Immutabilità del giudice: è ipotizzabile la violazione nel caso di ordinanza del precedente collegio di rigetto della richiesta di dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione?   (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 51436/2023 ha stabilito che l’ordinanza di rigetto della richiesta di pronuncia di una sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. non preclude al giudice di rideterminarsi sulla questione allorché emette sentenza sulla regiudicanda, e che, quindi, la decisione su tale questione può essere legittimamente rinnovata, senza vincoli di sorta, anche in caso di mutamento della persona fisica del giudice.

Fatto

La difesa denuncia la violazione di legge, in riferimento agli artt. 525 e 179 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., avendo riguardo alla pronuncia della sentenza di appello da parte di un collegio diverso da quello che aveva iniziato il giudizio.

In particolare la violazione del principio di immutabilità del giudice, deducendo che la sentenza impugnata è stata emessa da un collegio della Corte d’appello composto diversamente rispetto a quello che aveva pronunciato ordinanza nella quale era stata esclusa l’estinzione del reato per prescrizione, ed aveva poi rinviato il processo davanti ad altro collegio, il quale si era pronunciato anche sulla richiesta di declaratoria di estinzione del reato per prescrizione.

Decisione

Il principio di immutabilità del giudice, fissato dall’art. 525, comma 2, cod. proc. pen., sicuramente applicabile in appello (cfr., tra le tantissime, Sez. 6, n. 17982 del 21/11/2017, dep. 2018, Rv. 273006-01), anche in forza del richiamo di cui all’art. 598 cod. proc. pen., impone che alla deliberazione della sentenza concorrano, a pena di nullità assoluta, gli stessi giudici che hanno partecipato al dibattimento.

Detto principio, secondo l’interpretazione costante della giurisprudenza, si applica essenzialmente nelle ipotesi in cui vi sia stata l’emissione di una deliberazione in esito ad un dibattimento caratterizzato dallo svolgimento di attività istruttoria (cfr., per tutte, Sez. 4, n. 5273 del 21/09/2016, dep. 2017, Rv. 270383-01, la quale, in motivazione, al § 11, icasticamente precisa: «In sintesi, il principio di immutabilità del giudice ha riguardo alla identità fisica del giudice che assume la prova e decide»).

Tuttavia, lo stesso principio, più in generale, si riferisce anche ai dibattimenti nei quali non sia svolta attività istruttoria, ed impone l’identità del Collegio con riguardo al compimento di tutte le attività proprie del dibattimento.

In particolare, ad esempio, costante è l’affermazione per cui il principio di immutabilità del giudice, sancito dall’art.525, comma 2, cod. proc. pen., si applica anche nel caso in cui l’attività dibattimentale consista nella sola discussione, senza che vi sia l’acquisizione di prove (così, proprio in relazione a dibattimenti in grado di appello, Sez. 6, n. 17982 del 2018, cit., e Sez. 5, n. 45649 del 25/09/2012, Rv. 254004-01).

In coerenza con questo indirizzo ermeneutico, sono stati individuati anche i limiti di applicazione del principio di cui all’art. 525, comma 2, cod. proc. pen.

In particolare, con riguardo ai giudizi di secondo grado, si è ritenuto, per un verso, che non viola il principio di immutabilità del giudice, e quindi non è causa di nullità, il mutamento del giudice di appello immediatamente dopo la verifica della regolare costituzione delle parti e la deliberazione dell’esclusione della già costituita parte civile (cfr., in particolare, Sez. 2, n. 11997 del 24/02/2010, Rv. 247273-01).

E, sotto altro profilo, che non sussiste alcuna violazione del principio di immutabilità del giudice qualora, in grado d’appello, la sentenza venga deliberata da un giudice diverso da quello che, dopo l’accertamento della regolare costituzione delle parti, si sia limitato a respingere l’istanza di rinnovazione dell’istruttoria (così Sez. 2, n. 26135 del 25/03/2011, Rv. 250550-01).

Di conseguenza, dal principio di immutabilità del giudice discende che un collegio composto diversamente da quello che aveva iniziato la trattazione della regiudicanda può legittimamente emettere sentenza e definire il processo se (e solo se) tutte le attività “proprie” del dibattimento siano compiute davanti ad esso.

Perché sia configurabile la violazione del principio di immutabilità del giudice, nel caso di ordinanza del precedente collegio di rigetto della richiesta di dichiarazione di estinzione del reato per cui si procede per prescrizione, quindi, quando non vi sia stata precedente attività istruttoria, occorre verificare, in particolare, se tale decisione costituisca un atto “proprio” del dibattimento e comunque non rinnovabile da parte di un nuovo collegio.

Va rilevato, innanzitutto, che, a norma dell’art. 129 cod. proc. pen., «[i]n ogni stato e grado del processo, il giudice, il quale riconosce […] che il reato è estinto […], lo dichiara di ufficio con sentenza», e che la disposizione appena citata, secondo la giurisprudenza delle Sezioni Unite, deve ritenersi «espressiva di un obbligo per il giudice di pronunciare con immediatezza, nel momento di sua formazione ed indipendentemente da quello che sia “lo stato e il grado del processo” (clausola, questa, significativamente menzionata dalla norma), sentenza di proscioglimento» (così Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, in motivazione, Considerato in Diritto, § 7.2).

Ora, se la dichiarazione di estinzione del reato può avvenire «in ogni stato e grado del processo», è ragionevole ritenere che la relativa richiesta possa essere formulata anche in via preliminare dalle parti e, quindi, che un eventuale rigetto di essa non costituisca necessariamente una pronuncia da riservare al momento della decisione finale sulla regiudicanda.

Va poi osservato che il provvedimento con il quale il giudice rigetta la richiesta di immediata declaratoria di estinzione del reato è correttamente adottato con ordinanza, perché costituisce decisione su una questione pregiudiziale che non definisce il giudizio (cfr., in particolare, per la soluzione secondo cui il provvedimento di rigetto della richiesta di immediata declaratoria di estinzione del reato è fisiologicamente adottato con ordinanza, Sez. 1, n. 29562 del 29/05/2018, Rv. 273347-01, ma anche Sez. 1, n. 1710 del 23/04/1993, Rv. 195645-01).

E le ordinanze, secondo un principio generale del sistema, sono di regola revocabili, salvo diversa disposizione contraria, o salvo che abbiano il carattere della definitività.

Ciò posto, non vi è nessuna disposizione che attribuisce carattere di definitività alle ordinanze di rigetto della richiesta di immediata declaratoria di estinzione del reato, né tale conclusione può essere desunta dal sistema, anche perché, altrimenti, le stesse assumerebbero la natura di “sentenze parziali”, per di più non immediatamente impugnabili, così configurando una tipologia di decisione del tutto estranea alle regole del processo penale.

Appare ragionevole concludere, allora, che l’ordinanza di rigetto della richiesta di pronuncia di una sentenza di proscioglimento a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. non preclude al giudice di rideterminarsi sulla questione allorché emette sentenza sulla regiudicanda, e che, quindi, la decisione su tale questione può essere legittimamente rinnovata, senza vincoli di sorta, anche in caso di mutamento della persona fisica del giudice.

Nella specie, sulla base di quanto appena rilevato, il principio dell’immutabilità del giudice non risulta violato dalla Corte d’appello.

Invero, la sentenza impugnata:

a) è stata pronunciata solo dopo una nuova e completa discussione delle parti, nella quale entrambe hanno riproposto la richiesta di valutare se il reato in contestazione fosse da dichiarare estinto per prescrizione;

b) ha motivatamente escluso che si sia verificata la prescrizione, sia indicando il termine dal quale deve ritenersi iniziata la decorrenza del relativo termine, sia indicando i periodi di sospensione rilevanti ai fini di tale giudizio.

Inoltre, nel corso del giudizio di appello davanti al precedente collegio non risultano compiute altre attività appartenenti alla fase del dibattimento, in particolare attività istruttoria, né vi sono allegazioni in proposito nel ricorso.