Fabrizio, ventisettesimo suicida in carcere nel 2024, vittima della detenzione statale illegale per mancanza di R.E.M.S. (di Francesco Buonomini)

Le ultime parole di Fabrizio … così inizia l’articolo di OPEN che racconta dell’ennesima tragedia consumatasi tra le mura di una prigione.

“Papi, ogni tanto mi sembra di non farcela” si era confidato il giovane Fabrizio nell’ultima telefonata al padre.

E purtroppo, Fabrizio non ce l’ha fatta perché non era nel posto giusto per lui.

Lui non doveva essere rinchiuso nel carcere di Torino ma ospitato in una R.E.M.S. (Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza che hanno sostituito gli Ospedali psichiatrici giudiziari), almeno così aveva disposto l’autorità giudiziaria.

Lui aveva necessità di cure per la malattia psichiatrica che gli avevano diagnosticato ed attenzioni ben diverse da quelle che un carcere gli stava riservando da mesi.

Il posto giusto per lui era, a detta del giudice, una R.E.M.S. che in Piemonte come in tutta Italia è merce rara, rarissima.

Nella situazione che ha portato Fabrizio a togliersi la vita si trovano attualmente oltre 800 malati psichiatrici, autori di reati non imputabili ma ritenuti socialmente pericolosi, detenuti in carcere in attesa di un posto in R.E.M.S.

E la lista d’attesa è destinata ad aumentare visto che in tutta Italia si contano appena circa 30 R.E.M.S. che per legge non possono accogliere più di 20 persone per un totale complessivo nazionale di soli 600 posti letto.

Oltre al numero così esiguo di R.E.M.S. c’è il problema che tali strutture per legge possono ospitare solo in base al criterio della territorialità, con la conseguenza che una persona residente in una regione non potrebbe occupare un posto divenuto libero in altra regione nemmeno se la sua anzianità in lista di attesa fosse maggiore rispetto ad un’altra.

 A complicare il sistema di accesso alle R.E.M.S. si aggiunge il fatto che la legge dà precedenza ai c.d. definitivi (persone non imputabili al momento del fatto e dichiarate socialmente pericolosi con sentenza definitiva) poi, in seconda battuta, ai c.d. sopravvenuti (per i quali l’infermità di mente è sopravvenuta in corso di esecuzione della pena) ed infine, ai c.d. provvisori (coloro i quali sono stati dichiarati non imputabili ancora in attesa di giudizio).

Tutti coloro che non trovano posto in una R.E.M.S., in cui l’esigenza di cura dovrebbe tendenzialmente conciliarsi con quella di sicurezza pubblica, subiscono una vera e propria detenzione illegale in strutture carcerarie che, evidentemente, soddisfano solo ed esclusivamente l’esigenza di sicurezza.

Una detenzione che lo stato italiano perpetra contro la sua stessa legge, ledendo i diritti tutelati dalla sua stessa Costituzione, in modo difforme da un provvedimento dell’AG ed in violazione dei principi sanciti dalla CEDU e in particolare dell’art. 3 che vieta i trattamenti inumani e degradanti.

Affinché non ci siano più persone che muoiano disperate come Fabrizio, è necessario che la speranza venga riaccesa in tutti coloro che si vedono privati del prezioso bene della libertà.

Per evitare che persone malate finiscano in ambienti incompatibili con la loro salute sarebbe auspicabile che contemporaneamente venissero percorse due strade.

La prima è quella di limitare ad una extrema ratio il collocamento presso una R.E.M.S. adottando misure di sicurezza meno gravose, quali la libertà vigilata con il rafforzamento dei DSM e delle comunità e utilizzando meglio le risorse del SSN.

La seconda è quella di aumentare il numero di R.E.M.S. eliminando il criterio della territorialità e delle priorità basate su aspetti processuali piuttosto che sulle esigenze di cura della persona.

Non ci resta che sperare ma anche da cittadini esigere che non ci sia più un Fabrizio che muore in un luogo inadatto a prendersi cura di lui e che ognuno nel proprio ruolo non resti sordo a quella richiesta di aiuto che da persone come Fabrizio arriva ogni giorno.