Informazioni confidenziali come presupposto di intercettazioni telefoniche: condizioni legittimanti (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 10670/2024, udienza del 20 febbraio 2024, ha ricordato che, in tema di autorizzazione all’effettuazione di intercettazioni telefoniche, le informazioni confidenziali acquisite dagli organi di polizia giudiziaria determinano l’inutilizzabilità delle intercettazioni, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 267, comma 1-bis e 203, comma 1-bis, cod. proc. pen., soltanto quando abbiano costituito l’unico elemento oggetto di valutazione ai fini degli indizi di reità, il divieto di utilizzo della fonte confidenziale non essendo esteso anche ai dati utili per individuare i soggetti da intercettare, sempre che risulti l’elemento obiettivo dell’esistenza del reato e sia indicato il collegamento tra l’indagine in corso e la persona da sottoporre a captazione (Sez. 6, n. 39766 del 15/4/2014, Rv. 260456-01; n. 42845 del 26/6/2013, Rv. 257295-01; Sez. 1, n. 11640 del 14/5/2019, dep. 2020, Rv. 279322-01).

Proprio con riferimento alla gravità indiziaria presupposta dall’art. 267 cod. proc. pen., la giurisprudenza, in linea con la chiara lettera della norma richiamata, ha ormai definitivamente chiarito che i gravi “indizi di reato”, presupposto per il ricorso alle intercettazioni di conversazioni o di comunicazioni, attengono solo all’esistenza dell’illecito penale e non alla colpevolezza di un determinato soggetto, sicché per procedere legittimamente ad intercettazione non è necessario che tali indizi siano a carico di persona individuata o del soggetto le cui comunicazioni debbano essere captate a fine di indagine (Sez. 4, n. 8076 del 12/11/2013, dep. 2014, Rv. 258613-01; n. 42017 del 17/10/2006, Rv. 235536-01; Sez. 1, n. 2568 del 18/9/2020, dep. 2021, Rv. 280354-01).