Contraddizioni e dubbi di incostituzionalità dell’art. 73 comma 5, DPR 309/90, versione post-Caivano: sì al proscioglimento per particolare tenuità del fatto anche nella forma aggravata, no all’accesso alla messa alla prova anche nella forma non aggravata (di Francesco Buonomini)

Un’interessante e recentissima sentenza depositata il 31 maggio 2024 del Tribunale di Parma in composizione collegiale (allegata alla fine del post in versione anonimizzata), ha sancito un principio di diritto destinato a fare giurisprudenza ed evidenziato una palese irragionevole contraddizione insita nel nuovo articolo 73, comma 5, DPR 309/90 come modificato dal cd Decreto Caivano (DECRETO-LEGGE 15 settembre 2023, n. 123) convertito con modificazioni dalla L. 13 novembre 2023, n. 159.

Ma andiamo per ordine.

Il caso all’esame del collegio parmense riguardava un imputato accusato di aver ceduto una dose di hashish ad un minore infratredicenne.

Accertata la sussistenza del reato previsto e punito dall’art. 73, 5 comma, DPR 309/90, il Tribunale di Parma ha ritenuto che, nonostante la presenza dell’aggravante prevista dall’art. 80 del suddetto DPR 309/90 sussistessero i presupposti per l’applicazione, nel caso di specie, della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. per l’ipotesi di particolare tenuità del fatto così come richiesto dalla difesa.

Il ragionamento condotto dal difensore Michele Cammarata, presidente della Camera penale di Parma, che ci ha gentilmente inoltrato la sentenza in oggetto, e fatto proprio dal collegio, parte dal presupposto che la pena detentiva prevista per la fattispecie contestata è, nel minimo, inferiore al limite di anni due che l’art. 131-bis c.p.p., nella nuova formulazione introdotta dalla cd Legge Cartabia che ha soppresso il limite edittale massimo, pone quale condizione per l’applicabilità della causa di non punibilità ivi prevista.

Il rispetto del limite edittale previsto dalla norma e, soprattutto, l’assenza di espressi divieti di applicazione in caso di contestazione dell’art. 80 DPR 309/90 ovvero di altre circostanze aggravanti anche ad effetto speciale, permette, secondo questa condivisibile interpretazione, l’applicazione della causa di non punibilità de qua anche nel caso in questione.

La portata innovativa della pronuncia del giudice del merito risiede da un lato, nel fatto che anticipa la Corte di Cassazione che non risulta aver mai affrontato la questione e, dall’altro, nella constatazione che la concedibilità della particolare tenuità ex art. 131-bis c.p. pur in presenza di un’aggravante della portata di quella prevista dall’art. 80 DPR 309/90 stride con la circostanza che, come noto, anche l’ipotesi semplice dell’art. 73, comma 5, del suddetto DPR, è ostativa alla concessione della sospensione del processo con la MAP.

La contraddizione consegue al c.d. Decreto Caivano che all’art. 4 comma 3 ha modificato la pena prevista dall’art. 73, 5 comma, DPR 309/90 innalzandola ad anni 5.

Ne è derivato, quindi, per i reati di spaccio di lieve entità commessi dopo il 16 settembre 2023, (data di entrata in vigore della norma) il divieto di applicabilità della sospensione del procedimento con messa alla prova dell’imputato disciplinata dall’art. 168-bis c.p. che, come noto, stabilisce il limite edittale massimo di anni 4 di reclusione.

Si appalesa, quindi, l’irragionevole situazione in base alla quale un imputato del reato p. e p. dall’art. 73, comma 5, DPR 309/90 pur aggravato dall’art. 80 del medesimo DPR e, quindi, potenzialmente con una pena irrogabile da 9 mesi a 7 anni e 6 mesi, può essere prosciolto ex art. 131-bis c.p. per particolare tenuità del fatto, mentre, ad un imputato dello stesso reato, anche non aggravato, è precluso l’accesso alla messa alla prova.

In conclusione, si appalesa contrario al principio di razionalità di cui all’articolo 3 della Costituzione – che implica l’esigenza di conformità dell’ordinamento a valori di giustizia e di equità – l’art. 73, comma 5, DPR 309/90, nella nuova formulazione, che innalzando la pena prevista per il piccolo spaccio, da un lato, impedisce aprioristicamente all’imputato di un fatto anche non aggravato il conseguimento della declaratoria di estinzione del reato per superamento della messa alla prova ex art. 168-ter c.p. mentre, dall’altro, consente che il medesimo imputato, anche per un fatto aggravato, possa beneficiare della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto ex art. 131- bis c.p.

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