Presunzione di innocenza: non impedisce al giudice di valorizzare i precedenti giudiziari per negare la sospensione condizionale della pena (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 50001/2023, udienza del 29 novembre 2023, ricorda che, in tema di sospensione condizionale della pena, ai fini della formulazione del giudizio prognostico, il giudice può tener conto dei precedenti di polizia dell’imputato, purché dalla valutazione degli stessi possano trarsi concreti elementi fattuali che giustifichino una valutazione negativa della sua personalità ed una prognosi di ulteriore recidiva (Sezione 4, n. 4188 del 10/1/2023, Rv. 284092 – 01). In particolare, il tema della rilevanza dei precedenti giudiziari e di polizia ai fini del giudizio prognostico di cui all’art. 163 cod. pen è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza di legittimità, che ha sostenuto che la prognosi non favorevole alla concessione della sospensione condizionale della pena può fondarsi sui precedenti di polizia, poiché nessuna disposizione ne prevede l’inutilizzabilità ed anzi l’art. 9, legge 1 aprile 1981, n. 121, prevede espressamente la possibilità di accesso dell’autorità giudiziaria ad essi “ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale” (Sezione 5, n. 9106 del 21/10/2019, Rv. 278685 – 01; Sezione 2, n. 18189 del 05/05/2010, Rv. 247469 – 01); che «la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena è rimessa alla discrezionalità del giudice, il quale l’accorda solo se, avuto riguardo alle circostanze di cui all’art. 133 cod. pen., “presume che il colpevole si asterrà dal commettere ulteriori reati”. Tale presunzione non deriva, come effetto automatico, dall’assenza di precedenti condanne risultanti dal certificato penale, potendo giustificare un convincimento contrario non solo il comportamento processuale dell’imputato, ma anche i precedenti giudiziari» (Sezione 6, n. 16172 del 22/06/1989, Rv. 182615 – 01); che l’introduzione dell’art. 115- bis cod. proc. pen. – operata dal d.lgs. 8 novembre 2021 n. 188 (recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»), che limita, anche nei provvedimenti giurisdizionali, i riferimenti alla colpevolezza dell’imputato fino a che la responsabilità non sia stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili – non ha inciso su tale orientamento giurisprudenziale, atteso che detta disposizione si applica solo «nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato» e da quelli che «presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza» (Sezione 4, n. 4188/2023, cit.). Le decisioni che attengono alla possibilità di concedere la sospensione condizionale della pena, dunque, in quanto volte alla decisione in merito alla responsabilità penale sotto il profilo della determinazione del trattamento sanzionatorio, possono continuare a tener conto dei precedenti giudiziari e di polizia, a patto che siano valutati nel merito, riscontrando il contenuto e l’esito delle segnalazioni e delle pendenze, per verificare se dalle stesse possano essere tratti concreti elementi fattuali che giustifichino una valutazione negativa della personalità dell’imputato e una prognosi di ulteriore recidiva.

In altri termini, «il precedente giudiziario in tanto può contribuire alla valutazione della pericolosità (a sua volta desumibile dalle circostanze indicate nell’art. 133 cod. pen., fra le quali sono compresi, appunto, i precedenti giudiziari) in quanto sia dato dedurre da esso e da ogni altro concorrente elemento che l’imputato non offra alcuna presuntiva garanzia di astensione dal commettere ulteriori reati; al riguardo il semplice “carico pendente”, sia pure specificato nel suo contenuto, non fornisce, nella sua precarietà, alcun elemento significativo della personalità, in senso negativo, del soggetto» (Sezione 2, n. 300 del 29/11/1989, Rv. 183024 – 01).