Inammissibilità della richiesta di revisione: la Corte d’appello deve valutare caso per caso se dichiararla de plano o disporre il procedimento camerale (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 48812/2023, udienza del 3 ottobre 2023, ha chiarito che appartiene alla discrezionalità della Corte d’appello decidere se le valutazioni preliminari di inammissibilità della richiesta di revisione possano essere fatte de plano oppure in esito ad un procedimento camerale ex art. 127 cod. proc. pen.

Fonte normativa della dichiarazione di inammissibilità della richiesta di revisione

L’art. 634 cod. proc. pen., dispone che, quando la richiesta di revisione è proposta fuori delle ipotesi previste dagli artt. 629 e 630 cod. proc. pen., o senza l’osservanza delle disposizioni previste dagli artt. 631, 632, 633 e 641 cod. proc. pen., ovvero risulta manifestamente infondata, la Corte di appello anche di ufficio dichiara con ordinanza l’inammissibilità.

Esistenza di tre indirizzi interpretativi

In ordine alla procedura da seguire per giungere alla declaratoria di inammissibilità dell’istanza di revisione si sono registrati tre indirizzi nella giurisprudenza di questa Corte.

…Il primo: l’inammissibilità può essere dichiarata con procedura de plano

Secondo un primo orientamento, la declaratoria di inammissibilità della richiesta di revisione, prevista dall’art. 634 cod. proc. pen., può essere adottata, in assenza di espresso richiamo alla disciplina di cui all’art. 127 stesso codice, con procedura “de plano”(Sez. 1, n.15030 del 25/01/2005, Rv. 231432; Sez. 1 n. 5673 del 20/01/2006, Rv. 233849; Sez. 1, n. 47016 del 11/12/2007, Rv. 238318), ciò in quanto la procedura “in camera di consiglio”, disciplinata dall’art. 127 cod. proc. pen., e che prevede il contraddittorio delle parti, non deve essere adottata ai fini della decisione su qualsiasi richiesta, ma soltanto allorché è prevista dalla legge processuale, come è reso evidente dalla locuzione “quando si deve procedere in camera di consiglio” che esclude, appunto che si tratti di una procedura generale ed indefettibile.

…Il secondo: occorre un contraddittorio da assicurare mediante un procedimento camerale ex art. 127 cod. proc. pen.

Secondo un opposto indirizzo, in tema di revisione, ai fini della valutazione preliminare di ammissibilità prevista dall’art. 634 cod. proc. pen. la Corte di appello deve operare nel contraddittorio tra le parti, mediante il procedimento in camera di consiglio regolato dall’art. 127 dello stesso codice, con la conseguenza che va dichiarata nulla l’ordinanza di inammissibilità eventualmente deliberata “de plano” (Sez. 3, n. 11040 del 22/01/2003, Rv. 227198) e tanto sul rilievo che la procedura ex art. 127 cod. proc. pen., è prevista in via generale per i procedimenti in camera di consiglio ed anche se l’art. 634 c.p.p. non fa espresso riferimento all’art. 127 cod. proc. pen., non vi sarebbe ragione per derogarvi in piena violazione del diritto di difesa.

…Il terzo: è rimesso alla discrezionalità della Corte d’appello valutare se procedere de plano o con procedimento camerale

Una terza posizione della giurisprudenza di legittimità, intermedia rispetto ai precedenti ed opposti orientamenti, si esprime nel senso che, in tema di revisione, la formula dell’art. 634 cod. proc. pen., secondo cui “la Corte di appello anche di ufficio dichiara (…) l’inammissibilità”, significa che la legge consente che le valutazioni preliminari di inammissibilità della richiesta di revisione siano compiute anche de plano, rimettendo alla discrezionalità della Corte di appello l’adozione del rito camerale con la garanzia del contraddittorio per i casi di inammissibilità che non siano di evidente ed immediato accertamento (Sez. 1, n. 26967 del 30/03/2005, Rv. 232150; Sez. 2, n. 5609 del 27/01/2009, Rv. 243286; Sez. 5, n. 21296 del 08/04/2010, Rv. 247297).

Quest’ultimo orientamento risulta prevalente.

Le più recenti pronunce di legittimità hanno ribadito il principio di diritto secondo cui, in tema di revisione, le valutazioni preliminari di inammissibilità della richiesta possono essere compiute anche “de plano“, essendo rimessa alla discrezionalità della Corte di appello l’adozione del rito camerale con la garanzia del contraddittorio per i casi di inammissibilità che non siano di evidente ed immediato accertamento (Sez. 3, n. 37474 del 07/05/2014, Rv. 260182 – 01; Sez. 5, n. 26480 del 04/05/2015, Rv. 264848 – 01; Sez.3, n. 34945 del 09/07/2015, dep.18/08/2015, Rv. 264740 -01; Sez. 5, n. 16218 del 14/01/2022, Rv. 283396 – 01).

Scelta a favore del terzo indirizzo

Tale orientamento è condivisibile in quanto maggiormente aderente alla disciplina del procedimento di revisione delle condanne e va qui ribadito.

Va precisato che il ricorso al procedimento camerale tipico, disciplinato dall’art. 127 cod. proc. pen., non costituisce una regola di carattere generale con gli attributi dell’inderogabilità, tanto da dover essere applicata in ogni caso.

Le Sezioni unite, sebbene impegnate nella soluzione di un’altra fattispecie, hanno, comunque chiarito che, oltre il modello tipico di procedimento camerale delineato dall’art. 127 cod. proc. pen., si hanno schemi procedimentali atipici in relazione al differente grado di garanzia del contraddittorio in essi assicurato, e che, escluse le fattispecie procedimentali de plano e quelle a contraddittorio attenuato o rafforzato, il modello generale dell’art. 127 cod. proc. pen., è applicabile in tutti i casi in cui il legislatore, pur omettendo di fare espresso riferimento all’art. 127 prescriva l’adozione del procedimento “in camera di consiglio” e, qualora manchi tale indicazione o la legge preveda che il giudice deliberi “senza formalità” o faccia uso di altre analoghe formule, devono ritenersi, invece, radicalmente escluse le forme camerali di cui all’art. 127 cod. proc. pen. (Sez. U., n. 26156 del 28/05/2003, Di Filippo, Rv. 224612).

Quando, poi, è previsto, come nel caso del procedimento di revisione, che il giudice proceda, “anche d’ufficio”, ed escluso che l’intervento officioso possa prescindere dal principio della domanda che costituisce la precondizione affinché si instauri il procedimento di revisione, ciò vuol dire che il procedimento è a duplice schema, nel senso che vi possono essere casi in cui il giudice decide ex officio e casi in cui il giudizio deve essere emesso all’esito di una procedura partecipata, garantendosi il contraddittorio tra le parti.

Ed infatti alcuni dei casi di inammissibilità, descritti dall’art. 634, comma 1, cod. proc. pen. sono di evidente e immediato accertamento, ossia rilevabili ictu oculi, altre volte, invece, la valutazione di ammissibilità richiede un esame, anche solo superficiale e sommario, degli atti ed allora è necessario il rispetto del principio del contraddittorio.

Spetta, dunque, alla Corte di appello valutare, di volta in volta, quale sia la forma procedimentale più adeguata, contemperando l’esigenza di garanzia della partecipazione delle parti con quella di non disperdere inutilmente energie processuali.

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha proceduto “de plano” ad una approfondita valutazione di merito riflettente la valenza probatoria degli elementi posti a fondamento dell’istanza di revisione e ciò non può ritenersi consentito in sede di delibazione sull’ammissibilità della richiesta di revisione e, a maggior ragione, se a tale epilogo si pervenga senza assicurare il contraddittorio tra le parti nelle forme del rito camerale.

Esito del ricorso

Consegue, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata senza rinvio e trasmissione atti alla Corte di appello di Firenze, individuata ai sensi degli artt. 634, comma 2, ultima parte cod. proc. pen e 11 cod. proc. pen.