La materna sollecitudine della Cassazione per il benessere degli imputati e dei loro difensori (di Riccardo Radi)

Papa Luciani sorprese tutti quando poco dopo la sua elezione affermò che Dio è papà, più ancora è madre.

Quell’immagine è oggi attualizzata dalla nostra Suprema Corte che ha riversato tutto l’amore di cui è capace in una decisione, precisamente Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 44630/2023, udienza del 10 ottobre 2023.

Un amore universale che abbraccia la parte-difesa nella sua totalità.

La questione che ha prodotto quest’esplosione sentimentale nasceva dai tormentati commi 1-ter e 1-quater dell’art. 581 cod. proc. pen.

Il difensore aveva azzardato una possibile loro illegittimità costituzionale e da qui è iniziata l’opera di evangelizzazione dei giudici di legittimità.

Per l’imputato, anzitutto.

In questi precisi e indimenticabili termini: “L’asserito contrasto con i principi costituzionali poggia su un’indimostrata restrizione della facoltà d’impugnazione che deriverebbe dal chiedere all’imputato, assente per sua scelta al processo che lo ha riguardato di cui pure era stato posto a conoscenza, di indicare un domicilio che renda più agevole il processo di notificazione dell’atto d’impugnazione e, soprattutto, di rinnovare la propria volontà di proseguire in un ulteriore grado di giudizio, con possibili conseguenze negative per lui, quanto meno sotto il profilo della possibile condanna ad ulteriori spese […] Lo scopo manifesto della novella legislativa, come ricorda lo stesso ricorrente, è quello di selezionare in entrata le impugnazioni, caducando quelle che non siano espressione di una scelta ponderata e rinnovata, in limine impugnationis, ad opera della parte […] Le norme tacciate d’incostituzionalità non prevedono affatto un restringimento della facoltà di impugnazione, bensì perseguono il legittimo scopo di far sì che le impugnazioni vengano celebrate solo quando si abbia effettiva contezza della conoscenza della sentenza emessa da parte dell’imputato, per evitare la pendenza di regiudicande nei confronti di imputati non consapevoli del processo, oltre che far sì che l’impugnazione sia espressione del personale interesse dell’imputato medesimo e non si traduca invece in una sorta di automatismo difensivo“.

Chi si difende è messo dunque in guardia, nel suo esclusivo interesse: che stia attento, non faccia mosse false, non sopravvaluti le proprie chances, badi bene alle possibili conseguenze per le sue tasche. Come diceva la canzone: “E se questo non è amore, dimmi tu cos’è“.

Non finisce qui, le belle parole ci sono anche per i difensori che potrebbero essersi ingrugniti un po’ per quell’accenno all”automatismo difensivo”: “In ogni caso, il difensore, qualora abbia motivo di ritenere che non riuscirà a farsi rilasciare il mandato specifico in tempo utile, potrà suggerire all’imputato, anche prima dell’emissione della sentenza, di nominare un procuratore speciale, come previsto dall’art. 571, co. 1, che abbia il potere di proporre l’impugnazione“.

Una pacca affettuosa sulle loro spalle e una dritta preziosa: neanche i difensori se ne vanno a mani vuote, anche i loro cuori sono stati riscaldati dal sole della Suprema Corte.