Cassazione penale, Sez. 4^, sentenza n. 38909/2023, udienza del 22 giugno 2023, risolve in senso affermativo la questione dell’applicabilità ai piccoli abusi edilizi (il cui responsabile abbia presentato domanda di regolarizzazione) della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis nella sua nuova formulazione post Cartabia.
Vicenda giudiziaria
La Corte territoriale ha confermato la decisione del primo giudice che ha riconosciuto l’imputata responsabile del reato edilizio di cui all’art. 44, lett. b, d.P.R. n. 380/2001, per aumento volumetrico di un appartamento in assenza di titolo autorizzativo, commesso a giugno del 2017.
Ricorso per cassazione
Il difensore dell’imputata ha presentato ricorso per cassazione deducendo tra gli altri motivi la violazione di legge, per omesso rilievo in ordine alla sussistenza della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., questione dedotta in sede di appello.
Lo stesso difensore ha depositato motivi aggiunti con cui insiste per l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen. alla luce della novella introdotta con il d.lgs. n. 150/22, che ha aggiunto, quale dato rilevante, anche il comportamento tenuto dopo la commissione del reato. Nel caso, l’intero procedimento è scaturito proprio dall’istanza di regolarizzazione del titolo edilizio proveniente dall’imputata.
Decisione della Corte di cassazione
Fondata e assorbente è la doglianza in punto di mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., come integrata dal motivo aggiunto ritualmente depositato in atti dalla difesa di parte ricorrente.
Si deve convenire con la parte impugnante (e con la requisitoria del P.G.) a riguardo della più ampia e più favorevole disciplina dell’art. 131-bis cod. pen. introdotta dalla c.d. riforma “Cartabia” (d.lgs. n. 150/2022), la quale ha fatto emergere un nuovo elemento valutabile ai fini dell’applicazione dell’istituto, costituito dalla “condotta susseguente al reato”, oltre ad avere stabilito che l’esimente può trovare applicazione (salvo le eccezioni specificamente indicate) a tutti i reati puniti con pena detentiva non superiore nel minimo a due anni (o puniti con pena pecuniaria, sola o congiunta a quella detentiva), mentre in precedenza tale limite era fissato nel massimo a cinque anni.
È indubbio che con tale riscrittura il nuovo istituto potrà trovare applicazione rispetto a un numero più ampio di reati.
La norma è entrata in vigore il 30 dicembre 2022, ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 162/2022, ma sulla sua immediata operatività soccorre il diritto vivente, che ha da tempo precisato la natura sostanziale dell’istituto (Sez. U, n. 13681 del 25/2/2016, Tushaj). Pertanto, trattandosi di norma più favorevole, essa è applicabile anche ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della novella che l’ha riguardata, in virtù del principio generale ricavabile dall’art. 2, comma 4, cod. pen. (così Sez. 4, n. 15815 del 15/03/2023, n.m.).
La questione, inoltre, benché puntualmente dedotta in ricorso, appare rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 609, comma 2, cod. proc. pen.
Ne discende che, sulla base della ricostruzione della vicenda fattuale operata in sede di merito, può trovare accoglimento il mezzo di impugnazione proposto, nel senso del riconoscimento della particolare esiguità dell’offesa riconducibile al reato edilizio per cui si procede, tenuto conto sia della modestia intrinseca dell’intervento edilizio in oggetto (minimo aumento della superficie utile abitabile); sia, appunto, in considerazione della riscontrata condotta susseguente al reato (elemento in precedenza non valutabile ai presenti fini), avuto riguardo all’istanza di regolarizzazione del titolo edilizio presentata dall’imputata successivamente alla realizzazione dei lavori, istanza da cui erano derivate le indagini sfociate nel presente procedimento.
Conseguentemente, in applicazione dell’art. 620, lettera l), cod. proc. pen., non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e riconosciuta, nella specie, la configurabilità della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., come modificato dal d.lgs. n. 150/2022, si deve procedere all’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata perché il reato in disamina non è punibile per particolare tenuità del fatto.
