Persona offesa e restituzione nel termine per la costituzione di parte civile (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza 11835 depositata il 21 marzo 2024 ha ricordato che la persona offesa del reato può essere restituita nel termine per la costituzione di parte civile che non abbia potuto rispettare per caso fortuito o forza maggiore, in quanto, in armonia con le accresciute garanzie di partecipazione al processo penale alla stessa riconosciute dalla giurisprudenza costituzionale e convenzionale, deve ritenersi che l’art. 175 cod. proc. pen. non faccia esclusivo riferimento alle parti in senso tecnico, trattandosi, peraltro, di norma applicabile anche nella fase delle indagini preliminari, nella quale non vi sono ancora parti, ma solo soggetti del procedimento.

La Suprema Corte in merito alla dedotta inapplicabilità del rimedio della restituzione nel termine alla persona offesa osserva che il profilo di doglianza è infondato e richiama il precedente della cassazione Sez. 6, n. 25287 del 30/03/2023, Rv. 284791-01.

Va, innanzitutto, considerato che sulla questione posta dal ricorrente sono emersi nella giurisprudenza della cassazione due difformi indirizzi ermeneutici.

Secondo un primo orientamento, la persona offesa, non essendo “parte del processo“, non può chiedere ed ottenere, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., di essere restituita nel termine per la costituzione di parte civile (Sez. 2, n. 20764 del 12/03/2019, Rv. 276055 Sez. 5, n. 10111 del 25/11/2014, dep. 2015, Rv. 262747).

Tale conclusione si fonda su un’interpretazione letterale e logica della norma la cui applicabilità, facendo riferimento alle “parti” del processo (imputato, pubblico ministero e parte civile) e ai termini processuali stabiliti loro favore, non può estendersi anche dalla persona offesa dal reato, che parte non è.

Un secondo più recente indirizzo ermeneutico ritiene, invece, che anche la persona offesa, pur non essendo parte del processo, può chiedere la restituzione nel termine per la costituzione di parte civile (Sez. 5, n. 34794 del 22/06/2022, Rv. 283673; Sez. 5, n. 8543 del 15/01/2021, Rv. 280537; Sez. 3, n. 18844 del 05/02/2019, Rv. 275742 – 02) con la precisazione che, pur avendo la persona offesa tale possibilità, ella non può, tuttavia, in presenza di una valida notificazione della “vocatio in ius” ai sensi dell’art. 154 cod. proc. pen., far valere a tal fine la mancata conoscenza del processo (Sez. 5, n. 8543 del 15/1/2021, Rv. 280537).

A sostegno di tale difforme conclusione, si rileva, in primo luogo, che l’art. 175 cod. proc. pen. si applica anche nella fase delle indagini preliminari in cui ancora non sono ravvisabili delle “parti” processuali, ma solo «soggetti del procedimento».

Si osserva, inoltre, che il termine “parti” non è sempre impiegato dal codice di rito nel senso specifico di “parti del processo”.

A sostegno di tali premesse ermeneutiche si richiamano le argomentazioni esposte dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 559 del 1990 nell’escludere la fondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 401 cod. proc. pen. sollevata in relazione alla ritenuta preclusione per la persona offesa di nominare un consulente tecnico che partecipi alla perizia disposta con incidente probatorio.

In tale sentenza la Consulta ha, innanzitutto, rilevato che la nuova disciplina processuale concernente la persona offesa si caratterizza, oltre che per un complessivo rafforzamento, rispetto al codice previgente, dei suo ruolo, per il rapporto di complementarietà tra le garanzie per essa apprestate nella fase delle indagini preliminari e quelle riconosciute alla parte civile nella fase successiva all’esercizio dell’azione penale.

Si afferma, infatti, che dal momento che la persona offesa può assumere, se danneggiata dal reato, il ruolo di parte civile, la sua partecipazione all’assunzione di prove nell’ambito della fase delle indagini preliminari va funzionalmente considerata come anticipazione di quanto ad essa spetterà una volta formalizzata la costituzione di parte civile.

Tale collegamento funzionale e sistematico, aggiunge ancora la Corte costituzionale, sta a base della regola di cui all’art. 178, lettera c), e si esprime, tra l’altro, nella previsione secondo cui la sentenza pronunciata sulla base di una prova assunta con incidente probatorio può essere fatta valere nei confronti del danneggiato nel successivo giudizio di danno, in quanto costui sia stato posto in grado di partecipare all’incidente probatorio su cui essa sia fondata (art. 404 cod. proc. peri.).

Si è, pertanto, reputata corretta l’adozione di un criterio interpretativo che faccia ricorso alla normativa in tema di parte civile ove la disciplina concernente la persona offesa non risulti compiutamente delineata.

Dai richiamati argomenti, l’orientamento in esame trae la conclusione per cui se i poteri della persona offesa sono funzionali alla tutela anticipata dei diritti riconosciuti alla parte civile, allora una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 175 cod. proc. pen, impone una interpretazione del termine “parti” in senso ampio, tale cioè da ricomprendere anche la persona offesa dal reato (cfr., in particolare, la sentenza n. 4583 del 2021).

E ciò a maggior ragione nell’ipotesi in cui la rimessione in termini sia finalizzata alla costituzione di parte civile, poiché in tal caso la diretta connessione tra esercizio del diritto e legittimazione della “futura” parte processuale è di immediata evidenza.

Si è, inoltre, aggiunto che tale soluzione appare maggiormente aderente non solo al volto costituzionale della vittima del reato nel vigente sistema processuale, ma anche al ruolo processuale sempre più centrale conferitole nel diritto interno, in corrispondenza delle istanze del legislatore europeo che, con la Direttiva 2012/20/0E, ha aperto nuovi spazi di partecipazione e tutela alla persona offesa nel processo penale, pur nella consapevolezza di determinanti, innegabili diversità di diritti e facoltà tra le parti processuali necessarie e la parte civile, che “chiede” di partecipare al processo (cosi, testualmente, Sez. 5, n. 34794 del 2022).

In conclusione, la Suprema Corte ha ribadito il secondo orientamento, oramai divenuto decisamente maggioritario al punto che il primo non si è sostanzialmente più manifestato negli ultimi anni.

La soluzione proposta appare, infatti, maggiormente rispondente ad una interpretazione costituzionalmente orientata delle garanzie processuali della persona offesa e coerente con le indicazioni ermeneutiche della Corte EDU nella sentenza Arnoldi c. Italia del 7 dicembre 2017 in cui si è sottolineato che la questione dell’applicabilità dell’articolo 6, par. 1, CEDU non può dipendere dal riconoscimento dello status formale di «parte» ad opera del diritto nazionale, rilevando che nel diritto italiano la posizione della parte lesa che, in attesa di potersi costituire parte civile, ha esercitato almeno uno di tali diritti e facoltà nel procedimento penale, non differisce, in sostanza, per quanto riguarda l’applicabilità dell’articolo 6, da quella della parte civile.

Va, pertanto, ribadito il seguente principio di diritto: “la persona offesa, pur non essendo “parte” nel processo in senso tecnico, può chiedere ed ottenere, ai sensi dell’art. 175 cod. proc. pen., di essere. restituita nel termine per la costituzione di parte civile“.