Sequestro preventivo finalizzato alla confisca facoltativa: requisiti specifici per il sequestro di una somma di denaro (Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 36223/2024, udienza del 28 giugno 2024, si è soffermata sul nesso di pertinenzialità tra reato e vantaggio economico richiesto ai fini del sequestro preventivo di una somma di denaro finalizzato alla confisca facoltativa prevista dall’art. 240, comma 2, cod. pen.

Il sequestro preventivo in rilievo nel presente caso è quello disposto ai sensi dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen., a mente del quale «il giudice può altresì disporre il sequestro delle cose di cui è consentita la confisca».

Si tratta, dunque, della tipologia di sequestro funzionale a impedire, in via cautelativa, la dispersione di beni che potranno o dovranno essere oggetto di confisca. Invero, la locuzione «cose di cui è consentita la confisca» rimanda a tutti i casi in cui un bene sia confiscabile, attraverso una qualunque forma di ablazione, obbligatoria o facoltativa. In tale ambito si inseriscono, a norma dell’art. 240 cod. pen., la confisca obbligatoria, prevista dal secondo comma, che ha ad oggetto il prezzo del reato e le cose intrinsecamente pericolose; e la confisca facoltativa, disciplinata dal secondo comma, che riguarda, invece, il prodotto o il profitto del reato ovvero le cose che servirono o furono destinate alla sua commissione.

Nel caso esaminato, dunque, la misura reale è stata disposta ai sensi del combinato disposto dell’art. 321, comma 2, cod. proc. pen. e dell’art. 240, comma primo, cod. pen.

L’art. 240, primo comma, cod. pen., infatti, prevede che «nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose che ne sono il prodotto o il profitto», nozione quest’ultima che rimanda «al vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell’illecito» (Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, Rv. 264436 – 01; Sez. U, n. 9149 del 3/07/1996, Chabni, Rv. 205707 – 01).

Consegue alla indicata nozione che tra il vantaggio economico e il reato deve esservi un rapporto di stretta derivazione causale: è il cd. nesso di pertinenzialità, che, peraltro, l’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale configura non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato fu commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche rispetto a quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa (Sez. 2, n. 28306 del 16/04/2019, Rv. 276660 – 01; Sez. 5, n. 26444 del 28/05/2014, Rv. 259850 – 01), come il risultato della trasformazione del prodotto o del profitto del reato (ex multis Sez. 2, n. 30049 del 11/06/2014, Rv. 260051 – 01; Sez. 2 n. 4587 del 18/10/1999, Rv. 216291 – 01), esso costituire anche il frutto del loro utilizzo.

Il nesso di pertinenzialità, nondimeno, si atteggia in termini affatto peculiari nei casi in cui il vantaggio economico consista in una somma di denaro che sia stata acquisita alla sfera giuridico-patrimoniale dell’agente.

In ipotesi siffatte, invero, le Sezioni unite hanno evidenziato come tale ingresso determini una automatica commixtio nummorum con la conseguente perdita di autonoma identificabilità degli elementi monetari: fenomeno di confusione che attrae tutte le componenti liquide nel patrimonio, sia che si tratti di denaro provento di reato, sia che si tratti di asset monetari di origine lecita.

Ne consegue, per un verso, che la confisca del provento di un reato, incidendo non su una somma materialmente considerata, ma sul suo valore monetario, deve essere sempre considerata «diretta» e non realizzata in forma per equivalente (per questa ricostruzione v. già Sez. U, n. 31617 del 26/06/2015, Lucci, in motivazione); e, per altro verso, che avendo il sequestro preventivo di una somma di danaro una finalità ripristinatoria e non afflittivo-sanzionatoria, l’ablazione deve avere ad oggetto «solo l’effettivo accrescimento monetario direttamente prodotto nel patrimonio» dell’agente «dal dimostrato conseguimento da parte sua del prezzo o profitto del reato consistente in una somma di denaro», al quale consegue un fenomeno di «confusione», nel patrimonio dell’imputato, delle somme di danaro costituenti il prezzo o profitto del reato: somme che rappresentano una provvista illecita cui egli può attingere senza intaccare il denaro di provenienza lecita che entra nel suo patrimonio (così Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, Coppola, in motivazione).

Dunque, nel caso in cui la misura ablativa abbia ad oggetto del denaro, il nesso di pertinenzialità con il reato, rectius «il nesso eziologico di diretta provenienza, che lega al reato la somma acquisita dall’autore» e che le stesse Sezioni unite precisano sia «lungi dal venir meno» (cfr. Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021), deve essere inteso nel senso che dalla commissione del reato deve essere conseguito un incremento economico della sfera patrimoniale dell’agente quantificato dal punto di vista monetario, fermo restando che tale nesso non presuppone, tuttavia, la «fisica identità della somma confiscata rispetto al provento del reato» («il gruzzolo fisicamente inteso»); con la conseguenza che l’oggetto del sequestro consisterà in una somma corrispondente a quell’accrescimento monetario, il quale, hanno anche precisato le Sezioni unite, «sia ancora rinvenibile, nella stessa forma monetaria, nel (…) patrimonio» dell’agente.

Pertanto, «l’occultamento o il consumo eventuali del pretium delicti, ovvero la sua sostituzione con altro numerario – anche di origine lecita – avrebbero ad oggetto un valore monetario già confluito nel patrimonio del reo e divenuto perciò, al pari degli altri dello stesso tipo ivi rinvenuti, una sua indistinguibile componente liquida, tutt’ora esistente al momento della confisca», laddove «l’eventuale trasformazione di quella componente monetaria rileverebbe solo in quanto essa abbia comportato, al momento della cautela reale o dell’ablazione, il venir meno nel patrimonio del reo di qualsivoglia attivo dello stesso genere» (così, ancora, Sez. U, n. 42415 del 27/05/2021, Coppola, in motivazione).

Tuttavia, come successivamente chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del denaro costituente profitto di un reato per il quale non è prevista la confisca per equivalente, come avviene proprio per la bancarotta fraudolenta patrimoniale, non può avere ad oggetto denaro che abbia una provenienza lecita certa e che sia stato percepito successivamente all’esecuzione del sequestro o, in caso di mancata adozione della misura cautelare reale, della confisca, qualora, essendo venuto meno nel patrimonio dell’imputato, al momento della cautela reale o dell’ablazione, qualsivoglia attivo dello stesso genere, sia impedita l’automatica confusione nel patrimonio stesso del denaro acquisito lecitamente dopo l’esecuzione della misura cautelare o di quella ablativa (Sez. 5, n. 31186 del 27/06/2023, Rv. 285072 – 01).