La psicologia del giudizio: i risultati di una ricerca condotta su un campione di magistrati e gente comune (di Vincenzo Giglio)

La Scuola superiore della magistratura ha pubblicato di recente il Quaderno n. 32, intitolato Psicologia del giudicare (scaricabile a questo link).

La prima relazione ivi contenuta, Psicologia del ragionamento giudiziario, è stata redatta da Patrizia Catellani, ordinaria di psicologia sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

È un testo prezioso e se ne raccomanda vivamente la lettura integrale.

Qui ci si concentra invece sul singolo paragrafo dedicato alle valutazioni sulla causalità e sulla responsabilità.

Le evidenze ivi contenute sono il frutto di una ricerca, i cui risultati sono stati illustrati in uno studio a firma di P. Catellani, M. Bertolotti, M. Vagni e D. Pajardi, intitolata How expert witnesses’ counterfactuals influence causal and responsibility attributions of mock jurors and expert judges, in Applied Cognitive Psychology, 2021, 35, 3 ss. (scaricabile dal sito della professoressa Catellani, a questo link).

Si evidenziano qui di seguito i punti essenziali della ricerca (tra virgolette i passaggi riportati letteralmente).

Partecipanti alla ricerca

La ricerca è stata condotta su un campione composto da 400 studenti universitari di psicologia e 100 magistrati italiani.

Scenario proposto

È stato desunto da un caso reale il cui protagonista era un medico accusato di negligenza da un paziente.

Metodica

I partecipanti hanno letto una sintetica presentazione del caso, lo hanno valutato nella prospettiva della causalità e della responsabilità, hanno poi letto uno stralcio della relazione del medico legale scelto dal giudice come consulente tecnico e hanno nuovamente valutato causalità e responsabilità.

Sintesi del caso proposta ai partecipanti

S, un libero professionista di 35 anni, si reca dal dottor L, suo medico di base, per un dolore all’addome di intensità mai avuta in passato. Il dottor L lo visita e conclude che potrebbe essere il sintomo iniziale di una colite, una generica infiammazione intestinale.

Prescrive al signor S di restare a riposo per qualche giorno, di segui­re una dieta leggera, e di tornare per un controllo dopo una settimana. Nei giorni seguenti il dolore si attenua e S parte per una vacanza in montagna che aveva programmato da tempo. Dopo due giorni di vacanza accusa di nuovo dolori addominali e si reca al pronto soccorso. Gli esami evidenziano una “peritonite da volvolo intestinale” che richiede un intervento chirurgico d’urgenza. L’ospedale più vicino si trova però a fondo valle e, a causa di una bufera di neve, passano diverse ore prima che il signor S riesca a raggiungerlo per essere operato. Questo comporta una degenza in ospedale di 20 giorni.

S inoltre perde diversi mesi del suo lavoro di rappresentante per l’Ita­lia di una società commerciale e deve interrompere l’attività di arrampicata in roccia, uno sport che ha un ruolo piuttosto importante nella sua vita“.

Quesito posto ai partecipanti dopo la lettura della sintesi

È stato chiesto loro “di valutare in che misura secondo loro il danno subito dal signor S era dovuto rispettivamente: a) alle scelte fatte dal Dottor L; b) alle scelte fatte dal signor S stesso; c) a fatto­ri ulteriori non connessi né al medico né al paziente“.

Gli è stato chiesto inoltre di valutare “quanto sia il medico sia il paziente potessero essere ritenuti responsabili di quanto accaduto“.

Risposte al quesito

Nel caso degli studenti, quindi di persone naïve da un punto di vista giuri­dico, i risultati hanno mostrato una tendenza a individuare nel medico la causa principale dell’evento negativo e, coerentemente, ad attribuire più responsabilità al medico che al paziente per quanto accaduto. Nel caso dei magistrati che parte­cipavano alla ricerca le valutazioni sono state anzitutto in generale più caute, sia rispetto alla causalità sia, in modo ancora più accentuato, rispetto alla responsa­bilità. Inoltre, i magistrati hanno attribuito al medico un ruolo causale minore ri­spetto a quello attribuito al paziente e, di conseguenza, anche una responsabilità minore. Dunque, in questa prima fase dello studio sono già emerse interessanti differenze tra persone comuni e magistrati, con una tendenza di questi ultimi a esprimere valutazioni più caute, soprattutto nei confronti della persona chiamata in giudizio, ossia in questo caso il medico“.

Lettura dello stralcio della relazione del consulente tecnico d’ufficio

È bene premettere che i ricercatori avevano elaborato tre versioni differenti di questo stralcio e a ciascun partecipante veniva fatta leggere una sola di esse, in dipendenza della condizione sperimentale alla quale era stato assegnato. Le si riporta integralmente.

Versione centrata sul medico

Nella sintesi conclusiva della sua ampia relazione, il medico legale scrive che, se il dottor L avesse considerato più attentamente i sintomi, il signor S avrebbe potuto essere operato prima che la situazione si aggravasse. Se il dottor L avesse prescritto semplici esami diagnostici, il signor S avrebbe potu­to evitare l’intervento chirurgico urgente“.

…Versione centrata sul paziente

Nella sintesi conclusiva della sua ampia relazione, il medico legale scrive che, se il signor S avesse seguito le indicazioni del dottor L, avrebbe potu­to essere operato prima che la situazione si aggravasse. Se il signor S fosse rimasto a casa come indicato dal medico, avrebbe potuto evitare l’intervento chirurgico urgente“.

…Versione centrata sui fattori esterni

Nella sintesi conclusiva della sua ampia relazione, il medico legale scrive che, se la località in cui si trovava il signor S avesse avuto un ospedale attrezzato, il signor S avrebbe potuto essere operato prima che la situazione si aggravasse. Se la strada fosse stata praticabile, il signor S avrebbe potuto evitare l’inter­vento chirurgico urgente“.

Obiettivo della ricerca

L’obiettivo di questa parte dello studio era vedere se e quanto i partecipanti, sia quelli naïve sia quelli esperti di diritto, sarebbero stati influen­zati nelle loro ulteriori valutazioni dal parere dell’esperto chiamato in qualità di consulente tecnico“.

Risultati della ricerca

Dai risultati dello studio è emerso che entrambe le categorie di partecipanti sono stati influenzati in modo significativo dal parere del consu­lente tecnico. A seconda della versione del testo da loro letta, tendeva a variare di conseguenza la loro valutazione sul ruolo causale avuto nell’evento rispettiva­mente dal medico, dal paziente e dai fattori esterni. Questo è accaduto appunto sia nel caso degli studenti sia nel caso dei magistrati, che anzi hanno mostrato una tendenza ancora più marcata a uniformarsi al parere del consulente tecnico.

I risultati di questo studio suggeriscono dunque l’esistenza sia di somiglianze sia di differenze nel modo di selezionare cause e attribuzioni di responsabilità da parte di persone naïve nell’ambito del diritto e da parte di magistrati. I magistrati sono apparsi meno inclini a propendere nettamente per una causa o una singola responsabilità per un evento negativo, e meno orientati a centrare la respon­sabilità solo sul medico. Al contempo tuttavia i magistrati, come e ancora più delle persone naïve, sono apparsi orientati a esprimere valutazioni di causalità e responsabilità coerenti con i controfattuali generati da un consulente tecnico“.

Note di commento sui risultati della ricerca

Si comprendono bene a questo punto la preziosità di questa ricerca innovativa e pionieristica e la necessità che ad essa seguano altre tappe del percorso così iniziato.

Cosa si può desumere dalle evidenze del lavoro condotto dai ricercatori?

La prima questione da evidenziare è che la ricerca ha proposto o, meglio, imposto ai partecipanti, il tema della prova scientifica, intendendo per tale la prova che, partendo da un fatto conosciuto, utilizza una legge della scienza per arrivare alla dimostrazione di un fatto da provare.

I partecipanti hanno dovuto pertanto confrontarsi con un thema probandum che richiedeva necessariamente il ricorso a saperi esterni al loro ordinario bagaglio cognitivo.

Questa caratteristica potrebbe spiegare la spiccata dipendenza del loro giudizio da quello del consulente tecnico e l’ulteriore accentuazione di tale dipendenza per la parte magistratuale: i tecnici del diritto sono infatti (quantomeno dovrebbero essere) più consapevoli dei partecipanti cosiddetti naïve della necessità di pronunciarsi sul nesso causale sulla base di sillogismi rigorosi e, dovendo conformarlo alle leggi della scienza, tendono ad uniformarsi al giudizio di chi quella scienza conosce.

Se dunque appare comprensibile e giustificabile l’adesione acritica dei magistrati al parere dell’esperto, ciò non elimina l’inquietudine derivante dalla constatazione che tale adesione convinta si è manifestata rispetto a tre diverse versioni della scienza: il che è come dire che il magistrato si accoda all’esperto qualunque cosa dica e quale che sia la prospettiva che ha privilegiato.

Il portato di questa tendenza è chiaro: se al posto dell’esperimento ci fosse stato un giudizio reale, il suo esito avrebbe potuto variare di molto a seconda delle conclusioni del consulente con buona pace dell’idea che il giudizio in contraddittorio è quanto di meglio ha escogitato l’uomo per avvicinarsi alla verità.

La seconda questione si limita in realtà ad una domanda: che risultati si sarebbero ottenuti se l’esperimento avesse riguardato un caso la cui definizione richiedesse il ricorso a quel complesso di qualità (equilibrio, razionalità, prudenza, capacità di distinguere se non il vero dal falso quantomeno il verosimile dall’inverosimile) che chiamiamo buon senso?

Sia i naïve che i magistrati si sarebbero sentiti più sicuri di sé e avrebbero fatto quindi maggiore o addirittura esclusivo affidamento sulla loro personale percezione che poi avrebbero tradotto in giudizio e giustificata a posteriori, come sempre avviene per qualunque giudizio.

Ma quanti bias, euristiche, pregiudizi, stati d’animo, convinzioni soggettive, credenze, ideologie sarebbero stati alla base dell’esito prescelto?

Non è dato saperlo, non ora almeno, ed è proprio per questo che abbiamo bisogno di molte altre ricerche come quella esposta dalla professoressa Catellani.