Mandato ad impugnare ed elezione di domicilio depositati successivamente all’atto di appello ma entro i termini di scadenza dell’impugnazione: appello inammissibile (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 2^, sentenza n. 20318/2024, udienza del 18 aprile 2024, considera sempre inammissibile l’appello depositato senza il contestuale deposito del mandato ad impugnare e della dichiarazione o elezione di domicilio, anche nel caso in cui tali atti siano depositati successivamente prima della scadenza del termine per l’impugnazione.

Vicenda giudiziaria sottostante al ricorso

Con ordinanza del 10/01/2024 la Corte di appello di Milano ha dichiarato inammissibile l’appello presentato in data 12 settembre 2023 nell’interesse di HA avverso la sentenza di condanna emessa, in assenza, in data 05/05/2023 dal Tribunale di Milano per il delitto di cui all’art. 648 cod. pen., in quanto, unitamente all’atto di appello, non era stato depositato specifico mandato a impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza, così come previsto dall’art. 581, comma 1 quater, cod. proc. pen. (e neanche l’atto di dichiarazione o elezione di domicilio, di cui al comma 1 ter della stessa norma).

Ricorso per cassazione

Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, deducendo con un unico motivo la violazione di legge (artt. 544, 585, 125, 111 Cost., 6 CEDU) per l’omessa valutazione del tempestivo deposito di mandato ad impugnare con contestuale elezione di domicilio in data 10 settembre 2023 nonché l’erronea applicazione dell’art. 581, comma 1-bis e comma 1-quater, cod. proc. pen.

Rileva a riguardo il ricorrente che la sentenza di primo grado era stata emessa il 5 maggio 2024, in assenza dell’imputato, con motivazione riservata nel termine di sessanta giorni; che il termine di presentazione dell’appello – ai sensi degli artt. 544, comma 3 e 585, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. – tenendo conto della sospensione feriale, doveva individuarsi nel giorno 18 settembre 2023; che, tuttavia, il novellato art. 585 cod. proc. pen., al comma 1-bis, stabilisce che tale termine è aumentato di quindici giorni per l’impugnazione del difensore dell’imputato giudicato in assenza e, quindi, nel caso in esame, deve intendersi prorogato al 3 ottobre 2023; che il difensore, in data 8 settembre 2023 aveva depositato a mezzo pec l’atto di appello e, in data 19 settembre 2023, il mandato ad impugnare con relativa elezione di domicilio; che la trasmissione telematica degli atti richiesti era avvenuta tempestivamente, entro il 3 ottobre 2023, essendosi conclusa il 19 settembre 2023; che l’interpretazione secondo cui il deposito dei due atti – formulazione dei motivi e mandato ad impugnare, contenente l’elezione di domicilio – debba avvenire contestualmente costituisce interpretazione restrittiva che impedisce il corretto esercizio del diritto di difesa.

Per tale ultimo aspetto, ha precisato che il deposito della nomina entro il termine di decadenza è idoneo a sanare la precedente lacuna, in ragione della previsione di inammissibilità solo in caso di mancata o tardiva acquisizione dell’atto; inoltre, che la previsione legislativa mirava ad ottimizzare le attività di competenza delle corti distrettuali, la cui competenza si radicava quando era decorso il termine per l’acquisizione degli atti contenuti nel fascicolo processuale; infine, che il deposito telematico non assicurava di per sé la possibilità di allegare contestualmente all’appello tutti gli atti, tenendo conto del limite dimensionale, e che l’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. non utilizzava il termine “con” nel significato di “unitamente” ma nell’accezione di “collegato” analogamente a quanto previsto per il processo civile.

Decisione della Corte di cassazione

La tesi del ricorrente, per quanto suggestiva, propone un’interpretazione della normativa di riferimento, di recente introduzione nell’ordinamento interno, non in linea con i principi generali in materia processuale sì che il ricorso, teso a far valere l’ammissibilità dell’appello, deve essere dichiarato anch’esso inammissibile.

La dichiarata inammissibilità dell’appello dipende dalla mancata osservanza dell’art. 581, commi 1-ter e 1-quater, cod. proc. pen., come novellato dall’art. 33, lett. d), d.lgs. n. 150/2022 applicabile, ai sensi dell’art. 89, comma 3, dello stesso decreto legislativo, alla sentenza pronunciata – come quella del caso di specie – dopo l’entrata in vigore della riforma e pertanto a partire dal 30 dicembre 2022 (secondo quanto previsto dall’art.99-bis d.l. 162/2022, convertito nella legge 199/2022).

Secondo l’art. 581, comma 1-ter, cod. proc. pen. con l’atto di impugnazione delle parti private e dei difensori, è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio; ai sensi dell’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen. nel caso di imputato rispetto al quale si è proceduto in assenza – ipotesi ricorrente nella fattispecie in esame – con l’atto di impugnazione del difensore è depositato, a pena di inammissibilità, specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o elezione di domicilio dell’imputato, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

Nel caso di specie è pacifico che all’atto di appello, depositato il giorno 8 settembre 2023 tramite pec, non sia stato allegato il mandato ad impugnare la sentenza di primo grado, con la dichiarazione o elezione di domicilio; il deposito di tali atti è avvenuto successivamente, il 19 settembre 2023, entro il termine per impugnare (3 ottobre 2023). Trattasi pertanto di stabilire se sia possibile il deposito frazionato di tali atti, purché nel rispetto dei termini stabiliti a pena di decadenza dall’art. 585 cod. proc. pen.

La lettura delle norme – e della diversa finalità delle prescrizioni ivi previste – esclude tale possibilità. Il mancato rispetto di un termine perentorio per il compimento di un atto entro e non oltre un determinato periodo di tempo implica come sanzione processuale, dal punto di vista soggettivo, l’estinzione del potere di compiere validamente l’atto, facendosi riferimento a tal fine al concetto di decadenza (art. 585, ultimo comma, cod. proc. pen.); dal punto di vista oggettivo, relativo al regime dell’atto compiuto oltre il termine, il codice prevede la sanzione dell’inammissibilità. In alcuni casi, il legislatore, a prescindere dall’obiettivo di imporre una determinata cadenza al procedimento con la indicazione dell’arco temporale entro il quale un atto deve essere compiuto, sanziona con l’inammissibilità la violazione dell’obbligo di allegazione della documentazione contestualmente al deposito dell’atto, prevedendo un requisito di carattere rigorosamente formale (ad esempio, in tema di ricusazione, la violazione dell’obbligo di allegazione della documentazione contestualmente al deposito dell’originale dell’atto di ricusazione presso la cancelleria della corte di appello competente è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 41, comma 1, cod. proc. pen., insuscettibile di sanatoria – Sez. 6, n. 39902 del 10/10/2008, Rv. 241485).

Tale requisito è previsto dall’art. 581, comma 1-quater, cod. proc. pen., stabilendosi – come riportato in precedenza – che l’atto di impugnazione deve essere depositato, a pena d’inammissibilità, con specifico mandato ad impugnare, rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e contenente la dichiarazione o l’elezione di domicilio dell’imputato; rigore formale riconducibile alla scelta discrezionale del legislatore della Riforma – ritenuta tutt’altro che irrazionale – di limitare l’esercizio della facoltà di impugnazione da parte del difensore dell’imputato assente nel giudizio ai soli casi in cui lo stesso imputato, con una scelta “ponderata e consapevole”, abbia legittimato quell’esercizio, con il rilascio di un apposito mandato conferito al patrocinatore (sul punto l’ampia motivazione di Sez. 6, n. 3365 del 20/12/2023, dep. 2024, Rv. 285900).

In definitiva, l’inosservanza dell’onere di allegazione del mandato si traduce in un vizio radicale dell’atto di impugnazione, per l’imprescindibile vincolo di connessione esistente tra gli stessi, dovendosi evitare il surrettizio spostamento in avanti dei termini di deposito di un atto rispetto all’altro.

Va infine precisato che, mentre l’inammissibilità conseguente al mancato rispetto del termine perentorio, previsto a pena di decadenza, avrebbe implicato – come evidenziato in precedenza – l’estinzione del potere di compiere validamente l’atto, la presentazione da parte del difensore dell’imputato di un appello inammissibile per carenza dei requisiti formali non esauriva il potere di impugnazione finché continuava a decorrere il relativo termine (sul punto, in termini, Sez. 4, n. 2759 del 09/12/1992, dep.1993, Rv. 194098), con la conseguenza che ben poteva essere depositato, fino alla scadenza del 3 ottobre 2023, un valido atto di appello, conforme al nuovo dettato normativo.