L’aiutante dell’avvocato: l’Italia importa la figura del paralegal dagli USA (di Antonio Di Santo)

Il corso da paralegal delle Camere Penali del diritto Europeo e Internazionale

Lo scorso 29 maggio è stato presentato a Milano, precisamente nella prestigiosissima via Montenapoleone, il corso di formazione tecnica da paralegal (traduzione, “assistente legale”).

Il corso (ovviamente) a pagamento, organizzato dalle Camere penali del diritto europeo e internazionale, promette di far acquisire, anche a chi non abbia pregresse competenze legali tantomeno una laurea in giurisprudenza, un rilevante titolo professionale con una prospettiva di retribuzione economica molto appetibile e, per i casi più fortunati, una modalità di svolgimento del lavoro completamente da remoto.

Come si legge dalle informazioni diffuse sul sito web del soggetto organizzatore, il corso risulta fondato su un percorso metodologico di apprendimento di nozioni tanto teoriche quanto pratiche per consentire l’acquisizione di un programma articolato in tre moduli: il primo dedicato al diritto penale, il secondo incentrato sul processo civile telematico nonché l’ultimo riguardante i fondamentali principi di contabilità e le soft skills richieste nell’ambito di uno studio legale.

L’importazione dagli USA e l’esempio virtuoso della Svizzera

Ora, senza scendere nel dettaglio della validità o meno dell’offerta formativa proposta sul mercato dove troneggia, a mero titolo esemplificativo, anche l’offerta dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con un percorso triennale, è indubbio come tale “introduzione” – che ha riscosso apprezzabile interesse mediatico – costituisca un tassello molto importante nell’ambito giuridico, per un maggiore riconoscimento di una figura che negli USA (soprattutto nel Nord America) sussiste già da svariati decenni e che qui in Italia è stata spesso oggetto di errata classificazione, pur già sussistendo nella prassi nella sua forma più grezza.

Ad ogni modo, però, non è tutto oro quel che luccica, perché, come già successo, in svariati altri campi, l’Italia si ferma spesso all’importazione dei vari inglesismi, conferendo solo apparenza e senza poi aggiungere alcuna innovazione pratica e reale.

Senza attraversare l’Oceano, può guardarsi anche all’esempio della vicina Svizzera, dove la figura del paralegal ha già ottenuto ampio riconoscimento con tanto di fondazione di un’apposita associazione (la Swiss Paralegal Association). Qui il paralegal si presenta nelle vesti di un vero e proprio professionista il quale, con ampie conoscenze giuridiche, anche in ottica multidisciplinare, affianca l’avvocato redigendo atti giuridici, gestendo, anche sul piano organizzativo, le pratiche nonché i rapporti con i clienti e le autorità nonché svolgendo ricerche forensi molto specifiche, sia cartacee sia tramite l’utilizzo di vastissime banche dati, per le quali è indispensabile detenere un’ottima formazione tanto “scientifica” quanto umanistica.

La deludente realtà italiana

Se, secondo gli organizzatori del corso, nei prossimi anni potrebbero, invero, venirsi a creare decine di migliaia di nuove occasioni lavorative per tale figura, c’è anche un percorso di sensibilizzazione che deve essere affrontato proprio tra la comunità giuridica italiana, soprattutto tra chi può essere definito “della vecchia guardia”, magari poco avvezzo ai mutamenti del tempo.

Attualmente, infatti, i paralegal, ai quali è stato affidato l’utopico compito di migliorare la funzionalità dell’impianto giuridico, sono inquadrati con i CCNL applicati alle segretarie degli studi professionali.

Ebbene, la riduzione, come attualmente sussistente in Italia, del paralegal alla figura della segreteria risulta inammissibile, sia per il know-how precedentemente maturato, con l’acquisizione di un tagliente pensiero critico, sia per le competenze che, almeno sulla carta, dovrebbero essergli affidate, con sbocchi professionali altamente prestigiosi.

Senza nulla togliere all’arduo lavoro svolto dalle segretarie che, molte volte, per i vari tagli al personale (il Covid, purtroppo, ha conferito il colpo di grazia a realtà già piegate da precedenti difficoltà economiche) e l’infinita burocrazia italiana (tanto amministrativa quanto giudiziaria), si ritrovano a tenere le fila di interi studi legali, anche grazie all’ampia esperienza pratica maturata sul campo, proprio per donare maggiore rispetto ed esaltare la figura del paralegal, non può, in alcun modo, accettarsi un simile parallelismo tanto di tutela giuridica quanto retributivo.

Se, nei grandi studi professionali italiani incentrati su un sistema che potrebbe definirsi corporate, il riconoscimento della figura del paralegal è già arrivato, con plurime offerte di lavoro, soprattutto sul territorio milanese (basti guardare, ad esempio, alla realtà di Deloitte), il problema più grande arriva dalle realtà più modeste e contenute per dimensioni, dove, appunto, le risorse economiche ed umane sembrano cozzare con le diverse suddivisioni professionali sussistenti negli studi dei colleghi di grande rinomanza.

Ad eccezione di poche realtà dove il “capitano” dello studio ha ancora quel fuoco per lo svolgimento della professione forense, sussistono diversi contesti, decisamente più confusionari, dove non vi è una vera e propria separazione delle figure che animano il complesso dello studio: praticanti avvocati che svolgono funzioni di segreteria, spesso senza ricevere un rimborso spese o “lezioni” giuridiche per il futuro oppure segretarie che, per la loro esperienza, si ritrovano a svolgere tutte quelle attività di scrittura che costituiscono il back office della professione legale, impedendo alle giovani leve di ricevere un’adeguata formazione per il futuro svolgimento della stessa.

L’indispensabile contributo economico del Governo

Ad avviso di chi scrive, dovrebbe essere proprio il Governo italiano, almeno in un periodo iniziale, ad investire in primis su tale figura, garantendo, per ogni nuova assunzione (il paralegal si differenzia anche sotto questo profilo dalla figura dell’avvocato), uno sgravio contributivo ovvero un contributo economico, a supporto di qualsivoglia studio professionale che decida di intraprendere tale scelta, concorrendo, così, alla diffusione della conoscenza e della rilevanza di tale soggetto nel contesto giuridico. Soprattutto, in un’ottica (forse non troppo) futura, quando l’Intelligenza Artificiale diventerà più di uso quotidiano, la figura del paralegal, magari dotato anche di competenze scientifiche e non solo umanistiche come l’avvocato, risulterà essere ancora più indispensabile per agevolare il lavoro del legale.

Peraltro, come purtroppo accade per tantissimi avvocati (soprattutto i più giovani) che ogni anno decidono di interrompere la professione forense per dedicarsi a percorsi alternativi, più sicuri sul piano remunerativo, di lavoro subordinato (privato o meglio se pubblico), senza un ausilio governativo il rischio è che lo stesso meccanismo possa ripetersi anche per la figura del paralegal, il quale, seppur attratto dal mondo giuridico, decida di stabilirsi in realtà imprenditoriali maggiormente promettenti sul piano economico e stabili per prospettive future di crescita (come le grandi società, commerciali, industriali, bancarie e assicurative dotate di un proprio ufficio legale in-house, svolgendo opera di ricerca, di indagine, di compliance e di gestione di tutta la fase precontenziosa) ovvero di diventare un mercenario, collaborando come freelance e diventando un vero e proprio libero professionista a supporto di chi abbia necessità del suo ausilio sulla singola pratica.

Conclusioni

In via conclusiva, dai vari rilievi sopraesposti, è possibile affermare come il ruolo del paralegal, se correttamente analizzato in tutte le sue sfaccettature e, lo si ripete, non ridotto ad un mero ruolo di operatore segretariale, sia in crescente ascesa, con un potenziale impatto di primaria rilevanza sul livello di efficienza dello svolgimento della professione forense già nel quotidiano e con un forte risparmio di spesa economica soprattutto per le realtà aziendali, operanti anche in settori diversi da quello strettamente legale, non più costrette a rivolgersi ad un avvocato esterno per la risoluzione di questioni giuridiche o precontenziose, con un abbattimento anche delle tempistiche di gestione delle diverse situazioni.

Sarà, ad ogni modo, come sempre il tempo a conferire risposta ai numerosi quesiti sorti in merito all’implementazione nel quotidiano, sul piano pratico, economico e d’inquadramento giuslavoristico, di tale figura nel sistema giuridico, auspicando che non si tramuti in una semplice chimera nel panorama italiano.