Garanzia della presunzione d’innocenza: una storia in gran parte da scrivere (di Vincenzo Giglio)

La genesi

…direttiva (UE) 2016/343

Il 9 marzo 2016 il Parlamento europeo e il Consiglio, su proposta della Commissione europea, hanno approvato congiuntamente la direttiva (UE) 2016/343 (pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione europea l’11 marzo 2016 ed entrata in vigore il 31 marzo 2016) “sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali“.

Meritano di essere sottolineati, ai fini dell’oggetto di questo scritto, i passaggi dei “considerando” che seguono:

(12)… La presente direttiva dovrebbe applicarsi a ogni fase del procedimento penale fino a che non diventi definitiva la decisione che stabilisce in maniera finale se l’indagato o l’imputato abbia commesso il reato…
(16)La presunzione di innocenza sarebbe violata se dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche o decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza presentassero l’indagato o imputato come colpevole fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente provata. Tali dichiarazioni o decisioni giudiziarie non dovrebbero rispecchiare l’idea che una persona sia colpevole…
(22)L’onere della prova della colpevolezza di indagati e imputati incombe alla pubblica accusa e qualsiasi dubbio dovrebbe valere in favore dell’indagato o imputato. La presunzione di innocenza risulterebbe violata qualora l’onere della prova fosse trasferito dalla pubblica accusa alla difesa, fatti salvi eventuali poteri di accertamento dei fatti esercitati d’ufficio dal giudice, la sua indipendenza nel valutare la colpevolezza dell’indagato o imputato e il ricorso a presunzioni di fatto o di diritto riguardanti la responsabilità penale di un indagato o un imputato… Tali presunzioni dovrebbero essere confinate entro limiti ragionevoli, tenendo conto dell’importanza degli interessi in gioco e preservando i diritti della difesa, e i mezzi impiegati dovrebbero essere ragionevolmente proporzionati allo scopo legittimo perseguito. Le presunzioni dovrebbero essere confutabili e, in ogni caso, si dovrebbe farvi ricorso solo nel rispetto dei diritti della difesa.
(44)Conformemente al principio dell’efficacia del diritto dell’Unione, gli Stati membri devono istituire mezzi di ricorso adeguati ed efficaci in caso di violazione dei diritti conferiti ai singoli dal diritto dell’Unione. Un mezzo di ricorso efficace che sia disponibile in caso di violazione dei diritti sanciti dalla presente direttiva dovrebbe avere, per quanto possibile, l’effetto di porre l’indagato o imputato nella posizione in cui questi si sarebbe trovato se la violazione non si fosse verificata, così da salvaguardare il diritto a un equo processo e i diritti della difesa.

A queste premesse corrispondono, quali norme di dettaglio:

  • l’articolo 2 della direttiva secondo il quale “La presente direttiva si applica alle persone fisiche che sono indagate o imputate in un procedimento penale. Si applica a ogni fase del procedimento penale, dal momento in cui una persona sia indagata o imputata per aver commesso un reato o un presunto reato sino a quando non diventi definitiva la decisione che stabilisce se la persona abbia commesso il reato“;
  • l’articolo 3 per il quale “Gli Stati membri assicurano che agli indagati e imputati sia riconosciuta la presunzione di innocenza fino a quando non ne sia stata legalmente provata la colpevolezza“;
  • l’articolo 4 per il quale “Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che, fino a quando la colpevolezza di un indagato o imputato non sia stata legalmente provata, le dichiarazioni pubbliche rilasciate da autorità pubbliche e le decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza non presentino la persona come colpevole…”;
  • l’articolo 6, comma 2, per il quale “Gli Stati membri assicurano che ogni dubbio in merito alla colpevolezza sia valutato in favore dell’indagato o imputato, anche quando il giudice valuta se la persona in questione debba essere assolta“;
  • l’articolo 10, comma 1, per il quale “Gli Stati membri provvedono affinché gli indagati e imputati dispongano di un ricorso effettivo in caso di violazione dei diritti conferiti dalla presente direttiva“.

…Il d. lgs. n. 188/2021

Il 14 dicembre 2021 è entrato in vigore l’art. 115-bis, cod. proc. pen., rubricato “Garanzia della presunzione di innocenza“.

La nuova fattispecie è stata introdotta dal d. lgs. n. 188/2021 contenente “Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali“.

Il decreto appena menzionato è composto da sei articoli.

Esclusi il primo che ne delimita l’oggetto e il sesto che continua la clausola di invarianza finanziaria, le disposizioni realmente significative sono contenute nei restanti quattro articoli.

L’art. 2 vieta alle autorità pubbliche di “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili“.

Se il divieto è violato, colui che ne subisce gli effetti ha diritto al risarcimento del danno e a richiedere all’autorità responsabile della violazione la rettifica della dichiarazione lesiva e a reagire al suo eventuale diniego rivolgendosi al tribunale per ottenere un provvedimento d’urgenza.

L’art. 3 modifica in senso restrittivo la diffusione di informazioni sui procedimenti in corso, esigendo che avvenga nel rispetto della presunzione d’innocenza.

L’art. 4 ha inserito l’art. 115-bis ed ha inoltre modificato l’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., impedendo esplicitamente che l’imputato il quale si sia avvalso della facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio sia penalizzato per tale ragione allorché eserciti il suo diritto alla riparazione per ingiusta detenzione.

L’art. 5, infine, ha attribuito al Ministero della Giustizia il compito di rilevare, analizzare e trasmettere alla Commissione europea i dati menzionati nell’art. 11 della direttiva (UE) 2016/343 tra i quali, per ciò che qui interessa, quelli relativi “al numero e all’esito dei procedimenti anche disciplinari connessi alla violazione degli articoli 2, 3 e 4 del presente decreto“.

La fattispecie

Come si è visto, ci sono voluti quasi sei anni per dare attuazione alla direttiva unionale più volte citata.

Il suo frutto principale è l’art. 115-bis, cod. proc. pen.

La sua struttura essenziale può essere così descritta:

  • in via generale, è vietato indicare gli indagati e gli imputati come colpevoli prima della definitività del provvedimento giudiziario (sentenza o decreto penale) che ne accerta la colpevolezza; tale divieto non si applica ai provvedimenti volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato ed agli atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato (comma 1);
  • in via più specifica, limitatamente cioè ai provvedimenti “che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza“, l’autorità giudiziaria è tenuta ad una sorta di self-restraint, nel senso che deve limitare “i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento“; questo secondo divieto non si applica ai provvedimenti “volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato” (comma 2);
  • ove l’interessato ravvisi la violazione delle disposizioni del primo comma può, a pena di decadenza entro dieci giorni dalla conoscenza del provvedimento lesivo, chiederne la correzione, se necessaria per salvaguardare la presunzione di innocenza nel processo (comma 3);
  • su tale istanza provvede il giudice che procede oppure il GIP nella fase delle indagini preliminari; deve farlo con un decreto motivato, entro 48 ore dal deposito dell’istanza; nei dieci giorni successivi alla notifica o comunicazione del decreto, l’interessato e le altre parti possono opporlo dinanzi il presidente del Tribunale o della Corte d’appello i quali provvedono con decreto e senza formalità procedurali (comma 4).

La giurisprudenza

A distanza di due anni e mezzo dall’entrata in vigore dell’art. 115-bis, cod. proc. pen., ed a giudicare dalla modestia quantitativa delle decisioni di legittimità di cui si ha notizia, la garanzia della presunzione di innocenza non ha trovato un grande spazio nell’ordinamento interno.

Sono essenzialmente due le questioni finora emerse e regolate dalla Suprema Corte.

La prima attiene alla valorizzazione dei precedenti giudiziari non definitivi ai fini della prognosi che il giudice di merito è tenuto a fare ai fini della concessione o del diniego della sospensione condizionale della pena.

Sul punto si è consolidato un indirizzo interpretativo che afferma l’irrilevanza del nuovo istituto riguardo all’uso del potere discrezionale del giudice.

Si cita al riguardo, tra le altre, Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 50001/2023, udienza del 29 novembre 2023, secondo la quale “Il tema della rilevanza dei precedenti giudiziari e di polizia ai fini del giudizio prognostico di cui all’art. 163 cod. pen è stato più volte affrontato dalla giurisprudenza di legittimità, che ha sostenuto che la prognosi non favorevole alla concessione della sospensione condizionale della pena può fondarsi sui precedenti di polizia, poiché nessuna disposizione ne prevede l’inutilizzabilità ed anzi l’art. 9, legge 1 aprile 1981, n. 121, prevede espressamente la possibilità di accesso dell’autorità giudiziaria ad essi “ai fini degli accertamenti necessari per i procedimenti in corso e nei limiti stabiliti dal codice di procedura penale […] l’introduzione dell’art. 115- bis cod. proc. pen. – operata dal d. lgs. 8 novembre 2021 n. 188 (recante «Disposizioni per il compiuto adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni della direttiva (UE) 2016/343 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 marzo 2016, sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali»), che limita, anche nei provvedimenti giurisdizionali, i riferimenti alla colpevolezza dell’imputato fino a che la responsabilità non sia stata accertata con sentenza o decreto penale di condanna irrevocabili – non ha inciso su tale orientamento giurisprudenziale, atteso che detta disposizione si applica solo «nei provvedimenti diversi da quelli volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato» e da quelli che «presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza»“.

La seconda questione attiene all’individuazione dei provvedimenti rientranti nel perimetro applicativo del citato art. 115-bis.

Secondo Cassazione penale, Sez. 5^, sentenza n. 19543/2022, udienza del 27 aprile 2022, il legislatore delegato ha prescelto un’individuazione in negativo o per sottrazione che porta comunque ad escludere dalla previsione della norma provvedimenti non adottati dall’autorità giudiziaria:

Come si desume, in particolare, dal comma 1 cit., i provvedimenti oggetto della disciplina dettata dalla disposizione di nuovo conio non sono individuati “in positivo”, ossia attraverso la loro esplicita indicazione, ma “in negativo”, ossia, secondo un’espressione dottrinale, “per sottrazione” rispetto ai provvedimenti espressamente esclusi dalla disciplina stessa, i provvedimenti «volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato» e «atti del pubblico ministero volti a dimostrare la colpevolezza della persona sottoposta ad indagini o dell’imputato».

Per espressa previsione dettata dal comma 3, inoltre, restano esclusi dalla disciplina ivi prevista (fermo restando l’obbligo dell’autorità giudiziaria di limitare «i riferimenti alla colpevolezza della persona sottoposta alle indagini o dell’imputato alle sole indicazioni necessarie a soddisfare i presupposti, i requisiti e le altre condizioni richieste dalla legge per l’adozione del provvedimento») i provvedimenti, menzionati dal comma 2, che «presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza»; provvedimenti, questi ultimi, che in dottrina sono stati individuati nei quelli adottati dal giudice in materia di intercettazione e in materia cautelare, personale e reale, e anche nelle relative richieste da parte del pubblico ministero, nonché nei provvedimenti sempre del pubblico ministero relativi a mezzi di ricerca della prova (decreti d’ispezione, perquisizione, sequestro probatorio, etc.).

La tecnica normativa, stigmatizzata dai commentatori, adottata dal d. lgs. n. 188 del 2021 consente — comunque – di giungere a una conclusione univoca, ossia di identificare i provvedimenti oggetto della disciplina dettata dall’art. 115-bis cod. proc. pen. in quelli adottati dall’autorità giudiziariai soli a presentare la necessaria omogeneità strutturale rispetto ai provvedimenti individuati “in negativo”.

Il chiaro tenore della legge processuale trova conforto nei lavori preparatori e, in particolare, nella relazione governativa di accompagnamento del d. lgs. n. 188 del 2021, che individua l’ambito applicativo della norma con riferimento alle «possibili violazioni della presunzione d’innocenza a mezzo di “decisioni” dell’autorità giudiziaria».

La conclusione raggiunta rende ragione dell’estraneità dell’oggetto della richiesta avanzata nell’interesse del ricorrente alla disciplina dettata dall’art. 115- bis cod. proc. pen.: come si è visto la richiesta riguardava atti di polizia giudiziaria e non provvedimenti dell’autorità giudiziariasicché, richiamando le categorie elaborate da Sez. U, n. 25957 del 26/03/2009, Toni, Rv. 243590, deve escludersi che si verta in ipotesi di abnormità strutturale per carenza di potere in concreto, che sussiste in presenza di una «deviazione del provvedimento giudiziale rispetto allo scopo di modello legale nel senso di esercizio di un potere previsto dall’ordinamento, ma in una situazione processuale radicalmente diversa da quella configurata dalla legge e cioè completamente al di fuori dei casi consentiti, perché al di là di ogni ragionevole limite».

Alcune questioni problematiche

La disciplina dettata dall’art. 115-bis non è esente da critiche.

…Dissonanze definitorie rispetto alla direttiva (UE) 2016/343

Come si è visto, sia il “considerando” 16 che l’art. 4 della direttiva individuano come ambiti esclusi dalla garanzia della presunzione d’innocenza “decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza“.

L’art. 115-bis propone invece una differente definizione: “provvedimenti volti alla decisione in merito alla responsabilità penale dell’imputato“.

È una differenza di non poco conto se si considera che la locuzione adottata dal legislatore europeo, ove interpretata attribuendo preminenza al tenore letterale, potrebbe essere riferita alle sole sentenze che affermino la colpevolezza dell’accusato, restando quindi estranee alla previsione le altre che, al contrario, la escludano.

Se così fosse, anche tali ultime decisioni sarebbero tra quelle per le quali è vietato additare gli accusati come colpevoli sicché, per estensione logica, il giudice non dovrebbe poter valorizzare elementi allo scopo di insinuare la possibilità di uno scenario alternativo all’esito di non colpevolezza.

È pur vero che l’espressione “sulla colpevolezza” potrebbe essere intesa come riferita ad ogni decisione che arrivi a conclusione di un dibattito nel quale la colpevolezza è uno degli esiti possibili.

È comunque innegabile che la prima delle due possibili interpretazioni non possa essere esclusa sbrigativamente.

…Opposizione limitata alle disposizioni del primo comma

La possibilità di opposizione ad eventuali violazioni è limitata esplicitamente a quelle menzionate nel primo comma dell’art. 115-bis.

Sembrerebbe dunque che le violazioni citate nel secondo comma non siano “giustiziabili” il che appare tanto più incomprensibile se si considera che tra i provvedimenti “che presuppongono la valutazione di prove, elementi di prova o indizi di colpevolezza” possono farsi certamente rientrare le ordinanze cautelari, cioè provvedimenti in grado di provocare lesioni particolarmente gravi alla presunzione di innocenza, tanto che il legislatore interno, ben consapevole di tale rischio, è recentemente intervenuto con la Legge n. 15/2024 la quale delega al Governo il compito di «modificare l’art. 114 c.p.p. prevedendo, nel rispetto dell’art. 21 Cost. e in attuazione dei princìpi e diritti sanciti dagli artt. 24 e 27 Cost., il divieto di pubblicazione integrale o per estratto del testo dell’ordinanza di custodia cautelare finché non siano concluse le indagini preliminari ovvero fino al termine dell’udienza preliminare, in coerenza con quanto disposto dagli artt. 3 e 4 della direttiva (UE) 2016/343».

…Alcuni possibili rimedi

Le considerazioni sparse disseminate nei paragrafi precedenti danno l’idea di una disciplina interna non solo decisamente tardiva rispetto all’input europeo ma anche attestata su uno standard che non ha inteso cogliere tutte le sue potenzialità.

Il risultato è che l’attuale disciplina della garanzia della presunzione di innocenza, peraltro da più parti avversata come fosse una delle tante frivolezze provenienti da Strasburgo, risulta per certi versi timida e per altri manchevole.

Che fare allora per provare ad ovviare?

Si possono qui ipotizzare con la sinteticità imposta dalla natura di questo scritto alcune possibili vie, precisando comunque che si tratta di proposte la cui fondatezza è tutta da verificare e che, in ogni caso, sono ben lontane dall’esaurire i temi in discussione.

a) quanto alle sentenze assolutorie che contengono argomentazioni “colpevoliste”

Il rimedio più consono e immediato sembra quello di promuovere una questione pregiudiziale dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea così che le sia consentito chiarire quale sia il significato da attribuire alla locuzione “decisioni giudiziarie diverse da quelle sulla colpevolezza“.

Un’ulteriore opportunità potrebbe essere quella connessa all’affermazione del principio della responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, connessa al mancato o tardivo o incompleto recepimento delle direttive UE.

È un principio affermato per la prima volta dalla storica sentenza Francovich della CGUE del 19 novembre 1991, poi consolidato dalla sentenza emessa dalla stessa Corte il 5 marzo 1996 nelle cause riunite Brasserie du Pêcheur – Factortame (Cause riunite C-46/93 e C-48/93 e ulteriormente rilanciato da decisioni successive.

Per effetto di tale corrente giurisprudenziale si sancì che la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario è affermabile in presenza di tre condizioni: la norma comunitaria violata deve attribuire in modo sufficientemente chiaro e preciso diritti a favore dei singoli; il contenuto di tali diritti deve essere individuato sulla base delle disposizioni di tale norma; deve sussistere un nesso di causalità diretto tra la violazione dell’obbligo che incombe allo Stato e il danno subìto da parte del singolo.

SI affermò ugualmente che tale responsabilità aveva natura extracontrattuale ed era di portata generale in quanto sussistente a prescindere dalla immediata applicabilità o dal carattere immediatamente esecutivo di una norma comunitaria.

Si indicano, come recenti riconoscimenti interni di tale principio, Cassazione civile, Sez. 3^, sentenza n. 4228/2023, udienza del 21 novembre 2022, e Sezioni unite civili, sentenza n. 17619/2022, udienza del 22 marzo 2022.

Chi, dunque, subisca un danno da violazione del diritto comunitario nei termini appena precisati potrebbe rivolgersi al giudice interno e chiedergli il riconoscimento della responsabilità statuale e il risarcimento del danno.

b) quanto alla mancata previsione della facoltà di opposizione per le violazioni indicate nell’art. 115-bis, comma 2

L’assenza di ragionevolezza della differenziazione rispetto alle violazioni indicate nel primo comma potrebbe implicare una violazione del principio di uguaglianza formale ex art. 3, comma 1, Cost., e giustificare una questione di legittimità della disposizione interessata.