Tutti noi per il nuovo anno immaginiamo dei buoni propositi e per il 2024 c’è un avvocato che auspica di non morire incensurato.
Utilizzando la pena sospesa per …. e intanto imparando da Luciano Revel.
Vediamo cosa e come.
Troppo facile.
Concludere la vita in modo illibato senza nemmeno una condanna nel certificato penale è roba da libro Cuore, da piccolo Travet, da borghese anonimo.
Gettar poi al vento il beneficio di una sospensione condizionale della pena è un peccato di prodigalità imperdonabile.
Ma come? Lo Stato ti consente di commettere un reato senza che tu abbia a soffrire nemmeno un giorno di carcere e tu non utilizzi un beneficio così grande?
Lo Stato, che tutto ti toglie, nulla ti offre, tanto promette, niente mantiene, una volta tanto ti dice “E via! Fallo … fallo che non ti tocco” e tu ti tiri indietro per morire con il certificato penale integro?
Sai quanto gliene fotte agli addetti alle porte dell’aldilà se sei incensurato!
Intendiamoci bene sto parlando solamente di reati che non ledono nessuno, sotto il profilo dell’integrità fisica, morale, economica.
Parlo – e questo è il punto – dei reati di oltraggio a pubblici ufficiali, magistrati, corpi politici, amministrativi, giudiziari.
Quindi, ricominciamo daccapo: prima di lasciare questo mondo ed affrontare chissà quali improbabili avventure o il probabile nulla, sarà bene usufruire di una sospensione condizionale della pena per uno o più reati dianzi menzionati.
Ma come fare?
Qui sta il difficile. La mia generazione è stata educata al culto delle istituzioni e dei personaggi.
Quando ebbi sei anni mi vestirono con certi calzoncini corti grigio verdi che pizzicavano spietatamente natiche e zone sottostanti.
Sopra mi fecero indossare una camicetta di color nero e in testa mi ficcarono un curioso cupolotto di feltro con un fiocco pendente.
Sul petto mi spillarono un medaglione con l’effigie di un signore severo con gli occhi minacciosi e torno la scritta “Se avanzo seguitemi”.
A quel tempo non capivo bene dove dovevo avanzare.
Quando molti anni dopo me lo spiegarono fui preso a schioppettate dall’uno e dall’altro contendente.
Eppure non dissi nulla all’indirizzo di quel severo con gli occhi minacciosi e nemmeno all’indirizzo di un altro suo amico e successivamente nemico, esile, basso, con baffi bianchi, che lo sbattè in una autoambulanza non perché fosse malato, ma per altri motivi che qui è inutile ricordare.
Poi fecero una brutta fine tutti e due ed io pensai: “Peccato li potevo mandare a fare in culo allora. Oggi non c’è gusto”.
Da quel giorno ho cominciato seriamente a pensare all’oltraggio nei confronti di tutti quei personaggi ai quali dovevo reverenza, anche se erano più autoritari che autorevoli.
Oggi ho meditato oltraggio con condizionale.
Anni due e mesi sei per me ultrasettantenne (da un pezzo!).
Minimi di pena, attenuanti prevalenti, dovrei farcela.
Nelle lunghe notti insonni, tipiche dei vecchi che durante il giorno non hanno modo di stancarsi per colpa di un destino comune e crudele (accidenti agli ormoni, alle prostate e a quant’altro alloggia nei dintorni), nelle lunghe notti insonni – dicevo – mi vedo protagonista disinvolto, arrogante, beffardo e impunito.
Scena prima
“Avvocato – dice il Presidente guardando l’orologio – a Lei la parola.
Brevemente, Le raccomando la brevità”.
“Signor Presidente. Io parlo quanto cazzo mi pare”. La mia voce non trema”
“Avvocato! Proprio Lei! Alla sua età! È inaudito”.
“Ha ragione, Signor Presidente. Non ne potevo più… Mi hanno dato la medaglia d’oro per i cinquanta anni di professione (che ora sono cinquantatre). Mi hanno conferito la massima onorificenza della Repubblica Italiana, Cavaliere di Gran Croce.
Oggi mi è sfuggito dalle stanze della censura l’incosciente collettivo l’ES di cui parla Freud. Anzi mi scappa di dirlo di nuovo …
Signor Presidente, io parlo quanto …”.
“Carabinieri!”.
Articolo 343 c.p. da uno a quattro anni. Minimo della pena meno un terzo per le attenuanti generiche, mesi otto di reclusione. Condizionale.
Mi restano anni uno e mesi dieci da sciusciarmi”
(segue) Luciano Revel.
