Detenuti “liberi” attraverso l’arte: l’esperienza del Teatro libero di Rebibbia (di Vincenzo Giglio e Riccardo Radi)

Il 22 dicembre a Roma nel teatro Argentina la compagnia “Teatro libero di Rebibbia” ha festeggiato il ventennio dalla sua fondazione mettendo in scena l’opera di ispirazione dantesca “Dalla città dolente”.

Come suggerisce il suo nome, la compagnia è nata all’interno del penitenziario di Rebibbia ed oggi è una delle circa ottanta che operano nell’ambiente carcerario.

Alla première era stato invitato il ministro Carlo Nordio che però, ahimè, non ha potuto essere presente ma ha comunque voluto inviare un messaggio (consultabile a questo link e comunque allegato alla fine del post) di compiacimento per l’iniziativa.

L’On. Nordio ha espresso orgoglio per il ventennale e apprezzamento per la rappresentazione scelta che, a suo modo di vedere, è “un ponte tra la ‘città dolente’ del carcere e il mondo di fuori“.

Del resto, ha aggiunto, “il teatro e la cultura in generale, insieme a sport e lavoro, sono fondamentali alleati dell’attuazione del delicatissimo compito di rieducazione, fine ultimo della pena come sancito dalla Costituzione“.

Nobili parole, quelle del Guardasigilli, che meritano di essere sottolineate e diffuse.

Assai meno nobili, tuttavia, sono le attuali condizioni del sistema carcerario nazionale.

Dalle ultime statistiche sui detenuti presenti (ricavate dal sito web istituzionale del ministero della Giustizia), aggiornate alla fine di novembre 2023, risulta che i penitenziari italiani, la cui capienza regolamentare complessiva dichiarata è di 51.272 posti, ospitano in realtà 60.116 detenuti, dovendo peraltro tenersi conto che la capienza dichiarata è sovrastimata di qualche migliaio di unità rispetto a quella effettiva per via degli spazi inagibili.

Un dato ugualmente allarmante, quest’anno come quelli precedenti, riguarda i detenuti morti in carcere: nel solo 2023, secondo Ristretti Orizzonti, si contano 155 decessi, 68 per suicidi conclamati e 87 per altre cause (espressione generica che comprende malattie, overdose, omicidi e non meglio precisate “cause da accertare”.

Quanto allo sport, al lavoro e alla cultura, “i fondamentali alleati” della rieducazione secondo il ministro Nordio, i monitoraggi e i report degli osservatori più autorevoli della condizione carceraria, a partire da Antigone, evidenziano più ombre che luci.

E infine, riflettendo proprio sullo scopo ultimo della rieducazione, non va certo nella direzione auspicata da Nordio la proposta del deputato di maggioranza Edmondo Cirielli (ne abbiamo parlato in un apposito post, consultabile a questo link) che considera sopravvalutato il fine rieducativo e si propone piuttosto  di puntare sull’esemplarità della pena.

È il momento di concludere: nobili parole quelle di Nordio ma smentite dalla realtà.

Da parte nostra, comunque, un grazie a chi ha ideato e reso possibile il “Teatro libero di Rebibbia” e iniziative analoghe: la cultura è davvero un ponte verso la libertà ma quanti lo sanno?

Credito fotografico: l’immagine che correda questo post è stata tratta dal sito web di gnewsonline.it, quotidiano online del ministero della Giustizia.