L’ultima mortificazione per Beniamino Zuncheddu: “assolto ai sensi dell’articolo 530 comma 2 c.p.p.” (di Riccardo Radi)

La lettura della sentenza mi ha lasciato di stucco: il richiamo al 530 capoverso del codice di procedura penale si è tradotto nell’ennesima mortificazione dell’innocenza di Beniamino Zuncheddu.

La Corte di appello di Roma ha revocato la sentenza di condanna ed ha assolto Zuncheddu per non aver commesso il fatto ma ha richiamato il fatidico capoverso statuendo che l’assoluzione è stata pronunciata ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., “il giudice pronuncia sentenza di assoluzione anche quando manca, è insufficiente o è contraddittoria la prova che il fatto sussiste, che l’imputato lo ha commesso“, dunque assoluzione fondato sul dubbio probatorio.

Tutto questo si dovrà tradurre in una motivazione che sarà molto istruttivo leggere per vedere dove può arrivare il volto truce della giustizia.

L’uscita dalla camera di consiglio dei tre giudicanti e l’atteggiamento tenuto dopo la lettura del dispositivo hanno lasciato trasparire un certo imbarazzo in uno dei tre ma di questo non parliamo e non vogliamo ora disquisire della comunicazione non verbale.

Non possiamo non rilevare che la gioia e la commozione per la ritrovata libertà di Beniamino Zuncheddu si accompagnano alla incredulità e mestizia per una decisione che, pur riconoscendo l’idoneità delle prove raccolte nel giudizio di revisione a contrastare efficacemente l’ipotesi d’accusa, lascia comunque residuare incertezze.

Bisognerà attendere la motivazione per saperne di più ma il clamoroso impatto in senso innocentistico dell’istruttoria svolta dinanzi alla Corte d’appello di Roma mi induce a ritenere che nessun canone valutativo, fosse anche il più rigoroso, potrà appannarlo.