I Saturnali: la settimana in cui tutto era possibile (di Vincenzo Giglio)

Il senso dell’esistenza ai tempi della Roma pagana

Così scriveva lo storico calabrese Lucio Villari nel suo saggio “I martiri pagani” apparso sul quotidiano La Repubblica il 29 dicembre 1987: “Circondato da alte e invalicabili mura, fatte di ombre e di silenzio, il paganesimo è ancora la Città Proibita della nostra storia.

Proibita non per quel che il paganesimo, cioè il mondo classico, ha inventato e prodotto per oltre un millennio, ma perché quel sentimento o senso pagano dell’esistenza che era insieme religiosità e filosofia, è stato reso impraticabile e straniero.

Il cristianesimo, armato non solo del suo messaggio, ma anche della violenza politica e amministrativa degli imperatori post-costantiniani, ha distrutto quel sentimento, provocando il più grande scisma dell’anima che la storia dell’Occidente ricordi.

Una riflessione accorata quella di Villari, all’insegna del rimpianto per ciò che avrebbe potuto essere e della nostalgia per ciò che non c’è più.

La si condivide, si riconosce la correttezza dei suoi presupposti ma, come sempre, la storia umana segue indifferente la sua imperscrutabile strada.

Questa presa d’atto non impedisce però il ricordo di un ulteriore aspetto della Roma pagana, la sua inclinazione alla festosità e la sua propensione a superare, sia pure temporaneamente, le convenzioni sociali, perfino quelle più radicate e immutabili.

Anche questo, per chi scrive, fa parte a pieno titolo del senso pagano dell’esistenza.

I Saturnali

Si chiamava così una festa che si teneva ogni anno tra il 17 e il 23 dicembre, in occasione del solstizio invernale.

Come suggerisce il nome, la ricorrenza era in onore di Saturno, uno dei più antichi dei romani cui si attribuiva il merito di avere insegnato l’agricoltura agli uomini.

La festa iniziò ad essere tenuta nei primi secoli di Roma e nel corso del tempo divenne sempre più lunga e sentita dal popolo.

Si stabilizzò sulla durata di una settimana e così restò anche a dispetto di decreti imperiali che provarono a ridimensionarla.

I festeggiamenti erano presieduti dal Saturnalicius princeps, una sorta di re temporaneo scelto tra persone di rango inferiore, al quale veniva accordato il privilegio di compiere qualunque misfatto volesse fino alla fine dei Saturnali.

Il sovvertimento delle regole ordinarie era del resto la principale caratteristica della festa, al punto che gli schiavi potevano non solo agire come liberi cittadini ma anche gozzovigliare e giocare d’azzardo senza che nessuno gliene chiedesse conto.

Il capovolgimento arrivava al punto da ribaltare le gerarchie sociali, tanto che schiavi e padroni si sedevano allo stesso tavolo e, contrariamente al solito, erano questi ultimi a dovere mostrare deferenza ai primi.

In piena coerenza con lo spirito che pervadeva la festa, per tutta la sua durata i piedi della statua del dio, eretta nell’omonimo tempio, venivano liberati dalle bende di lana che li coprivano per il resto dell’anno. Nacque da quest’usanza e dal suo significato palesemente liberatorio dalle costrizioni sociali, l’associazione tra Saturno e la liberazione.

I Saturnali si concludevano con lo scambio di regali e i cittadini regalavano danaro ai loro dipendenti così che gli fosse possibile acquistare i dolci a base di fichi e le statuette di terracotta dette sigilla che venivano vendute nei mercatini, chiamati di conseguenza sigillaria.

Qualche pensiero per finire

Si potrebbe pensare che un rovesciamento delle convenzioni sociali e della piramide gerarchica che duri soltanto una settimana sia solo un’altra versione del panem et circenses che ogni regime dispensa di tanto in tanto ai suoi amministrati per tenerli buoni e distrarli dagli affanni quotidiani.

Può essere.

Ma nella settimana dei Saturnali c’era qualcosa di più e di diverso: se uno schiavo può essere libero anche solo per pochi giorni, allora vuol dire che potrebbe esserlo anche più a lungo e che quindi la schiavitù non è una condizione di natura ma un accidente mutevole al mutar della sorte; se l’etica pubblica può essere messa da parte temporaneamente, allora vuol dire che non c’è solo quella, che altri criteri di distinzione tra bene e male potrebbero subentrare senza che Giove cominci a scagliare fulmini dal cielo; e se si possono perfino liberare i piedi di Saturno, allora vuol dire che a quella divinità così potente potrebbe far piacere sentire l’aria scorrere tra le sue estremità, così rendendolo simile a un qualunque ragazzino che ama stare scalzo.

Ed allora, se i Saturnali e lo spirito pagano di cui sono frutto hanno qualcosa da insegnarci, probabilmente è una sana relatività: gli schiavi non sono diversi dai loro padroni, uomini tra uomini esattamente come loro; chi comanda non può reclamare alcuna investitura divina e ammesso che ci fosse sarebbe probabilmente all’insegna del vivi e lascia vivere; se c’è qualcuno assiso nei cieli, magari ha un senso della vita non troppo distante dal nostro.

Non male se ci si pensa.