Concordato in appello formulato prima della fissazione dell’udienza: rigetto e profili di nullità procedurali (di Riccardo Radi)

La cassazione sezione 2 con la sentenza numero 43198 depositata il 14 novembre 2022 ha esaminato la questione relativa al rigetto del concordato in appello disposto in camera di consiglio e la sequenza procedurale corretta da rispettare da parte dei giudicanti.

Fatto

La difesa ricorre in cassazione rilevando che non è stata disposta, a seguito del rigetto del concordato, la citazione a comparire delle parti.

Nel caso di specie la Corte d’appello ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 23 D. L. n. 149/2020 pronunciando preliminarmente ordinanza con la quale ha dichiarato di non poter accogliere la richiesta di concordato sottoscritta anche dal Procuratore generale, inoltrata da D.M. ex art. 599 bis cod. proc. pen.

Decisione

Precisa la Suprema Corte che in relazione al mancato rinvio dell’udienza a seguito del rigetto del concordato, tale censura non investe il problema della ricorribilità o meno del provvedimento di rigetto del concordato ma attiene al rispetto della sequenza procedurale a seguito del menzionato rigetto.

Al riguardo deve ricordarsi che a norma dell’art. 599 bis cod. proc. pen. il giudice, se ritiene di non poter accogliere, allo stato, la richiesta di concordato sulla pena, ordina la citazione a comparire per il dibattimento. In questo caso la richiesta e la rinuncia perdono effetto ma possono essere riproposte nel dibattimento.

L’art. 602 n. 1 bis cod. proc. pen. dispone che, se le parti richiedono concordemente l’accoglimento, in tutto o in parte, dei motivi di appello a norma dell’art. 599 bis cod. proc. pen., il giudice, quando ritiene che la richiesta va accolta, provvede immediatamente; altrimenti dispone la prosecuzione del dibattimento.

Dalle anzidette disposizioni emerge che, se la richiesta di concordato è formulata prima della fissazione dell’udienza, ove il giudice ritenga la proposta accoglibile, verrà adottata la procedura camerale di cui all’articolo 599 bis, comma uno, cod. proc. pen.

Se il giudice ritiene la proposta non accoglibile – allo stato – ordina la citazione a comparire al dibattimento e la richiesta, in questo secondo caso, perde effetto ma la parte ha la facoltà di riproporre un nuovo accordo in dibattimento.

L’accordo può direttamente intervenire in dibattimento a norma dell’art. 602, comma uno bis, cod. proc. pen. e se il giudice ritiene accoglibile la richiesta emette immediatamente sentenza nel cui ambito recepisce l’oggetto dell’accordo; in caso contrario dispone la prosecuzione del dibattimento e l’eventuale rinuncia parziale resta priva di effetti.

Con riguardo a quest’ultimo caso si è sostenuto che è nulla, ai sensi degli artt. 178, lett. b) e c) e 180 cod. proc. pen., la sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo proposto dalle parti, senza che il giudice abbia disposto la prosecuzione del dibattimento, come previsto dall’art. 602, comma 1 bis, cod. proc. pen., atteso che, in tal modo, risulta impedita alle parti la discussione e la formulazione delle conclusioni nel merito (Sez. 5, n. 47574 del 02/07/2019 – dep. 22/11/2019, Rv. 277546 – 01).

Alla luce di quanto sopra detto appare evidente che il legislatore ha previsto la possibilità di reiterare l’accordo, a seguito del suo mancato accoglimento.

Se la proposta è formulata prima del dibattimento, il terzo comma dell’art. 599 bis cod. proc. pen. prevede la facoltà di proporre un nuovo accordo in dibattimento.

Del pari, se la proposta è fatta in dibattimento e viene rigettata, la necessità di proseguire il dibattimento garantisce anche la possibilità di presentare una nuova proposta di concordato.

Ciò trova la sua ragione nell’esigenza di favorire l’applicazione dell’istituto in questione, reintrodotto con la legge n. 103 del 2017 nell’ottica complessiva di semplificazione procedurale e di auspicabile riduzione dei tempi di definizione del contenzioso pendente presso le Corti di appello. Nel caso in esame, il Collegio ha proceduto in camera di consiglio ai sensi dell’art. 23 d. I. n. 149/2020 pronunciando preliminarmente ordinanza con la quale ha dichiarato di non poter accogliere la richiesta di concordato sottoscritta anche dal Procuratore generale, inoltrata da D.M. ex art. 599 bis cod. proc. pen.

Così procedendo e, dunque, decidendo la causa senza disporre un rinvio finalizzato a consentire all’imputato di proporre un altro accordo, la Corte territoriale è incorsa nella violazione dell’art. 599 bis, comma 3, cod. proc. pen., con conseguente nullità della sentenza ai sensi degli artt. 178, lett. c) e 180 cod. proc. pen.

La sentenza pronunciata immediatamente dopo il rigetto dell’accordo proposto dalle parti è stata emessa in spregio del diritto di difesa dell’imputato ossia del diritto di esprimere tutte le facoltà e i poteri che l’ordinamento gli riconosce.

Trattasi di nullità generale a regime intermedio, deducibile per la prima volta con ricorso per cassazione, in considerazione del fatto che proprio l’evento causativo della nullità ha impedito di dedurla entro la pronuncia della sentenza.

Si impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata nei confronti di D.M. con la trasmissione degli atti ad altra Sezione della Corte d’appello di Milano per l’ulteriore corso.