Notifica eseguita al difensore per inidoneità del domicilio eletto: nulla se l’imputato, unitamente all’elezione, abbia indicato la residenza in un luogo diverso e il recapito non sia stato tentato anche in questo luogo (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 25627/2025, 26 marzo/11 luglio 2025, ha affermato che è nulla la notifica eseguita mediante consegna al difensore, in caso di inidoneità del domicilio eletto, ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., qualora l’imputato abbia altresì indicato, contestualmente all’elezione di domicilio, la propria residenza in luogo diverso, senza che il recapito sia stato previamente tentato presso quest’ultima, in quanto l’inidoneità del domicilio eletto non fa venir meno la validità della dichiarazione di residenza.

In tema di conoscenza del processo da parte dell’imputato derivante dalla notifica degli atti processuali, l’evoluzione della giurisprudenza della Suprema Corte, tesa a una piena attuazione dei principi costituzionali e convenzionali in tema di giusto processo, è nel senso di assicurare con sempre maggior rigore che la conoscenza del processo da parte dell’imputato sia effettiva, anche attraverso la circolazione di notizie tra quest’ultimo e il suo difensore, riducendo al minimo l’operatività di meccanismi processuali di natura presuntiva, che consentano di dare per acquisita tale conoscenza, a prescindere da ogni indagine sulla reale consapevolezza dell’imputato dell’esistenza di un processo a suo carico; evoluzione, confermata dalla c.d. riforma Cartabia, che trova il suo punto di arrivo nella nota sentenza delle Sez. U. n. 23948, del 28/11/2019, Ismail, Rv. 279420.

Operata questa necessaria premessa, passando ad approfondire lo sguardo sulla portata del precetto di cui all’art. 161, co. 4, c.p.p., non è revocabile in dubbio che, come affermato in un condivisibile arresto della S.C., senza la previa verifica dell’insufficienza o dell’inidoneità della dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, sia affetta da nullità assoluta e insanabile la notifica del decreto di citazione a giudizio eseguita presso il difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, c.p.p.

Come è stato puntualmente osservato, nel sistema previsto dall’art. 161, cod. proc. pen., l’elezione di domicilio è funzionale all’individuazione di un sicuro punto di riferimento per le comunicazioni processuali prescelto dall’accusato che, con l’atto di elezione si assume la responsabilità della “idoneità” del luogo indicato, e corre il rischio che la notifica sia effettuata in via mediata nei casi in cui, in concreto, il luogo eletto per le notificazioni non risulti idoneo. In tale sistema la puntuale verifica della idoneità del luogo assume una rilevanza centrale, dato che solo ove tale controllo dia esito negativo diventa possibile attivare la notifica sostitutiva, mentre, ove tale verifica manchi, la notifica mediata non ha alcuna base legale e si risolve nella consegna dell’atto di citazione a persona “diversa” dall’imputato, ovvero in una omessa citazione (cfr. Sez. 2, n. 3967 del 20/12/2022, Rv. 284310).

I parametri ai quali deve attenersi la verifica dell’idoneità del luogo dichiarato o eletto dall’imputato come domicilio per la notificazione degli atti processuali, possono dirsi fissati dalle Sezioni unite a partire dalla sentenza “Pedicone” in cui è stato affermato il principio che la notificazione di un atto all’imputato, non eseguita presso il domicilio eletto per il mancato reperimento, nonostante l’assunzione di informazioni sul posto e presso l’ufficio anagrafe, del domiciliatario, che non risulti risiedere o abitare in quel Comune, deve essere eseguita mediante consegna al difensore e non mediante deposito nella casa comunale con i correlati avvisi, perché detta situazione si risolve in un caso di inidoneità dell’elezione di domicilio.

La Corte ha precisato che allo stesso modo occorre procedere nel caso in cui il domiciliatario rifiuti di ricevere l’atto e, ove vi sia invece dichiarazione di domicilio, nel caso in cui al domicilio dichiarato non sia reperito l’imputato né vi siano altre persone idonee a ricevere: cfr. Sez. U, n. 28451 del 28/04/2011, Rv. 250120).

Il punto di approdo dell’interpretazione giurisprudenziale in materia può essere individuato nel principio affermato dalla successiva sentenza “Tuppi” delle Sezioni unite, secondo cui l’impossibilità della notificazione al domicilio dichiarato o eletto, che ne legittima l’esecuzione presso il difensore secondo la procedura prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è integrata anche dalla temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o dalla non agevole individuazione dello specifico luogo, non occorrendo alcuna indagine che attesti l’irreperibilità dell’imputato, doverosa invece qualora non sia stato possibile eseguire la notificazione nei modi previsti dall’art. 157 cod. proc. pen. (cfr. Sez. U, n. 58120 del 22/06/2017, Rv. 271772).

Ai fini dell’integrazione del presupposto dell’impossibilità della notificazione nel domicilio eletto o dichiarato, legittimante la notificazione sostitutiva al difensore ai sensi dell’art. 161, co. 4, c.p.p., sono, dunque, sufficienti anche solo la temporanea assenza dell’imputato al momento dell’accesso dell’ufficiale notificatore o la non agevole individuazione dello specifico luogo (cfr. Sez. 1, sentenza n. 23880 del 05/05/2021, Rv. 281419).

In questo solco interpretativo si colloca un interessante arresto della Quinta Sezione, che fa discendere l’insufficienza della dichiarazione o dell’elezione di domicilio, legittimante la notificazione mediante consegna al difensore a norma dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., dall’imprecisione della manifestazione di volontà dell’imputato, il quale, nello scegliere l’indirizzo dove ricevere le notificazioni degli atti processuali, aveva indicato la strada, ma non il relativo quartiere, con riferimento a una stessa città, in cui, in due zone diverse, vi erano due strade omonime (cfr. Sez. 5, n. 50166 del 30/09/2019, Rv. 278044).

Il sistema delineato dalle Sezioni unite trova, infine, la sua chiusura nella sentenza n. 14573 del 25/11/2021, Rv. 282848, secondo cui la mancata notifica a mezzo posta per irreperibilità del destinatario nel domicilio dichiarato, eletto o determinato per legge, attestata dall’addetto al servizio postale, comporta, a norma dell’art. 170 cod. proc. pen., senza necessità di ulteriori adempimenti, la consegna dell’atto al difensore ex art.161, comma 4, cod. proc. pen., salvo che l’imputato, per caso fortuito o forza maggiore, non sia stato nella condizione di comunicare il mutamento del luogo dichiarato od eletto, dovendosi, in tal caso, applicare le disposizioni degli artt. 157 e 159 cod. proc. pen.

Orbene, ad una prima lettura da svolgere alla luce degli esposti principi, non appare contestabile che, nel caso in esame, sembrerebbero sussistere i presupposti per la notificazione da eseguire ai sensi dell’art. 161, co. 4, cod. proc. pen., a mani del difensore del ricorrente, in considerazione dell’evidente impossibilità di procedere alla notificazione degli atti processuali presso il domicilio eletto dall’imputato nel verbale di identificazione del 12.1.2019, evidenziata, sia dai reiterati fallimenti dei tentativi di notificazione presso tale luogo operati dagli agenti notificatori a ciò incaricati, che si erano reiteratamente recati inutilmente presso l’indirizzo indicato dal ricorrente medesimo, sia dalla sua condotta.

Come si è visto, infatti, a costui era stata notificata, a mezzo della polizia giudiziaria, il 2 giugno 2020, a mani proprie, la citata ordinanza di rinvio dell’udienza preliminare al diverso indirizzo di N., contrada V., s.n., circostanza che rafforza la valutazione operata dai giudici di merito sull’originaria imprecisione del ricorrente nella generica indicazione della contrada del comune di N. dove avrebbe potuto essere rintracciato ai fini della notificazione degli atti processuali, imprecisione che, a tutto voler concedere, ha reso non agevole l’individuazione dello specifico luogo dove eseguire le notificazioni, ovvero dimostra la violazione dell’onere su di lui incombente, ai sensi dell’art. 163, co. 1, cod. proc. pen., nella formulazione antecedente alla riforma legislativa intervenuta nel 2022, “di comunicare ogni mutamento del domicilio dichiarato o eletto”, pena l’esecuzione delle notificazioni mediante consegna al difensore dell’imputato.

Se ciò è vero, è altrettanto vero, tuttavia, che da tempo nella giurisprudenza di legittimità si è affermato il principio, più volte ribadito, secondo cui, in caso di impossibilità della notificazione al domicilio eletto non può procedersi alla notifica mediante consegna di copia al difensore se, contestualmente all’elezione, l’imputato ha dichiarato anche la propria residenza (cfr. Sez. 5, n. 5522 del 30/10/2008; Sez. 6, n. 36416 del 09/07/2015, Rv. 264611), come avvenuto nel caso in esame, in cui il ricorrente, contestualmente all’elezione di domicilio, aveva dichiarato la propria residenza in N. alla via P., n. x, con indicazione sufficientemente specifica.

Come è stato osservato, già con la sentenza n. 41280 del 17 ottobre 2006, Rv. 234905, le Sezioni unite avevano negato la prevalenza dell’elezione di domicilio sulla dichiarazione di residenza o dimora, osservando che l’una e l’altra hanno pari rango e che l’imputato ha diritto di scelta tra le due alternative, inverando entrambe ipotesi di manifestazione di volontà finalizzate alla produzione di precisi effetti giuridici, di modo che se è inequivoca la direzione della volontà, la manifestazione effettuata per ultima è quella che identifica il criterio di scelta delle modalità delle notificazioni, principio sostanzialmente ribadito e puntualizzato dalle stesse Sezioni unite con la sentenza n. 19602 del 27 marzo 2008, Micciullo.

Dalla sostanziale equiparazione dell’elezione di domicilio alla dichiarazione di domicilio deve trarsi l’implicazione che venuta meno l’utilizzabilità del domicilio eletto, resta la validità ed efficacia della dichiarazione di residenza, ove devono essere effettuate le notificazioni. Ne consegue che nel caso di specie, rivelatasi inutilizzabile l’elezione di domicilio per inidoneità della stessa, doveva tenersi comunque conto della dichiarazione di residenza, che ha mantenuto integra la sua validità proprio perché resa contemporaneamente all’elezione di domicilio, di modo che la notificazione degli atti processuali, a partire dall’avviso di conclusione delle indagini, ex art. 415 bis, cod. proc. pen., avrebbe dovuto essere tentata presso il luogo di residenza dichiarato dal ricorrente vale a dire in N., alla via P., n. xxx, prima di procedere alla notificazione ex art. 161, co. 4, cod. proc. pen., a mani del difensore di ufficio, ma a tanto non si è provveduto.

Più recentemente, in altri condivisibili arresti, si è, inoltre, ribadito un principio già affermato in passato dalla giurisprudenza di legittimità, (cfr. Sez. 4, n. 41998 del 20/09/2016, Rv. 268040; Sez. 2, n. 45565 del 21/10/2009, Rv. 245629; Sez. 2, n. 25671 del 19/05/2009, Rv. 244167), ma con orientamento non dominante, alla luce del quale, in tema di notificazioni, la disposizione di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., che consente la notifica degli atti mediante consegna al difensore, trova un temperamento, nella sua rigida applicazione, quando si abbia “aliunde” notizia precisa del luogo in cui il destinatario abbia trasferito la sua residenza o dimora, perché in tal caso la notifica deve essere effettuata – a pena di nullità assoluta e insanabile – in tale luogo, in modo da assicurare l’effettiva e non meramente presunta conoscenza dell’atto (cfr. Sez. 6, n. 46788 del 18/10/2023, Rv. 285565; Sez. 6, n. 46371 del 19/10/2023, Rv. 285480).

Si tratta di un orientamento, che riacquista centralità nel mutato “spirito dei tempi”, che, come si è detto, privilegia l’effettiva conoscenza del processo da parte dell’imputato, rispetto alla rigida applicazione di meccanismi presuntivi.

Anche sotto questo profilo, pertanto, l’utilizzazione della notifica “mediata” degli anzidetti atti processuali al difensore di ufficio del ricorrente non era consentita, integrando una nullità assoluta e insanabile, posto che, da un lato, con riferimento all’avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis, cod. proc. pen., alla richiesta di rinvio a giudizio, all’avviso di fissazione dell’udienza preliminare, sin dall’elezione di domicilio era noto anche il luogo di residenza dell’imputato; dall’altro, quanto meno in relazione al decreto che dispone il giudizio, era noto il (nuovo) luogo di residenza del ricorrente, sito in N., alla contrada V., s.n.

Né l’avvenuta notifica in tale luogo della più volte richiamata ordinanza di rinvio emessa in sede di udienza preliminare dal giudice per le indagini preliminari, può essere utilizzata come argomento per sostenere che il ricorrente avesse conseguito una conoscenza, anche solo indiretta, del processo a suo carico, con conseguente esclusione di ogni pregiudizio per il suo diritto di difesa.

Costante, infatti, appare l’orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità, in tema di rescissione del giudicato, con cui è stato affermato il principio, dotato di portata generale, secondo cui l’effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all’accusa contenuta in un provvedimento formale di “vocatio in iudicium”, sicché non può desumersi dalla mera dichiarazione o elezione di domicilio operata nella fase delle indagini preliminari, quando ad essa non sia seguita la notifica dell’atto introduttivo del giudizio in detto luogo, ancorché a mano di soggetto diverso dal destinatario, ma comunque legittimato a ricevere l’atto.

In motivazione la Corte ha precisato che, nel caso di sopravvenuta impossibilità di notifica al domicilio eletto o dichiarato, la notifica della “vocatio in iudicium”, effettuata ai sensi dell’art.161, comma 4, cod. proc. pen., in particolare presso il difensore d’ufficio, in quanto eseguita in luogo diverso dal domicilio indicato, non consente di ritenere la sicura conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, (cfr. Sez. 6, n. 21997 del 18/06/2020, Rv. 279680; Sez. 1, n. 47373 del 12/11/2024, Rv. 287291).

Ribadito, pertanto, che il ricorrente non ha avuto conoscenza alcuna, neppure indiretta, del processo di primo grado, è agevole rilevare che l’illegittimità della procedura seguita per le notificazioni ha comportato l’assoluto pregiudizio del diritto di difesa dell’imputato, il che vizia irrimediabilmente la celebrazione dell’udienza preliminare, il decreto che dispone il giudizio e gli atti conseguenti, vizio cui consegue la nullità assoluta.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata, in uno con la sentenza del tribunale, con rinvio per nuovo giudizio al tribunale medesimo, ufficio del giudice per l’udienza preliminare.