, così capillarmente, da potere risolvere in almeno cinque modi diversi quel caso e, spesso ma non sempre, anzi sempre ma non spesso, almeno due di quei modi sono agli antipodi, come due universi paralleli destinati a mai incontrarsi.

Un altro giudice, spesso ma non sempre, potrebbe avvertire disagio per tale eccesso di opzioni.

Non lui, il giudice Suprema Corte: lui sa che ognuna di esse è giusta perché, secondo l’insegnamento di Cassazione, n. 007-Missione Goldfinger, non è giusto ciò che è giusto, è giusto ciò che piace.

Alcuni, superficiali e avventati, potrebbero pensare che lui, il giudice Suprema Corte, proprio perché è lui, il giudice Suprema Corte, non sia mai sfiorato dal dubbio, ma questo, provenendo da esseri superficiali e avventati, è un pensiero superficiale e avventato: lui, il giudice Suprema Corte, il dubbio lo conosce e lo pratica perché così insegna Cassazione, n. 007-Solo per i tuoi occhi, inseritasi nel solco di Cassazione, n. 007-Licenza di uccidere.

Egli, il giudice Suprema Corte, sa quindi, che «il giudice di seconde cure che intenda mutare (integralmente o parzialmente) la decisione di primo grado deve partire dalla sua motivazione e ad essa fare ritorno mentre rivaluta l’intera vicenda», e non gli è ignoto che occorre un saldo e bene ancorato «nesso di stretta relazione tra la quantità e la qualità delle ragioni espresse nella motivazione del giudice con la quantità e la qualità degli argomenti e delle ragioni espresse dall’impugnante».

Egli, il giudice Suprema Corte, non è un giudice di secondo grado ma quel viaggio di andata e ritorno è così mirabile da diventare un modello universale ed è per questo, solo per questo, che lo compie egli stesso, spesso ma non sempre, anzi sempre ma non spesso.