Quando in aula la campana della giustizia suona a morto, non mandar mai a chiedere per chi suona, suona per tutti … (di Riccardo Radi)

Con questo incipit vogliamo parlare della giustizia di tutti i giorni, di quella giustizia quotidiana un po’ arruffona e alle volte approssimativa che si svolge nelle aule della Penisola.

La giustizia delle persone normali che non hanno la possibilità di fare sentire la loro voce, il loro punto di vista al di fuori dell’aula e spesso non riescono a farlo udire neanche in aula.

La giustizia dei numeri e della “produttività” a discapito delle garanzie, delle sentenze fotocopia o pre-compilate delle serie tanto sono appunti.

La giustizia cartolare che tiene a distanza le persone dai tribunali.

Quella giustizia che riguarda sempre qualcun’altro e che in realtà riguarda tutti noi, nessuno escluso perché “Nessun uomo è un’isola”, come scriveva John Donne:

Nessun uomo è un’isola,
completo in se stesso;
Ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.
Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare,
la Terra ne sarebbe diminuita,
come se un promontorio fosse stato al suo posto,
o una magione amica o la tua stessa casa.
Ogni morte d’uomo mi diminuisce,
perché io partecipo all’Umanità.
E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana:
Essa suona per te.

In questa poesia scritta nel 1624 dal titolo No Man is an island, il poeta usava la metafora del singolo individuo come parte universale di un tutto.

Il concetto “Nessun uomo è un’isola” assai spesso dimenticato nelle aule di giustizia è stato “rispolverato” da Ernest Hemingway in epigrafe a Per chi suona la campana.

Nei giorni più recenti è stato parafrasato da Leonardo Sciascia che scrisse: “Quando in un paese la campana della giustizia suona a morto, non mandar mai a chiedere per chi suona, suona per tutti …”.

Un modo per riproporre la meditazione del poeta inglese che a noi di Terzultima Fermata piace assai.