Impiego di denaro di provenienza illecita in gioco d’azzardo: non è riciclaggio (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 37760/2025, 8 ottobre/19 novembre 2025, ha affermato che l’impiego di denaro di provenienza illecita in attività di gioco d’azzardo non costituisce riciclaggio.

Occorre domandarsi se l’utilizzazione del denaro di provenienza delittuosa in una attività di gioco d’azzardo può integrare il reato di riciclaggio.

Prima di esaminare la questione di diritto sotto il profilo oggettivo del reato, non bisogna dimenticare che il reato di riciclaggio, sotto il profilo dell’elemento soggettivo, richiede comunque in capo all’individuo agente la sussistenza quantomeno di un dolo generico di trasformazione della cosa per impedirne l’identificazione («coscienza e volontà di ostacolare l’accertamento della provenienza delittuosa dei beni nella consapevolezza di tale provenienza» ex multis: Sez. 5, n. 25924 del 02/02/2017, Rv. 270199 – 01).

Quest’ultimo profilo richiede una attenta verifica caso per caso che non può che essere effettuata in sede di merito intesa ad accertare se ci si trova in presenza di una condotta finalizzata esclusivamente a soddisfare un’esigenza ludica – se non addirittura manifestazione di una ludopatia – o (anche) finalizzata ad una trasformazione del denaro di provenienza illecita attraverso il meccanismo, pur sempre aleatorio, del gioco per impedirne l’identificazione.

Tralasciando tuttavia l’elemento soggettivo di tale parte della condotta occorre ricordare che la Suprema Corte ha avuto modo di occuparsi nel passato del rapporto tra il reato di autoriciclaggio (art. 648-ter.1 cod. pen.) ed il gioco d’azzardo statuendo che «In tema di autoriciclaggio, integra la condotta punita dall’art. 648-ter.1 cod. pen. il reinvestimento nel gioco d’azzardo e nelle scommesse dei proventi illeciti, così da mascherarne la provenienza delittuosa, poiché l’alea tipica di quei giochi è assimilabile a quella propria delle “attività speculative” contemplate dalla norma incriminatrice, implicando l’accettazione di un rischio correlato all’impiego delle risorse» (Sez. 2, n. 11325 del 18/01/2023, Sambrotta, Rv. 284290 – 01; Sez. 2, n. 13795 del 07/03/2019, PMT C/Sanna, Rv. 275528 – 01).

Sul punto occorre però doverosamente dar conto che è anche intervenuta una decisione di segno contrario secondo la quale «Non integra il delitto di autoriciclaggio, di cui all’art. 648-ter.1 cod. pen., l’impiego del denaro provento di delitto in puntate al gioco del lotto, non potendosi ricondurre detta condotta alle attività “speculative” incriminate dalla norma, che si caratterizzano per la gestione del rischio secondo criteri razionali ed economici, orientati a minimizzare le occasioni di perdita e a massimizzare quelle di profitto» (Sez. 2, n. 9751 del 13/12/2018, dep. 2019, PMT C/Bresciani, Rv. 276499 – 01).

Pur trattandosi, come detto, di sentenze in materia di autoriciclaggio, occorre tuttavia rilevare che, sia nella sentenza “Sambrotta” che nella sentenza “Sanna”, si era evidenziato che l’autore dell’illecito presupposto, anziché tenere per sé il denaro o destinarlo al mero utilizzo o godimento personale, lo aveva impiegato, con l’intento di ricavarne un profitto (che poteva anche essere molto ingente) accettando, per contro, pure il rischio di una perdita, con la conseguenza che, in caso di vincita, il denaro di provenienza illecita (generalmente in contanti e privo di tracciabilità) era pronto per essere immesso nel circuito economico con la “nuova veste” di una legittima provenienza e, in caso di perdita (parziale o totale), comunque si era avuta una immissione di denaro di provenienza delittuosa nel circuito economico e, del resto, è il nostro stesso ordinamento che riconosce nel gioco e nelle scommesse una fonte lecita di arricchimento (si veda art. 1933 e ss. cod. civ.), sebbene non meritevole di tutela mediante apposite azioni giudiziarie.

In dette pronunce si era anche correttamente evidenziato che l’idoneità del reimpiego del denaro illecito nel gioco d’azzardo ad integrare le fattispecie delittuose in esame trova, peraltro, conferma sia nel primo esercizio nazionale di analisi dei rischi (condotto nel 2014 sotto l’egida del Comitato di Sicurezza Finanziaria -CSF- presso il Ministero dell’economia), che ha evidenziato la rilevante esposizione del settore del gioco al rischio di riciclaggio (tanto che il decreto antiriciclaggio dedica un intero Titolo – il IV, artt. 52- 54 – a tale comparto), sia nella segnalazione del GAFI (Gruppo d’azione finanziaria presso il Dipartimento del Tesoro) che, sin dal 2009 ha identificato nei casinò e, poi nel 2012, nelle sale gioco a distanza i canali preferenziali per la commissione di reati di tale natura.

Fermo restando che nel caso qui in esame non v’è prova che il ricorrente abbia ricavato vincite dal gioco d’azzardo, non sfugge però che sia nella sentenza “Sambrotta” che nella sentenza “Sanna” (la quale ultima dedica, peraltro, una maggiore attenzione al concetto di “attività speculative”) la condotta oggettiva esaminata era stata ricondotta dalla giurisprudenza alla nozione di impiego in attività speculative, sottolineando l’aleatorietà del ricavo di una eventuale contropartita come resa della scommessa effettuata.

Nondimeno, il testo dell’art. 648-bis cod. pen. indica solo due tra le condotte incriminate dalla norma sull’autoriciclaggio a riprova del fatto che l’impiego in attività speculative (previsto solo da quest’ultima) indica una terza ed autonoma condotta; a riprova ulteriore di ciò, deve considerarsi che la norma sul reimpiego (art. 648-ter cod. pen.) sanziona sotto il profilo della materialità una ulteriore e distinta fattispecie, l’impiego in attività economiche “non speculative”.

Del resto, il Legislatore nell’ambito dei vari interventi che si sono succeduti nel tempo riguardanti la disciplina dei delitti in esame non ha mai ritenuto di integrare il testo delle condotte descritte nell’art. 648-bis financo a ricomprendervi quella di “impiego in attività speculative” (concetto invece presente nel solo testo di cui all’art.648-ter.1) e non può competere certo al giudice di legittimità colmare una potenziale lacuna normativa, pena un’inammissibile applicazione in malam partem della norma penale sul riciclaggio.

Nel caso di specie la condotta dell’imputato, come detto indubbiamente consistita nel parziale impiego della somma di denaro di provenienza illecita in attività di gioco d’azzardo, non risulta pertanto avere integrato alcuna delle condotte indicate dall’art. 648-bis cod. pen., ciò in quanto mentre la condotta tenuta dall’imputato relativa alla movimentazione della somma di 50.050,00 euro ha comportato la “sostituzione” di un bene di provenienza delittuosa (nella specie il denaro) con altro bene di valore (nel caso in esame i titoli/fondi) e comunque il trasferimento del bene stesso in altra destinazione (come sarebbe il caso del denaro accreditato su altro conto), non si può per contro affermare, in assenza di vincite documentate o anche solo asserite, o comunque della dimostrazione di modalità di gioco peculiari, che sia intervenuta una “sostituzione” dei 61.302,00 euro provenienti dal delitto di peculato con altra somma, ancorché minore, consistente in denaro “ripulito” proveniente da vincite.

Alla luce di quanto detto la condotta del ricorrente nel settore del gioco d’azzardo non può quindi che essere configurata come “impiego” del denaro in attività speculativa contemplata nel solo testo dell’art. 648-ter.1 cod. pen. ma non tra le condotte indicate nel testo dell’art. 648-bis cod. pen.

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