Premessa
Come molti ricorderanno, nello scorso mese di agosto sono arrivate all’attenzione dei mass-media alcune affermazioni decisamente critiche verso la magistratura contenute nell’ultima edizione del Manuale di diritto privato del Prof. Francesco Gazzoni.
Sono seguite plurime e aspre contestazioni nei confronti del cattedratico: genericità, qualunquismo, sessismo, accodamento ai più triti luoghi comuni del fronte anti-magistratura, assenza di scientificità ed altro ancora.
La magistratura associata si è inserita nel dibattito, esprimendo sconcerto e indignazione, e lo stesso hanno fatto suoi esponenti di vertice con toni ancora più accesi e polemici, arrivando a declassare il manuale incriminato ad una sorta di Bignami.
L’accusatore è divenuto così fin da subito accusato ed ha affidato la sua difesa ad uno scritto assai articolato, titolato “Per fatto personale“, pubblicato il 29 agosto 2024 sulla rivista Persona e Danno (a questo link per la consultazione).
Come c’era da aspettarsi, il fatto personale è diventato rapidamente un fatto pubblico e la difesa si è altrettanto rapidamente trasformata in un rinnovato j’accuse.
Il rilancio del Prof. Gazzoni non era fatto per rimanere inosservato e in effetti non lo è stato.
Il dibattito sulle sue opinioni si è adesso arricchito di una nuova voce: quella del Dr. Francesco Lupia, magistrato ordinario in servizio presso il Tribunale di Tivoli, il quale ci ha segnalato, e lo ringraziamo di questo, due suoi scritti, anch’essi pubblicati su Persona e Danno.
Il primo, Replica alla replica del professor Francesco Gazzoni, risale all’1° settembre 2024 (a questo link per la consultazione).
Il secondo, Replica alla replica di Francesco Gazzoni – supplemento, è stato pubblicato il 6 settembre 2024(consultabile a questo link).
In mezzo, come già la titolatura fa comprendere, c’è stata un’ulteriore puntualizzazione del Prof. Gazzoni, Per fatto personale – supplemento, pubblicata il 3 settembre 2024 (consultabile a questo link).
Le opinioni di Francesco Lupia
Se anche si ignorasse la qualifica magistratuale del Dr. Lupia, la si potrebbe comunque intuire in base alla struttura del suo primo scritto.
È concepito infatti in massima parte come un tipico provvedimento giudiziario: prima l’esposizione analitica del fatto – è il fatto è ovviamente costituito dalle tesi del Prof. Gazzoni, poi il giudizio, altrettanto analitico, dell’Autore sul fatto.
E tuttavia, a conferma dell’ineliminabile umanità del giudice e del giudizio, l’Autore – come certo non farebbe in una sentenza – si concede un preambolo che lascia ben poco spazio al dubbio sulla stima che ha del Gazzoni-pensiero.
Eccolo: “Il professore si difende con uno scritto articolato, composto da una miscellanea di argomentazioni, di cui alcune di sapore vagamente retorico ed altre di natura asseritamente scientifica. Personalmente ho trovato piuttosto divertente il tentativo di difendere l’indifendibile“.
Segue, come detto, la parte analitica che consiglio di leggere integralmente, attingendo alla fonte originaria.
Mi limito pertanto a poche osservazioni, tutte di natura generale.
La prima: la capillarità delle confutazioni di Lupia, che non risparmiano alcuno degli argomenti gazzoniani, compresa la tesi di un complotto a suo danno che dovrebbe servire a metterlo all’indice e destinarlo all’oblio in una moderna riedizione della damnatio memoriae, sembra confermare una precisa sensazione: che quegli argomenti abbiano infastidito parecchio non solo la magistratura come corpo collettivo ma anche molti suoi singoli componenti e, ciò che forse più conta, siano sembrati in grado di attecchire, quantomeno tra gli strati più influenzabili da slogan di facile presa.
Come se, in altre parole, si fossero avvertiti un pericolo e la necessità di intervenire per eliminarlo o almeno minimizzarlo.
La seconda è che l’Autore abbia voluto smontare metodicamente i segmenti del complessivo ragionamento di Gazzoni che sembrano sminuire lo status magistratuale: si è prodigato di conseguenza nella sottolineatura della difficoltà e dell’estrema selettività del concorso per l’accesso alla magistratura, così da dimostrare che non vi si entra per caso e che da quella porta non passano, per usare un’espressione oggi assai in voga, gli “scappati di casa”.
La terza: l’Autore ha reagito con forza, per certi versi anche con sarcasmo, alle contestazioni di Gazzoni sulla propensione creativa, così spiccata da diventare eversiva, della giurisprudenza contemporanea.
Anche per questo aspetto – non occorre sottolinearlo – vengono in rilievo l’in sé del potere giudiziario, la sua conformazione contemporanea, la sua funzione istituzionale, la sua relazione con gli altri poteri fondamentali dello Stato, lo spazio che ha conquistato nella cosiddetta Costituzione materiale.
Non è dunque un caso che Lupia abbia attribuito speciale importanza a questo argomento, destinandogli certamente più spazio di quello riservato alla querelle sui magistrati “psicolabili”.
Gli ulteriori “fatti personali” e le corrispondenti repliche
Invito i lettori a leggere integralmente anche queste successive tappe del dibattito.
Non ritengo di aggiungere alcun commento, non foss’altro perché gli argomenti del contendere non cambiano e rimane immutata la parte essenziale delle tesi dei due Autori.
Poche note conclusive
Terzultima Fermata ha fin dalla sua nascita seguito con attenzione ed interesse la condizione della magistratura, i suoi movimenti interni, la sua rappresentanza associativa, il suo autogoverno, i suoi rapporti con gli altri poteri dello Stato.
Lo ha fatto nella convinzione che chi voglia “abitare” il diritto, piuttosto che limitarsi all’osservazione degli atti normativi che lo istituiscono e degli atti giurisdizionali che ne definiscono il significato e l’ambito applicativo, è tenuto aggiuntivamente a conoscere i produttori di tali atti e il modo in cui “si pensano”, esternano e agiscono.
A questa propensione è seguito non di rado un atteggiamento critico, ogni qualvolta norme, interpretazioni e prassi applicative sembrassero allontanarsi dall’uomo piuttosto che comprenderlo.
Lo stesso è stato fatto quando è sembrato, sempre e solo su basi rigorosamente documentali, che l’ordine giudiziario o suoi singoli membri indulgessero in abitudini corporative o si considerassero abusivamente titolari di un’investitura etica o di una legittimazione politica che non gli appartengono o agissero come entità sottratte funzionalmente ad ogni critica.
Le tesi del Prof. Gazzoni e le reazioni che ad esse sono seguite ci sembrano, ovviamente con le dovute eccezioni, riproduttive di alcune delle abituali negatività di ogni dibattito che ruoti attorno alla magistratura.
Critiche indifferenziate che hanno il torto di porre nel nulla le mille anime che abitano nella magistratura contemporanea.
Critiche non adeguatamente argomentate che precludono la possibilità di un dibattito tarato su realtà e solida sostanza.
Ma anche reazioni chiuse a ogni dissenso che contribuiscono a propagandare l’idea di una magistratura sorda e cieca agli effetti delle proprie attività e indisponibile ad ammettere qualsiasi colpa.
Anche dileggio e biasimo per chi esprima quel dissenso.
Anche ostilità manifesta, talvolta palesemente di posizione più che di merito, ad ogni progetto riformatore dello status quo.
La magistratura, la cui autorevolezza e la cui autonomia devono stare a cuore ad ogni cittadino, non è comunque nata per essere un corpo autoreferenziale e non deve mai dimenticare che la giustizia appartiene al popolo di cui è soltanto la delegata.
Grazie dunque a chiunque accetti di partire da questi presupposti, con la convinzione che il Dr. Lupia sia tra costoro.
