La Cassazione, i suoi errori materiali e percettivi e il prezzo da pagare (di Vincenzo Giglio)

Che deve fare un collegio penale della Suprema Corte quando rileva un caso, verificatosi in primo grado, di omessa notifica all’imputato dell’avviso di rinvio fuori udienza, e si accorge altresì che sono già stati oltrepassati i termini massimi di prescrizione?

La risposta – così sembrerebbe – è semplice: annullare senza rinvio sia la sentenza di primo grado che quella d’appello e, posto che c’era stata costituzione di parte civile, revocare anche le relative statuizioni.

Disgraziatamente, ogni tanto il diavolo ci mette la coda ed ecco che nel dispositivo di Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 22486/2024, udienza del 24 aprile 2024, si legge testualmente “Annulla rinvio al giudice civile competente in grado di appello per nuovo giudizio“.

Per fortuna in Cassazione non si dorme e l’errore non sfugge alla vigile attenzione di chi di competenza.

Il collegio si riunisce nuovamente e dà vita a Cassazione penale, Sez. 2^, ordinanza n. 20756/2024, udienza del 23 maggio 2024, la quale rileva che “Per mero errore materiale, costituito dall’errata indicazione nel SIC della relativa casella di compilazione modulo delle formule di annullamento, il dispositivo del ruolo contiene la formula dell’annullamento con rinvio al giudice civile competente in grado di appello per nuovo giudizio. Pertanto, il dispositivo del ruolo va corretto nel senso che dopo la parola “Annulla”, devono essere eliminate tutte le successive parole e deve essere inserita la seguente frase:” senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado revocando le statuizioni civili“.

Giustizia adesso è fatta e nessuno si è fatto male.

Una prima piccola osservazione.

Il diavolo deve aver deciso di prendersela con la seconda sezione penale della Suprema Corte e, al suo interno, in particolare con una sua componente, e lo si comprende dal fatto che furono sempre quella sezione e quella componente le protagoniste di un altro, assolutamente veniale, errore nel dispositivo che definimmo “Lo strano caso del PQM rinforzato in Cassazione” (a questo link per chi volesse leggere anche questa storia).

Una seconda e altrettanto piccola osservazione.

Come si può constatare, la Suprema Corte, in quanto organismo composto da esseri umani, commette errori come tutti gli esseri umani ma con una non trascurabile particolarità: se c’è un prezzo da pagare per gli errori della Cassazione, quel prezzo lo pagano i ricorrenti.

Seguono due casi concreti per chi volesse verificare la fondatezza di questa conclusione.

Il primo è stato intitolato “Sbaglia anche la Cassazione? Sì, e lo sbaglio lo paga solo il ricorrente“.

Il secondo è stato intitolato “L’errore percettivo della Cassazione e il carcere per una persona che non doveva andarci“.

Che dire quindi in conclusione? Che questa volta è andata bene, la prossima chissà.