La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 6586/2024 ha stabilito che “il delitto di riciclaggio, introdotto dall’art. 3 d.l. n. 59 del 1978, convertito – in parte qua senza modifiche – nella Legge n. 191 del 1978, che lo aveva inizialmente configurato come delitto a consumazione anticipata, come tale incompatibile con il tentativo, non ha, nella sua formulazione attualmente vigente, introdotta dall’art. 23 I. n. 55 del 1990 (e non mutata dagli interventi novellatori sopravvenuti), natura giuridica di delitto a consumazione anticipata, ed è, pertanto, pienamente compatibile con il tentativo“.
Sulla configurabilità del tentativo di riciclaggio: la Suprema Corte ha ritenuto non condivisibile l’orientamento – fondato, in realtà, su un’unica sentenza del 2014 – teso a negare la configurabilità del riciclaggio nella forma tentata.
Nel ricorso si è censurata la qualificazione giuridica del fatto (riciclaggio consumato) e si è evocata la ricorrenza della fattispecie tentata.
La cassazione premette che il motivo dedotto rende necessario un particolare approfondimento in relazione al momento di consumazione del reato di riciclaggio.
La problematica relativa al predetto tema nasce per effetto del testo dell’art. 648-bis cod. pen. che, nel descrivere le azioni che consentono di ritenere integrato il predetto reato, dopo aver indicato le condotte di sostituzione o trasferimento di denaro, beni od altre utilità provenienti da delitto non colposo, recita: “ovvero compie in relazione ad essi altre operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa“.
Proprio in relazione a quest’ultimo tipo di condotta è sorto il problema di comprendere se sia possibile configurare il tentativo, con la conseguente individuazione, in caso di risposta affermativa, di quali atti idonei diretti in modo non equivoco ad ostacolare la predetta identificazione siano a tal fine necessari.
Una premessa di carattere “storico-sistematico” si rende doverosa.
Il reato di riciclaggio è stato introdotto nel nostro ordinamento dal d.l. 21 marzo 1978, n. 59 conv. nella I. 18 maggio 1978 n. 191, che inserisce nel codice penale l’art. 648-bis cod. pen. con la rubrica “Sostituzione di denaro o di valori provenienti da rapina aggravata o sequestro di persona a scopo di estorsione“.
Si trattava, come osservato dalla dottrina, di una tipica figura di reato a consumazione anticipata, con il quale venivano puniti gli atti diretti a sostituire denaro proveniente da quegli unici tre delitti individuati dal legislatore, non essendo necessario, ai fini della consumazione del reato, l’avvenuta effettiva sostituzione del denaro (cfr., Sez. 2, n. 13155 del 15/04/1986, Rv. 174381; Sez. 2, n. 2851 del 05/12/1991, dep. 1992, Rv. 189493); in tale configurazione della fattispecie delittuosa, non era evidentemente possibile il tentativo.
La figura di reato veniva successivamente riscritta con l’art. 23 della L. 19 marzo 1990, n. 55, da un lato, richiedendosi, ai fini della consumazione del reato, l’effettiva sostituzione del denaro, beni o altre utilità provenienti da un più ampio catalogo di delitti pur sempre predeterminato ex lege, non bastando il semplice compimento di atti diretti a sostituirlo e, da un altro lato, inserendo tra le condotte sanzionate, anche quella di ostacolo all’identificazione della provenienza delittuosa del bene.
Pertanto, in adempimento agli obblighi derivanti per lo Stato italiano dall’adesione alla Convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato approvata nell’ambito del Consiglio d’Europa in data 8 novembre 1990, si perveniva alla formulazione della norma attualmente vigente.
Essa risulta caratterizzata, in primo luogo, dal novero dei reati presupposto del riciclaggio di tutti i delitti non colposi ed in secondo luogo dal significativo ampliamento delle condotte “di ripulitura” concretamente sanzionabili, fino ad includervi tutte le operazioni volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni o delle altre utilità oggetto del reato.
Una completa ricostruzione della normativa che ha introdotto il delitto di riciclaggio e delle successive modifiche che ne hanno comportato la trasformazione da fattispecie a consumazione anticipata in reato rispetto al quale potrebbe essere configurabile il tentativo si rinviene in Sez. U, n. 25191 del 27/02/2014, Iavarazzo (in motivazione al par. 2, pagg. 10 e seguenti).
Peraltro, già in epoca precedente all’intervento delle Sezioni Unite “Iavarazzo”, la cassazione aveva riconosciuto che “il nuovo testo dell’art. 648-bis cod. pen., introdotto dall’art. 23 legge n. 55 del 1990, ha ridisegnato la fattispecie abbandonando la configurazione – tipica di reato a consumazione anticipata – della materialità del reato come fatti o atti diretti alla sostituzione di denaro o altre utilità provenienti da particolari, gravi delitti. L’attuale fattispecie, infatti, si articola in due ipotesi fattuali: la prima consiste nella sostituzione del denaro o delle altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda opera come formula di chiusura, incriminando qualsiasi condotta – distinta dalla sostituzione – che sia tale da frapporre ostacoli all’identificazione del denaro, dei valori o altro di provenienza illecita specifica (Sez. 1, n. 7558 del 29/03/1993, Cutrì, Rv. 194767)”: e, in entrambe le ipotesi, è certamente configurabile il tentativo.
In conformità con la sentenza “Cutrì” si pone Sez. 5, n. 17694 del 14/01/2010, Errico, Rv. 247220 che ha ritenuto configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto, nella vigente formulazione della fattispecie, il delitto di riciclaggio non può più considerarsi come delitto a consumazione anticipata: definizione che poteva valere solo in presenza dell’originaria formulazione dell’art. 648-bis cod. pen., inserito dall’art. 3, d.l. 21 marzo 1978, n. 69, convertito dalla legge 18 maggio 1978, n. 191, per la quale, sulla base della lettera della norma, la sanzione penale aveva ad oggetto gli atti diretti a sostituire denaro o valori provenienti dai delitti individuati dal legislatore.
La successiva modifica della norma apportata dall’art. 23 legge 19 marzo 1990, n. 55, che ha reso necessaria, per la consumazione del reato, l’effettiva sostituzione del denaro, dei beni o di altre utilità, ha reso «evidente … che non si tratta più di una fattispecie a consumazione anticipata».
Sulla stessa lunghezza d’onda, si pongono sia Sez. 2, n. 1960 del 11/12/2014, dep. 2015, Pileri, Rv. 262506, sia Sez. 2, n. 55416 del 30/10/2018, Caruso Sossio, Rv. 274254, riferita – quest’ultima – alla condotta consistente nello smontaggio, da un veicolo rubato, di singole componenti in modo che, installate su altri veicoli, se ne possa perdere la traccia ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa e facendo venire meno l’originaria identità del mezzo. In detta ultima pronuncia, la Suprema Corte ha precisato che, in ragione della formulazione della norma incriminatrice risultante dalle modifiche normative sopra citate, il delitto è integrato dalla condotta di chi compie operazioni volte ad «ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa», il che non esclude che possano esservi azioni inquadrabili quali «atti idonei diretti in modo non equivoco» ad ostacolare l’individuazione della provenienza del bene «quale può ritenersi, ad esempio, il momento in cui si sta procedendo a smontare le targhe di un mezzo rubato per montare sul medesimo altre targhe lecitamente detenute».
In particolare, nella sentenza “Caruso Sossio” viene affermato che il tentativo – ivi riconosciuto, per essere stato il ricorrente sorpreso dagli operanti a smontare la parte centrale di un motociclo (ed i coimputati nell’atto di iniziare a smontare il motore e le scocche di plastica), nell’ambito di un’intrapresa azione di oggettiva cannibalizzazione del mezzo in fase di evoluzione — si configura laddove si stia procedendo alla «atomizzazione (ndr., non ancora completata) di un veicolo rubato nelle sue singole componenti meccaniche elementari di modo che, una volta installate su altri veicoli, di esse se ne perda la traccia, così ostacolando l’identificazione della provenienza delittuosa e facendo perdere la sua originaria identità».
Nella medesima prospettiva favorevole alla configurabilità del tentativo, si registrano, Sez. 1, n. 22437 del 22/02/2022, Ljatifi, Rv. 283183; Sez. 2, n. 25128 del 07/03/2023, Ferri, non mass.; Sez. 2, n. 38184 del 09/06/2022, Mihai, non mass.; Sez. 2, n. 46285 del 13/10/2022, Colletta, non mass. In particolare, la sentenza “Ljatifi” risulta così massimata: «È configurabile il tentativo di riciclaggio, in quanto la fattispecie di cui all’art. 648-bis cod. pen., nella vigente formulazione, non è costruita come delitto a consumazione anticipata (Fattispecie in cui la Suprema Corte ha ritenuto integrato il tentativo di riciclaggio di valuta estera per essere stati individuati i soggetti da coinvolgere, il conto corrente bancario da utilizzare e le somme da reimpiegare, nonché predisposti i contratti da stipulare)».
La sentenza, pronunciando sullo specifico motivo di ricorso avente ad oggetto l’idoneità degli atti compiuti al fine di integrare la fattispecie del tentativo di riciclaggio, a sostegno di quanto deciso, ha evidenziato come, a seguito delle modifiche introdotte con I. 55/1990, la disposizione incriminatrice contempli due ipotesi rispetto alle quali è configurabile il tentativo.
La prima si sostanzia nella sostituzione del denaro o altre utilità provenienti da specifici delitti; la seconda riguarda qualsiasi condotta, diversa dalla sostituzione, in grado di ostacolare l’identificazione di denaro, valori o altro che sia di provenienza illecita.
Nella fattispecie, una prima condotta ha riguardato il tentativo di riciclaggio di banconote provento di furti ai bancomat e, a tale proposito, la Suprema Corte, pur ritenendo astrattamente configurabile il reato ipotizzato, ha annullato senza rinvio la sentenza di condanna per essere rimasto lo sviluppo dell’azione a livello meramente prodromico e preparatorio.
Quanto alla condotta di tentato riciclaggio di valuta estera, ha, invece, ritenuto idonea la valorizzazione operata dai giudici di merito, dell’identificazione delle somme da riciclare, dei soggetti da coinvolgere, del conto corrente bancario da utilizzare e l’approntamento dei contratti da stipulare.
Si tratta di condotte che, secondo quanto esposto in sentenza, hanno determinato il raggiungimento di un grado di sviluppo dell’azione tale da integrare la fattispecie del tentativo, anche in ragione della loro idoneità a concretizzare l’offesa.
In senso contrario a quanto sin qui illustrato si pone l’orientamento secondo cui, essendo il riciclaggio un delitto a consumazione anticipata, non è configurabile il tentativo, conseguendone (nell’ipotesi che ricorre frequentemente nella casistica giurisprudenziale) che risponde di riciclaggio e non di tentativo di riciclaggio, il soggetto trovato intento a smontare pezzi di veicolo oggetto di furto.
A supporto della tesi, si sostiene che il semplice compimento di atti volti ad ostacolare l’identificazione delittuosa di denaro, beni o altre utilità comporta la consumazione del reato.
Proprio con riferimento alla fattispecie dell’azione consistente nello smontaggio di un veicolo oggetto di furto si è pronunciata Sez. 2, n. 5505 del 22/10/2013, dep. 2014, Lumicisi, Rv. 258340 dalla quale è stata ricavata la massima secondo cui «risponde del delitto consumato e non tentato di riciclaggio il soggetto sorpreso dalla polizia giudiziaria nell’atto di smontare un’autovettura rubata, in quanto l’art. 648-bis cod. pen. configura un’ipotesi di reato a consumazione anticipata».
L’impossibilità di qualificare la condotta consistente nell’atomizzazione del veicolo oggetto di furto in termini di delitto consumato e non tentato è stata ricavata dalla circostanza che il reato in questione è «a consumazione anticipata che si consuma per il solo fatto del compimento di attività di riciclaggio, senza che sia necessario l’attuarsi di un evento; infatti l’espressione “… operazioni in modo da ostacolare l’identificazione della loro provenienza delittuosa…” non indica un evento eziologicamente connesso alla condotta, ma descrive la caratteristica dell’atto punibile».
In formale adesione ai principi della sentenza “Lumicisi” si pone Sez. 2, n. 44853 del 25/09/2019, Cutina, non mass. (in fattispecie ove il ricorrente, all’atto dell’intervento della polizia giudiziaria, aveva già manomesso varie parti del veicolo rubato e le relative targhe nonché aveva provveduto all’alterazione dei numeri di telaio: condotte che si ritenevano integrare la fattispecie consumata, essendo già intervenuta una separazione fisica tra il veicolo inteso nella sua completezza funzionale ed alcuni pezzi dello stesso idonei ad identificarne la provenienza) che, tuttavia, ha cura di precisare come gli stessi principi debbano necessariamente essere valutati in collegamento con i fatti concreti di volta in volta sottoposti a giudizio e che, conseguentemente, non si possa escludere la configurabilità di ipotesi solo tentate (in termini pressoché identici, ancora una volta solo “teoricamente” adesivi ai principi della sentenza “Lumicisi”, essendosi peraltro evidenziata la necessità di qualificare caso per caso la singola fattispecie, si pone Sez. 2, n. 35439 del 15/06/2021, Cambino, Rv. 281963).
La massima di Sez. 2, n. 11277 del 04/03/2022, Gadaleta, Rv. 282820, secondo cui «il delitto di riciclaggio, in quanto fattispecie a consumazione anticipata, si perfeziona con il mero compimento di attività volte ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa del denaro, dei beni e altre utilità, sicché risponde del delitto consumato il soggetto sorpreso ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un’autovettura cui risultino già asportate le targhe identificative e il blocco motore» tradisce in qualche modo il contenuto della decisione la quale, in realtà, senza prendere una specifica posizione se il reato . de quo possa ancora o meno essere considerato a consumazione anticipata (e, quindi, senza escludere l’astratta configurabilità del tentativo), dopo una sintetica ricostruzione del panorama giurisprudenziale, ha ritenuto che nella fattispecie dedotta doveva necessariamente ritenersi l’avvenuta consumazione del delitto di cui all’art. 648-bis cod. pen., essendo stati i due imputati sorpresi ad effettuare operazioni di smontaggio dei pezzi di un’autovettura che risultava già mancante delle targhe identificative e con il blocco motore totalmente smontato; così che per individuarne l’origine, poi risultata illecita perché oggetto di precedente furto, furono necessarie ulteriori indagini tese appunto ad individuare il numero di telaio cui era accoppiato il blocco motore nonché il numero originario delle targhe.
Nella medesima prospettiva si pone Sez. 2, n. 37559 del 30/05/2019, Garsallah, Rv. 277080 che, dopo aver ribadito la natura del delitto di riciclaggio come reato a consumazione anticipata, e aver evidenziato le specificità della fattispecie, ha ritenuto la consumazione del reato da parte del soggetto che, fermato al momento dell’imbarco di un furgone per l’estero e trovato in possesso di più ciclomotori provento di furto occultati nel bagagliaio, aveva esibito alla polizia documenti relativi ad altri e diversi ciclomotori, non ritenendo rilevante il mancato conseguimento dell’obiettivo di occultare del tutto i beni provento di delitto: pronuncia che, in ogni caso, non ha escluso la configurabilità di ipotesi solo tentate, in ossequio ai precetti della richiamata sentenza “Caruso Sossio”.
Ferma la ricognizione giurisprudenziale che precede, ritiene la cassazione come – il non condivisibile – orientamento teso a negare in ogni caso la configurabilità, anche alla luce dell’attuale normativa, del tentativo di riciclaggio, si fondi, in realtà, su un’unica sentenza (Sez. 2, n. 5505/2014, cit.) che, in termini solo assertivi, trae le proprie conclusioni dall’errato convincimento della presenza di un reato (ancora oggi) a consumazione prolungata: detto orientamento, ampiamente smentito dalle numerose sentenze sopra indicate, viene tralaticiamente ribadito – senza peraltro alcun ulteriore approfondimento o analisi degli argomenti a base dell’opposto orientamento – da sole altre due recenti pronunce (Sez. 7, n. 23887 del 02/05/2023, Vailatti, non mass.; Sez. 2, n. 3517 del 01/12/2022, dep. 2023, Meli, non mass.).
Fermo quanto precede, detto contrasto giurisprudenziale – per la verità più fittizio che reale – deve ritenersi superato e, comunque, privo di attualità.
Tenuto conto delle considerazioni che precedono, va affermato il seguente principio di diritto: “Il delitto di riciclaggio, introdotto dall’art. 3 d.l. n. 59 del 1978, convertito – in parte qua senza modifiche – nella I. n. 191 del 1978, che lo aveva inizialmente configurato come delitto a consumazione anticipata, come tale incompatibile con il tentativo, non ha, nella sua formulazione attualmente vigente, introdotta dall’art. 23 Legge n. 55 del 1990 (e non mutata dagli interventi novellatori sopravvenuti), natura giuridica di delitto a consumazione anticipata, ed è, pertanto, pienamente compatibile con il tentativo”.
