Riforma della sentenza assolutoria e rinnovazione della prova dichiarativa dell’esame dell’imputato (Riccardo Radi)

La Cassazione penale sezione 5 con la sentenza numero 24587/2025 ha ricordato che, in tema di rinnovazione della prova dichiarativa, la necessità di assumere l’esame dell’imputato, in caso di riforma della sentenza assolutoria, rientra in quella, più generale, di rinnovazione della prova dichiarativa ritenuta decisiva, sicché la stessa sussiste ove, nel corso del giudizio di primo grado, l’imputato abbia reso dichiarazioni «in causa propria» e la valutazione probatoria da parte dei giudici dei due gradi di merito si basi sul significato di tali dichiarazioni o sul diverso apprezzamento della loro attendibilità (Sez. 3, n. 16131 del 20/12/2022, dep. 2023, B., Rv. 284493 – 02, che ha precisato che la riferibilità dell’obbligo di rinnovazione dibattimentale anche a tali dichiarazioni si desume dal testo dell’art. 603, comma 3-bis, cod. proc. pen., essendo il sintagma “prove dichiarative” riferibile a tutte le prove provenienti da dichiaranti, senza distinzioni o limitazioni di sorta; Sez. 5, n. 47794 del 11/11/2022, Salih, Rv. 283981 – 01; vedi anche Sez. 6, n. 27163 del 05/05/2022, Burigo, Rv. 283631 – 01, secondo la quale non sussiste un obbligo di procedere all’esame dell’imputato in appello esclusivamente in ragione della riforma di sentenza assolutoria in decisione di condanna, quando nel corso del giudizio di primo grado non siano state assunte o comunque valutate le dichiarazioni rese dal medesimo).

Il Tribunale, all’esito del giudizio celebrato nelle forme ordinarie, ha prosciolto l’odierno ricorrente ritenendo credibili le dichiarazioni dallo stesso rese nel corso del suo esame dibattimentale, avendo il S. affermato che egli aveva in buona fede attestato di non avere riportato condanne o sentenze di applicazione di pena passate in giudicato per reati che influissero sulla sua affidabilità morale e professionale, poiché i reati per i quali era stato condannato non erano particolarmente gravi e risalivano all’inizio degli anni ’90, cosicché dovevano ritenersi irrilevanti.

Il Tribunale, sulla base di tali dichiarazioni, ha ritenuto insussistente il dolo.

La Corte di appello ha invece riformato la sentenza di primo grado affermando la penale responsabilità dell’imputato, sostenendo che le condanne per furto e ricettazione da lui patite e la sua sottoposizione alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza erano elementi che contrastavano nettamente con la sua buona fede.

Ritenendo, quindi, non credibili le sue affermazioni, è pervenuta ad un ribaltamento della decisione di primo grado.

In applicazione del principio sopra esposto, ai sensi dell’art. 603, comma 3 bis, cod. proc. pen., la Corte di appello, per pronunciare condanna, era tenuta alla previa rinnovazione delle prove dichiarative che essa aveva ritenuto di dover diversamente valutare e quindi alla rinnovazione dell’esame dell’imputato, che è stata invece omessa.