Il tribunale è un teatro? (di Riccardo Radi)

Avvocati e attori, principi del foro e comparse calpestano ogni giorno la scena delle aule dei tribunali o dei teatri. 

Rappresentando sempre qualcosa di diverso e mai uguale perché il teatro, come il processo, è quell’evento che si verifica ogni qual volta ci sia una relazione tra almeno un attore o un avvocato o Pubblico Ministero che agisca dal vivo in uno spazio scenico (aula o palcoscenico) e degli spettatori (il giudicante e il pubblico) che dal vivo ne seguano le azioni.

Per dir la verità, alle volte, anche il giudicante può diventare attore e appropriarsi dello spazio scenico. 

Il processo e il teatro sono i luoghi dell’interazione tra chi calca la scena e chi assiste. 

Avete mai riflettuto sul fatto che nel linguaggio giudiziario si usano molti termini teatrali:

L’attore

La comparsa

L’atto

La chiamata (in giudizio o in scena come preferite) 

L’audizione del teste

La scena del delitto

La prova

Il repertorio

La ribalta del dibattimento e qui mi fermo. 

D’altronde nelle sale dei teatri come nelle aule dei tribunali si rappresenta la vita e le sue mille sfaccettature e, per dirla con le parole di Silvio D’Amico, “il teatro come il processo è «la comunione d’un pubblico con uno spettacolo vivente“.

Dove attori, avvocati e giudici non sono “gl’immobili fantocci del Presepio; e nemmeno ombre in movimento. Non sono teatro le pellicole fotografiche che, elaborate una volta per sempre fuor dalla vista del pubblico, e definitivamente affidate a una macchina come quella del Cinema, potranno esser proiettate sopra uno schermo, tutte le volte che si vorrà, sempre identiche, inalterabili e insensibili alla presenza di chi le vedrà. Il Teatro vuole l’attore vivo, e che parla e che agisce scaldandosi al fiato del pubblico; vuole lo spettacolo senza la quarta parete, che ogni volta rinasce, rivive o rimuore fortificato dal consenso, o combattuto dalla ostilità, degli uditori partecipi, e in qualche modo collaboratori“(Silvio D’Amico, Storia del teatro). 

Anche il grande avvocato Luciano Revel scriveva che “Il tribunale è un teatrino, la Giustizia una commedia e io ho interpretato un personaggio a volte drammatico, a volte squallido, sempre brutto“.

Parole senza enfasi che rispecchiano la realtà della scena che ogni giorno viene rappresentata.