L’avvocato invincibile: una verità improbabile (di Andrea Pedicone)

Qualche giorno fa, scorrendo la home di FB, mi sono imbattuto in un post e nel conseguente articolo di Riccardo (ci conosciamo e frequentiamo dal lontano 1995…non riesco a chiamarlo avvocato Radi). Mi riferisco, in particolare, alla narrazione di un incontro tra avvocati in attesa nella sala colloqui del carcere romano di Regina Coeli (consultabile a questo link). L’incontro è divenuto un confronto produttivo, addirittura migliore di tanti corsi e convegni, ed ha stimolato Riccardo (come se ce ne fosse bisogno!!!) nell’organizzare nuove forme di crescita. Ne è scaturita una riflessione.

I social network sono spesso un luogo di autocelebrazione, molto ipocriti, ricchi di complimenti, spesso reciproci. Raffigurano un mondo ideale, dove tutti sono perfetti per autoreferenza. Un luogo in cui i papà pagano puntualmente gli alimenti, non vedono i figli esclusivamente per colpa delle ex mogli, e che mai nella loro vita si sono accompagnati con signorine a pagamento. Le donne sono tutte mamme perfette, tradite e mai traditrici, che con grande dignità vorrebbero rifiutare i soldi del mantenimento, <ma sai mi servono per i ragazzi, e poi lo ha deciso il Giudice, capirai, fosse per me>. I ragazzi, <non perché è mio figlio>, so’ tutti piezz’ ‘e core, bravi, belli, educati e studiosi. Tutti contribuenti fedelissimi, per i quali gli evasori sono sempre gli altri. Nessuno che abbia mai chiesto una raccomandazione. Nessun alcolizzato o drogato, neppure ex. La sincerità è ormai divenuta forma di espressione primitiva ma, soprattutto, è purtroppo diventata il segreto del successo: se sai fingerla, ce l’hai fatta. I social sono un posto dove quelli sbagliati sono sempre gli altri e di cui, naturalmente, fanno parte anche professionisti esemplari, perfetti, super preparati, infallibili, invincibili.

Mi sono quindi chiesto: i condannati ed i soccombenti, da chi sono assistiti? Leggo sempre di fantastiche performance, di assoluzioni e vittorie, e mai di processi o cause andate male, il cui esito è stato diverso da quanto ci si aspettava o sperava. Non c’è un post in cui un avvocato si rammarichi per una svista, un errore, un’incomprensione, una scelta infelice, od anche semplicemente attraverso il quale condivida il suo convincimento, disatteso dal giudice, che ha ritenuto giusto sostenere. Raramente qualcuno chiede consiglio.

Ecco, Riccardo, forse hai trovato la strada giusta per rendere i social un luogo meno perfetto e con meno super eroi. Quattro chiacchiere in un seppur virtuale bar, possono agevolare la condivisione di un errore, di una strategia sbagliata, di un’interpretazione anomala. Condividere i propri successi fa bene a sé stessi ed agli altri, ma ancor di più fa bene condividere gli insuccessi. Gli altri imparano dai nostri errori, e noi ci sentiamo meno soli. Un modo per essere maestri senza fare i professori.

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