Garanzie difensive e intercettazioni (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 2559/2024, udienza del 25 ottobre 2023, ha ricordato che le garanzie difensive di cui all’art. 103 cod. proc. pen., in quanto finalizzate a prevenire il pericolo di abusive intrusioni nella sfera difensiva e a tutelare il segreto professionale e l’esercizio del diritto di difesa, non sono limitate al difensore dell’indagato o dell’imputato nel procedimento in cui sorge la necessità dell’attività di ispezione, di ricerca o di sequestro, ma devono essere osservate in tutti i casi in cui tali atti sono eseguiti nell’ufficio di un professionista, iscritto all’albo degli avvocati, che abbia assunto la difesa di assistiti, anche fuori del procedimento in cui l’attività di ricerca della prova è compiuta (Sez. 2, n. 44892 del 25/10/2022, Rv. 283822), venendo in rilievo, appunto, l’inviolabilità del diritto di difesa, come diritto fondamentale della persona garantito dall’art. 24 Cost. (Sez. 6, n. 20295 del 12/03/2001, Rv. 218841).

Con particolare riguardo alle intercettazioni, premesso che il divieto di cui all’art. 103, comma 5, cod. proc. pen. riguarda l’attività captativa in danno del difensore in quanto tale e ha dunque ad oggetto le sole conversazioni o comunicazioni – individuabili, ai fini della loro inutilizzabilità, a seguito di una verifica postuma – inerenti all’esercizio delle funzioni del suo ufficio (Sez. 4, n. 55253 del 05/10/2016, Rv. 268618; Sez. 5, n. 42854 del 25/09/2014, Rv. 261081), la sua operatività non postula che lo svolgimento dell’attività difensiva risulti da uno specifico e formale mandato, conferito con le modalità di cui all’art. 96 cod. proc. pen., potendo desumersi l’esistenza di un mandato fiduciario anche dalla natura stessa delle conversazioni (Sez. 2, n. 32905 del 30/10/2020, Rv. 280233; Sez. 6, n. 10664 del 16/12/2002, Rv. 223965).

Più in generale, le garanzie previste dalla disposizione a tutela del diritto di difesa non sono limitate alla ipotesi in cui il mezzo di ricerca della prova sia disposto nell’ambito dello stesso procedimento in cui si svolge l’attività difensiva, dovendo, viceversa, ritenersi estese agli altri eventuali procedimenti – anche non penali – in cui il difensore sia impegnato nell’interesse dell’assistito (Sez. 5, n. 8963 del 17/04/2001, 2002, Rv. 221900).

Applicati tali principi al caso in esame, deve essere dunque ritenuta erronea l’esclusione dell’operatività del divieto sancito dall’art. 103, comma 5, cod. proc. pen. che la sentenza impugnata ha giustificato in base al mero rilievo che «dal contenuto delle conversazioni non emerge che ci si stesse riferendo ad un procedimento penale, ma, semmai, alla pratica della voluntary disclosure», trattandosi, appunto, di conversazioni afferenti allo svolgimento di una funzione difensiva, espletata nell’ambito di una vertenza tributaria, tutelata dalla richiamata garanzia.