La nullità “derivata”: quando la forma processuale può evaporare (Riccardo Radi)

La violazione di norma processuale e il pregiudizio al diritto di difesa può essere eluso se non è dimostrato il ““danno” misurabile e non ha aggredito il nucleo della garanzia oggetto di tutela”.

La Cassazione penale sezione 6 con la sentenza numero 24095/2025 ha stabilito che quando una violazione processuale non determina, in concreto, alcun pregiudizio ai diritti di difesa, deve escludersi che, ai sensi dell’art. 185 cod. proc. pen., l’eventuale nullità possa estendersi anche agli atti successivi, in quanto tale effetto si produce solo quando sia stato effettivamente condizionato il compimento degli atti che sono conseguenza necessaria e imprescindibile di quello nullo e non degli atti che si pongono semplicemente in obbligata sequenza temporale con quest’ultimo.

Fatto:

La difesa si doleva che l’imputato non era stato tradotto per ben tre udienze.

Dagli atti emerge che:

a) alle udienze del 10.12.2020, 23.3.2021 e 17.6.2021, in cui l’imputato non compare per non essere stato tradotto, non solo non è stata svolta alcuna attività processuale nei suoi riguardi, ma all’udienza del 23.3.3021 il procuratore speciale del ricorrente chiese di poter definire il processo con il giudizio abbreviato – condizionato alla produzione di determinato documenti- poi formalmente ammesso alla udienza dl 17.6.2021;

b) il processo fu discusso all’udienza del 26.4.2022, cioè in un udienza in relazione alla quale nessuna invalidità fu anche solo prospettata.

Decisione:

La Corte di cassazione ha già chiarito che quando una violazione processuale non determina, in concreto, alcun pregiudizio ai diritti di difesa, deve escludersi che la eventuale nullità possa estendersi anche agli atti successivi, ai sensi dell’art. 185 cod. proc. pen., in quanto tale effetto si produce solo quando sia stato effettivamente condizionato il compimento degli atti che sono conseguenza necessaria ed imprescindibile di quello nullo e non degli atti che si pongono semplicemente in obbligata sequenza temporale con quest’ultimo. (Sez. 6, n. 33261 del 03/06/2016, Lombardo, Rv. 267670 in cui la Corte ha ritenuto che l’omessa pronuncia su una istanza di rinvio dell’udienza per legittimo impedimento del difensore di fiducia non avesse determinato alcuna nullità della udienza non rinviata e di una seguente, atteso che nelle udienze svoltesi senza la presenza del difensore di fiducia non si era svolta alcuna attività processuale, mentre egli aveva, poi, regolarmente preso parte alle successive udienze esercitando appieno il suo ruolo difensivo)”. In tal senso si colloca Sez. 6, n. 33435 del 04/05/2006, Battistella, Rv. 234353, relativa alla mancata partecipazione dell’imputato ad alcune udienze; nell’occasione la Suprema Corte ha chiarito che «non può sottacersi che lo stesso sistema legittima una lettura non rigorosamente formalistica degli effetti connessi ad un atto processuale nullo, che in concreto non ha dato luogo ad un “danno” misurabile e non ha aggredito il nucleo della garanzia oggetto di tutela, ove si considerino la prevista categoria concettuale della sanatoria per “conseguimento dello scopo”, il richiesto interesse – concreto ed attuale – a fare valere la nullità e gli effetti diffusivi o no di questa.

È vero che le forme processuali sono un valore, ma lo sono in quanto funzionali alla celebrazione di un giusto processo, i cui principi non vengono certamente compromessi da una nullità in sé “irrilevante” o inidonea a riverberarsi sulla validità degli atti processuali successivi».

La sentenza, con specifico riferimento alla vicenda giuridica della “nullità derivata”, spiegò che «i confini di tale fenomeno vanno ovviamente individuati alla luce del significato da attribuire all’espressione codicistica di cui al primo comma 185 c.p.p. “atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo”, espressione che indica il limite della diffusione del vizio.

Tale propagazione andrebbe circoscritta, come incisivamente si è affermato, alle “sole sequele dinamiche necessarie”, cioè ai soli casi in cui sia dato rinvenire tra gli atti un collegamento giuridico-funzionale assolutamente indefettibile, nel senso che l’atto nullo deve porsi come condizione necessaria ed imprescindibile per il compimento di quello successivo, che finisce per essere inevitabilmente contaminato dal vizio del primo: deve sussistere, cioè, un nesso di dipendenza reale ed effettiva tra gli atti, rimanendo ininfluenti quei vincoli di carattere meramente cronologico ed occasionale».

Nel caso in esame, da una parte, il processo è stato discusso e deciso in una udienza valida e, dall’altra, con riguardo alle udienze in cui si sarebbe verificata la nullità, nessun attività fu svolta nei riguardi dell’imputato ad eccezione della richiesta ed ammissione, negli stessi termini prospettati dal ricorrente, dell’invocato rito alternativo.

Ne consegue che non è obiettivamente chiaro quale sarebbe in concreto il pregiudizio subito, quale la prerogativa difensiva violata, quale in concreto il diritto leso.

In tema di pregiudizio effettivo, della serie quando il giudice si fa legislatore, segnalo il pregevole approfondimento del dott. Vincenzo Giglio: https://terzultimafermata.blog/2024/02/02/la-teoria-del-pregiudizio-effettivo-quando-il-giudice-si-fa-legislatore-di-vincenzo-giglio/