La riprova che i social sono uno strumento da usare con cura, commenti e immagini postati su Facebook “a cui i giudici di merito, hanno conferito valore confessorio” per dimostrare la sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 8259 depositata il 28 febbraio 2025 ha confermato la condanna a carico di una coppia per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte (articolo 11 del dlgs 74 del 10 marzo 2000), la sentenza di condanna è basata anche sulle prove tratte dai social ove emerge che la separazione e il successivo divorzio erano simulati per sfuggire al fisco.
Nelle ventisei pagine di motivazione, nel soffermarsi sulla natura fraudolenta della separazione e del successivo divorzio per sottrarsi al pagamento delle imposte la Suprema Corte rileva la circostanza che il ricorso per la separazione tra gli imputati sia stato iscritto a ruolo dopo poco più di un mese dopo la notifica dell’avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Inoltre, anche la lunga “serie di immagini e commenti inseriti dall’imputato nella propria pagina Facebook – puntualmente elencati nella sentenza di primo grado – a cui i giudici di merito hanno conferito valore confessorio.
Tra di essi particolarmente significativi sono stati correttamente ritenuti sia il post pubblicato dal ricorrente in data …, allorquando dopo aver definito “ex moglie” la A.P., ha precisato nei commenti che si trattasse ancora della sua compagna, sia quelli attestanti viaggi comuni a Parigi, a Venezia ed in Romania, nonché il costante mantenimento di comuni relazioni amicali…”.
Della serie occhio ai social !
