
Photo by Steve Harvey on Unsplash
Vari organi di stampa (tra gli altri, Il Corriere della Sera, con un articolo di Luigi Ferrarella, a questo link) hanno diffuso la notizia delle condanne inflitte dal Tribunale di Milano a nove persone accusate di associazione a delinquere.
La particolarità del caso è che, a quanto pare per la prima volta, il programma delittuoso proprio dell’associazione è individuato nel fine di commettere un numero indeterminato di invasioni di edifici e di resistenze a pubblico ufficiale polarizzate sugli alloggi di edilizia residenziale pubblica del quartiere milanese di Giambellino Lorenteggio.
L’indagine è stata avviata nel 2018 e a quattro anni di distanza si conclude con il pieno avallo giurisdizionale della tesi accusatoria e con l’irrogazione di pene superiori a quelle chieste dal PM d’udienza che, nel caso di un imputato ultrasessantenne gravato da vecchi precedenti, si sono spinte a cinque anni e cinque mesi di reclusione e per gli altri si sono attestate tra un picco in alto di tre anni e sette mesi e un minimo di un anno e sette mesi. Tutti gli imputati sono stati condannati inoltre a rifondere i danni patrimoniali e non patrimoniali alla parte civile ALER, l’azienda che gestisce lo sterminato patrimonio immobiliare di edilizia pubblica del territorio milanese.
La lettura del dispositivo è stata interrotta da proteste provenienti dal pubblico e qualcuno ha gridato “bravo, bel lavoro, sei un nemico dell’umanità, fate schifo” all’indirizzo dei giudici.
Insomma, un clima incandescente cui fa eco la posizione del Comitato abitanti Giambellino Lorenteggio. Basta una rapida occhiata alla sua pagina Facebook per comprendere la sua visione antagonista rispetto a quella giudiziaria. Vi si teorizza che i quartieri sono di chi li vive e si riassume così l’avvio del procedimento penale: “Promemoria_13 dicembre 2018, ore 5:00 del mattino: 9 membri del #ComitatoAbitantiGiambellinoLorenteggio vengono arrestati – l’accusa è di ‘associazione a delinquere finalizzata all’occupazione e alla resistenza’ – sei famiglie aderenti sgomberate, molte delle altre ricevono pressioni sgradevoli nei giorni seguenti, ponendo fine ad un’esperienza di vita durata più di 4 anni. Viene messa sotto sequestro la Base di Solidarietà Popolare, centro delle pratiche solidali sperimentate dalla comunità del quartiere, e delle attività del comitato: doposcuola per i bambini e le bambine, aiuto burocratico per le persone straniere, mensa gratuita, ambulatorio popolare. Tra le strade di questa periferia lasciata ai margini le persone avevano sperimentato l’autorganizzazione; avevano preso in mano la propria vita e l’avevano riempita di risposte ai propri bisogni concreti: lo studio, la casa, il cibo. La solidarietà“. E, ovviamente, si segue con spasmodica attenzione l’andamento del giudizio che viene suggestivamente denominato “Processo Robin Hood”.
Non si vuole né si potrebbe compiere alcuna valutazione tecnica sul merito del procedimento, sulla contestazione elevata dall’accusa e sulla decisione del Tribunale milanese.
Riflettere tuttavia si può e si deve, soprattutto alla luce del nuovo reato di “Invasione di terreni o edifici per raduni pericolosi per l’ordine pubblico o l’incolumità pubblica o la salute pubblica” varato pochi giorni fa dal Governo Meloni.
Se la strada seguita nel processo “Robin Hood” attecchisse fino a diventare una diffusa prassi applicativa, non si potrebbe certo escludere che anche la nuova fattispecie vi sia fatta rientrare a fronte di un programma indeterminato di raduni “pericolosi” organizzato da un unico gruppo.
Potrebbe trattarsi di festaioli schiamazzanti ma anche di gente riunita da una comune visione politica o di lavoratori che protestano per migliorare le loro condizioni o di minoranze di qualsiasi tipo che vogliono farsi sentire in difesa dei loro diritti.
Basterebbe che non si accontentino di farsi sentire una volta e che pretendano di diffondere la loro voce in più riprese ed ecco che all’asprezza sanzionatoria del reato fine (l’invasione) si aggiungerebbe quella non trascurabile del reato scopo (l’associazione a delinquere).
Insomma.

Devi effettuare l'accesso per postare un commento.