Avvocato no e commercialista sì per una diversa valutazione della condotta irreprensibile (di Riccardo Radi)

L’avvocato, quale pilastro del nostro sistema giurisdizionale, è soggetto a valutazioni deontologiche particolarmente rigorose, questa è la massima estraibile dalla sentenza n. 64 del Consiglio Nazionale Forense pubblicata il 19 maggio del 2024

Nel caso di specie, il COA aveva rigettato l’istanza di iscrizione al registro praticanti per difetto del requisito della condotta irreprensibile di un soggetto che aveva invece ottenuto l’iscrizione nell’albo dei Commercialisti.

Sulla scorta di tale diversità di trattamento, l’interessato proponeva quindi impugnazione al CNF che, anche in applicazione del principio di cui in massima, rigettava il ricorso.

L’avvocato, quale pilastro del nostro sistema giurisdizionale, nonché garante e custode dei diritti e delle libertà, assolve alla funzione di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il diritto inviolabile alla difesa (così come mirabilmente scolpito all’art. 24 della Costituzione), donde la diversità e l’assoluta peculiarità del ruolo sociale e costituzionale dell’avvocatura impone certamente un maggiore rigore e severità nella valutazione del requisito soggettivo della condotta irreprensibile anche rispetto ad altre categorie professionali.

Consiglio Nazionale Forense (pres. f.f. Corona, rel. Galletti), sentenza n. 64 del 13 marzo 2024