Interferenze illecite nella vita privata: sono tali le registrazioni ottenute collocando videocamere nella stanza da letto dell’ex coniuge (di Vincenzo Giglio)

Cass. pen. Sez. 5^, sentenza n. 21866/2023, udienza pubblica dell’1° marzo 2023, si è occupata del caso singolare di un uomo che è stato accusato di essersi introdotto indebitamente nell’abitazione della ex moglie e di avere collocato occultamente delle videocamere nella stanza da letto, ottenendo così registrazioni degli incontri privati della donna.

L’imputato aveva poi prodotto tali registrazioni nel corso del giudizio di separazione con richiesta di addebito intentato nei confronti della coniuge separata allo scopo di dimostrare che aveva consumato rapporti sessuali con una terza persona.

La donna lo aveva querelato.

Alle suddette accuse sono seguiti il riconoscimento, in entrambi i gradi di merito, della responsabilità dell’imputato e quindi la sua condanna per i reati previsti dagli artt. 614 (violazione di domicilio) e 615-bis (interferenze illecite nella vita privata), cod. pen.

Il collegio di legittimità cui è stato assegnato il ricorso dell’interessato ha chiarito, in risposta ad uno specifico motivo dedotto dalla difesa, che  le riprese video di comportamenti “non comunicativi” non possono essere eseguite all’interno del “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost.

Ne consegue che è vietata la loro acquisizione ed utilizzazione anche in sede cautelare, e, in quanto prova illecita, non può trovare applicazione la disciplina dettata dall’art. 189 cod. proc. pen. (v. Corte cost. n. 135 del 2001) (Sezioni unite, n. 26795 del 28/03/2006 Prisco, Rv. 234270 – 01).

Nello stesso senso, più recentemente è stato affermato che in tema di videoregistrazioni, le riprese di comportamenti “non comunicativi”, che rappresentano la mera presenza di cose o persone ed i loro movimenti, costituiscono prove atipiche solo se eseguite in luoghi pubblici, aperti al pubblico o esposti al pubblico, anche d’iniziativa della polizia giudiziaria ovvero in ambienti privati, diversi dal “domicilio”, nei quali deve essere garantita l’intimità e la riservatezza, essendo necessario, solo in tale ultimo caso, ai sensi dell’art. 189 cod. proc. pen., per la loro utilizzabilità, un provvedimento motivato dell’autorità giudiziaria che le giustifichi rispetto alle esigenze investigative e all’invasività dell’atto, mentre sono da qualificarsi come prove illecite, di cui è sempre vietata la acquisizione e l’utilizzazione, ove eseguite all’interno di luoghi riconducibili alla nozione di “domicilio”, in quanto lesive dell’art. 14 Cost. (Sez. 3^, n. 15206 del 21/11/2019, dep. 2020, Rv. 279067 – 04).

Pertanto, una volta riconosciuta la natura illecita delle videoregistrazioni operate all’interno di un’abitazione senza il consenso espresso di chi vi abita, ne consegue che i giudici del merito hanno correttamente applicato anche il principio per il quale integra il reato di violazione di domicilio la condotta di colui che si introduce nel domicilio altrui con intenzioni illecite in quanto, in tal caso, deve ritenersi implicita la volontà contraria del titolare dello “ius excludendi“.

È ugualmente corretta l’applicazione del principio per cui in relazione all’art. 615-bis cod. pen. sono state ritenute inutilizzabili, in quanto acquisite in violazione della norma predetta, le prove ottenute attraverso una interferenza illecita nella vita privata, nel caso di una registrazione illegittimamente effettuata da un coniuge delle conversazioni intrattenute, in ambito domestico, dall’altro coniuge con un terzo (Sez. 5^, n. 35681 del 30/05/2014, Rv. 261445 – 01; nello stesso senso, Sez. 5^, n. 39827 del 08/11/2006, Rv. 234960 – 01).

Sicché è manifestamente infondata l’interpretazione, proposta dal ricorrente, per cui l’«indebitamente», che connota la condotta dell’art. 615-bis, attenga all’introduzione nel domicilio.

In tal senso, per un verso l’illiceità della finalità prospettata dall’imputato rende non decisiva la censura, in quanto dalla stessa consegue anche la violazione del domicilio; per altro verso, comunque, il riferimento contenuto nel primo comma dell’art. 615-bis cod. pen. ai luoghi indicati nell’art. 614 dello stesso codice ha la funzione di delimitare gli ambienti nei quali l’interferenza nella altrui vita privata assume penale rilevanza, ma non anche quella di recepire il regime giuridico dettato dalla disposizione da ultima citata (Sez. 5^, n. 9235 del 11/10/2011, dep. 2012, Rv. 251999 – 01, fattispecie in cui è stato ritenuto sussistere il reato di interferenze illecite nella vita privata in relazione alla condotta dell’investigatore privato che aveva effettuato riprese di un rapporto sessuale all’interno di una abitazione privata con il consenso del suo titolare, ma all’insaputa dell’altro soggetto coinvolto nel rapporto).

Il ricorso è stato considerato di conseguenza inammissibile per la manifesta infondatezza dei motivi.