La motivazione apparente (di Vincenzo Giglio)

Secondo Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 17175/2024, udienza del 26 gennaio 2024, la motivazione apparente e, dunque, inesistente, è ravvisabile quando essa sia del tutto avulsa dalle risultanze processuali o si avvalga di argomentazioni di puro genere o di asserzioni apodittiche o di proposizioni prive di efficacia dimostrativa, cioè, in tutti i casi in cui il ragionamento espresso dal giudice a sostegno della decisione adottata sia soltanto fittizio e perciò, per l’appunto, sostanzialmente inesistente (Sez. 5, n. 9677 del 14/07/2014, dep. 2015, Rv. 263100 – 01; Sez. 3, n. 11292 del 13/02/2002, Rv. 221437 – 01).

In altri termini, «il vizio di motivazione apparente sussiste solo quando il giudice non dia in realtà conto del percorso logico seguito per pervenire alla conclusione che adotta, argomentando per clausole di stile o affermazioni generiche non pertinenti allo specifico caso sottoposto alla sua valutazione» (Sez. 6, n. 31390 del 08/07/2011, Rv. 250686), ossia «allorché la motivazione adottata non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, dep. 1994, Rv. 196361 – 01; cfr. pure Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, Rv. 265244).