Divieto di reformatio in peius: applicabile anche alle statuizioni civili (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 13562/2024, udienza del 13 marzo 2024, ha confermato che il divieto di reformatio in peius esplica la propria efficacia anche in sede di giudizio di rinvio, con la puntualizzazione, tuttavia, che, qualora la sentenza di secondo grado sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali, il parametro cui occorre fare riferimento è costituito dalle statuizioni contenute nella pronuncia del primo giudice (cfr., Sez. 3, n. 9698 del 17/11/2016, dep. 2017, Rv. 269277; Sez. 6, n. 44488 del 30/09/2009, Rv. 245107; Sez. 6, n. 10251 del 25/06/1999, Rv. 214386).

La ratio del principio consiste nel fatto che, nelle ipotesi indicate, non vi è stato il consolidamento di alcuna posizione di carattere sostanziale in capo all’imputato, onde legittimamente il principio del divieto di reformatio in peius va declinato in rapporto a quanto statuito dalla sentenza di primo grado. Così non è nel caso di specie: qui, invero, all’esito del giudizio di legittimità, la Suprema Corte ritenne necessario annullare la primigenia sentenza della Corte territoriale, disponendo il rinvio per nuovo giudizio innanzi alla stessa; e ciò è avvenuto, non per ragioni processuali, tali da cagionarne la nullità, bensì per motivi attinenti all’illogicità delle argomentazioni attraverso cui era stata affermata la sussistenza dell’elemento psicologico del delitto di calunnia, cui si aggiunse l’ulteriore errore commesso dai giudici del merito che avevano omesso di rilevare l’inutilizzabilità patologica da cui affette le dichiarazioni rese dalla parte civile, malamente esaminata quale mero testimone nel corso dell’istruttoria dibattimentale.

S’impone, conseguentemente, la riaffermazione del principio secondo cui il divieto di reformatio in peius è pienamente operante anche per le statuizioni civili che siano state nel precedente grado adottate ed anche nel giudizio di rinvio dopo la sentenza di annullamento (cfr., Sez. 1, n. 2658 del 17/11/2010, dep. 2011, non mass.).

Peraltro, allorquando la sentenza di secondo grado venga annullata per ragioni diverse da quelle di tipo esclusivamente processuale, il divieto di reformatio in peius va rapportato non già alla sentenza di primo grado, ma a quella di secondo grado, annullata (Sez. 6, n. 49717 del 28/06/2017, non mass.). In applicazione di detto principio, all’esito del giudizio di rinvio, giammai la Corte territoriale avrebbe potuto confermare tout court le statuizioni contenute nella sentenza di primo grado; e ciò perché almeno alcune di esse erano già state revocate con il provvedimento conclusivo del primigenio giudizio di appello.

Ne consegue che, in ragione del trattamento più favorevole riconosciuto all’imputato, non poteva né essere nuovamente liquidata una somma di denaro a titolo di provvisionale ex art. 539, comma 2, cod. proc. pen., né essere reintrodotto l’obbligo di cui all’art. 165, primo comma, cod. pen., in virtù del quale subordinare la materiale operatività del beneficio della sospensione condizionale all’ottemperanza delle statuizioni civili.