Reato continuato in sede esecutiva: criteri da seguire per la quantificazione della pena (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 1 con la sentenza numero 9684 depositata il 7 marzo 2023 torna sul tema dei criteri da seguire per la corretta quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva.

La Suprema Corte è ferma nel ritenere che “in tema di quantificazione della pena a seguito di applicazione della disciplina del reato continuato in sede esecutiva, il giudice – in quanto titolare di un potere discrezionale esercitabile secondo i parametri fissati dagli artt. 132 e 133 cod. pen. – è tenuto a motivare, non solo in ordine all’individuazione della pena-base, ma anche in ordine all’entità dei singoli aumenti per i reati-satellite ex art. 81, comma secondo, cod. pen., in modo da rendere possibile un controllo effettivo del percorso logico e giuridico seguito nella determinazione della pena, non essendo all’uopo sufficiente il semplice rispetto del limite legale del triplo della pena-base” (fra le molte e le più recenti, Sez. 1, n. 800 del 07/10/2020, dep. 2021, Rv. 280216; Sez. 1, n. 17209 del 25/05/2020, Rv. 279316, Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, Rv. 282269).

Anche nel procedere all’aumento per i reati satelliti il giudice dell’esecuzione deve attenersi al principio di diritto elaborato che prevede: ”Il giudice dell’esecuzione che deve procedere alla rideterminazione della pena per la continuazione tra reati separatamente giudicati con sentenze, ciascuna delle quali per più violazioni già unificate a norma dell’art. 81 cod. pen., deve dapprima scorporare tutti i reati riuniti in continuazione, individuare quello più grave e solo successivamente, sulla pena come determinata per quest’ultimo dal giudice della cognizione, operare autonomi aumenti per i reati satellite, compresi quelli già riuniti in continuazione con il reato posto a base del nuovo computo” (Sez. 1, n. 21424 del 19/03/2019, Rv. 275845 – 01; Sez. 5, n. 8436 del 27/09/2013, dep. 2014, Rv. 259030 – 01; Sez. 1, n. 38244 del 13/10/2010, Conte, Rv. 248299 – 01), deve notarsi come il giudice dell’esecuzione, nel caso esaminato, non abbia spiegato le ragioni che lo hanno indotto a ritenere congrui, per le truffe ascritte alla S. nel procedimento  concluso con la sentenza del 19 novembre 2019, aumenti che, quantunque cumulativamente determinati, per tre episodi, nella misura di dieci mesi di reclusione e 250 euro di multa, appaiono prima facie superiori a quelli inflitti per gli otto reati-satellite accertati con la sentenza del 19 aprile 2018, ciò che integra un deficit motivazionale tale da incidere sulla legittimità del provvedimento adottato dal Giudice per le indagini preliminari bergamasco.

Anche per questa ragione si impone, dunque, l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio al Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo, in diversa composizione personale (Corte cost. sentenza n. 183 del 2013) per un nuovo giudizio che, libero nell’esito, sia emendato dai vizi riscontrati.