La richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi ex art. 20 bis c.p., non viene meno per la notifica dell’ordine di esecuzione per la medesima condanna (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 14859/2024 ha esaminato e risolto la seguente questione: la richiesta di applicazione di sanzioni sostitutive di pene detentive brevi ex art. 20 bis c.p. a seguito della notifica dell’ordine di esecuzione per la medesima condanna e della presentazione di istanza di applicazione di una misura alternativa alla detenzione viene meno per sopravvenuta carenza di interesse del condannato alla prima richiesta?

La Cassazione con la sentenza in commento ha stabilito che: “In tema di sanzioni sostitutive, la notifica dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione, cui abbia fatto seguito l’istanza di concessione di misura alternativa ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., non determina la sopravvenuta carenza di interesse del condannato alla decisione sulla richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive che sia stata presentata in epoca precedente in relazione alla medesima condanna”.

Fatto

Con ordinanza del 2 ottobre 2023 la Corte di appello di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato non luogo a provvedere sull’istanza depositata il 28 aprile 2023 nell’interesse di E.P. volta ad ottenere l’applicazione della sanzione sostitutiva del lavoro di pubblica utilità ex art. 20 bis cod. pen. in relazione alla condanna di cui alla sentenza, divenuta irrevocabile il 30 marzo 2023, con la quale P. è stato condannato alla pena di due anni e dieci mesi di reclusione.

A ragione del provvedimento, il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che il 29 aprile 2023 la Procura generale ha emesso ordine di esecuzione e contestuale decreto di sospensione, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., e che il 1° giugno 2023 nell’interesse del condannato è stata presentata istanza per la concessione della misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale con conseguente avvio del «procedimento esecutivo» funzionale alla concessione della predetta misura.

Decisione

La Cassazione premette che l’art. 95, comma 1, d.lgs. n. 150 del 2022, rubricato “Disposizioni transitorie in materia di pene sostitutive delle pene detentive brevi”, stabilisce: «l. Le norme previste dal Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, se più 2 favorevoli, si applicano anche ai procedimenti penali pendenti in primo grado o in grado di appello al momento dell’entrata in vigore del presente decreto.

Il condannato a pena detentiva non superiore a quattro anni, all’esito di un procedimento pendente innanzi la Corte di cassazione all’entrata in vigore del presente decreto, può presentare istanza di applicazione di una delle pene sostitutive di cui al Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’articolo 666 del codice di procedura penale, entro trenta giorni dalla irrevocabilità della sentenza.

Nel giudizio di esecuzione si applicano, in quanto compatibili, le norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, e del codice di procedura penale relative alle pene sostitutive. In caso di annullamento con rinvio provvede il giudice del rinvio».

Nel caso di specie, secondo la ricostruzione del provvedimento impugnato, si verte in tema di pena disposta con sentenza emessa dalla Corte di appello di Milano del 25 marzo 2022, divenuta definitiva il 30 marzo 2023 per effetto di decisione della Corte di cassazione.

Risulta soddisfatto il requisito della pendenza del procedimento in sede di legittimità alla data del 30 dicembre 2022 ai fini del radicamento della competenza del giudice dell’esecuzione per la decisione sulla richiesta di sanzioni sostitutive.

L’istanza del 28 aprile 2023 è stata dunque presentata al giudice dell’esecuzione entro il termine di cui all’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022 cit. con la conseguenza che il successivo ordine di esecuzione del 29 aprile 2023 è intervenuto mentre era pendente il, già avviato, procedimento per la concessione delle sanzioni sostitutive.

Va chiarito, quindi, se sussiste un nesso di pregiudizialità o dipendenza di quest’ultimo procedimento rispetto a quello relativo alle misure alternative e se, una volta avviato il secondo, possa ritenersi venuto meno l’interesse alla decisione del primo come sembra supporre la Corte di appello di Milano con l’ordinanza impugnata.

La Suprema Corte (Sez. 1, n. 11950 del 02/02/2024) ha già deciso in senso affermativo la questione della compatibilità della sanzione sostitutiva e la misura alternativa alla detenzione in cui si trova sottoposto il condannato per altra causa.

Ciò ha fatto richiamando il contenuto delle seguenti disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689: art. 62 (Esecuzione della semilibertà e della detenzione domiciliare sostitutive) il quale stabilisce, tra l’altro, che «se il condannato è detenuto o internato, l’ordinanza del magistrato di sorveglianza è trasmessa anche al direttore dell’istituto penitenziario, il quale deve informare anticipatamente l’organo di polizia della dimissione del condannato.

La pena sostitutiva inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della dimissione»; art. 63 (Esecuzione del lavoro di pubblica utilità sostitutivo) secondo cui «qualora il condannato sia detenuto o internato, copia del provvedimento è comunicata altresì al direttore dell’istituto, il quale informa anticipatamente l’organo di polizia e l’ufficio di esecuzione penale esterna della dimissione del condannato.

Immediatamente dopo la dimissione, il condannato si presenta all’ufficio di esecuzione penale esterna per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità»; art. 67 (Inapplicabilità delle misure alternative alla detenzione) in base al quale «salvo quanto previsto dall’articolo 47, comma 3-ter, della legge 26 luglio 1975, n. 354, le misure alternative alla detenzione di cui al capo VI del titolo I della medesima legge n. 354 del 1975, non si applicano al condannato in espiazione di pena sostitutiva».

E’ stato segnalato come l’art. 51-bis ord. pen. non stabilisca alcuna forma di incompatibilità tra le pene sostitutive e le misure alternative limitandosi a disciplinare la situazione nella quale si trova il soggetto sottoposto a una misura alternativa alla detenzione quando sopraggiunga un altro titolo definitivo.

Sulla scorta di tali premesse, è stato affermato il principio di diritto secondo cui «può essere disposta, alle condizioni oggettive e soggettive di legge, la sostituzione della pena a norma dell’art. 53 della legge 689 del 1981 nei confronti di un soggetto che si trovi sottoposto a misure alternative alla detenzione per altra causa».

Ci si chiede se tale principio possa essere esteso anche al caso in cui sia sopraggiunta la pendenza del procedimento esecutivo su iniziativa del Pubblico ministero che abbia emesso l’ordine di esecuzione sospeso seguito dall’istanza di concessione della misura alternativa e se sia proprio la presentazione di tale istanza a determinare la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione sulla sanzione sostitutiva.

In realtà, la richiesta di ammissione alla misura alternativa che faccia seguito all’ordine di esecuzione determina, ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., la trasmissione della stessa al Tribunale di sorveglianza ai fini della decisione; la mancata presentazione della stessa o la presentazione di un’istanza inammissibile comporta l’immediata esecuzione della pena.

Ritenere preclusa la conclusione del procedimento relativo alla concessione della sanzione sostitutiva per effetto della presentazione di quell’istanza produce l’effetto di individuare proprio quel meccanismo di interdipendenza tra misure e procedimenti che è escluso dalla compiuta disamina delle norme sopra riportate già operata con la citata sentenza della cassazione.

In caso contrario, peraltro, si finirebbe con l’assegnare ad una iniziativa funzionale ad evitare l’esecuzione immediata della condanna, con conseguente transito nella Casa di reclusione, un effetto, di per sé, sfavorevole al condannato.

Verrebbe individuato un meccanismo di interferenza estraneo alla disciplina dell’istituto in esame come regolamentato dalla norma transitoria sopra riportata che àncora l’iniziativa del condannato esclusivamente alla pendenza del procedimento davanti alla Corte di cassazione, senza porre ulteriori limiti o condizioni.

Sostanzialmente si porrebbero eccezioni e limiti al principio, finora pacifico, per cui, «ai fini dell’applicabilità del regime transitorio previsto, ex art. 95, comma 1, d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, per le pene sostitutive delle pene detentive brevi, la pronuncia del dispositivo della sentenza di appello entro il 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore del citato d.lgs., determina la pendenza del procedimento “innanzi la Corte di cassazione” e consente, quindi, al condannato, una volta formatosi il giudicato all’esito del giudizio di legittimità, di presentare l’istanza di sostituzione della pena detentiva al giudice dell’esecuzione, ai sensi dell’art. 666 cod. proc. pen.» (Sez. 1, n. 48579 del 11/10/2023, Rv. 285684; Sez. 4, n. 43975 del 26/09/2023, Rv. 285228; Sez. 3, n. 51557 del 14/11/2023, Rv. 285628; Sez. 5, n. 37022 del 28/06/2023, Rv. 285229; Sez. 6, n. 34091 del 21/06/2023, Rv. 285154).

Peraltro, come correttamente segnalato nel ricorso esaminato, la stessa Sez. 5, n. 37022 del 2023 cit. ha evidenziato, a proposito delle innovazioni relative alle sanzioni sostitutive, che «l’intentio legis è quella di voler garantire a tutti gli imputati con giudizio in corso la possibilità di un ‘recupero’ della valutazione richiesta dall’art. 545-bis cod. proc. pen. per l’applicazione dell’art. 20-bis cod. pen. e delle norme del Capo III della legge 24 novembre 1981, n. 689, sia per i gradi di merito, operando con le regole processuali di nuovo conio, sia anche in sede di esecuzione per il grado di legittimità, evitando in ambedue i casi che debba attendersi che il pubblico ministero provveda ai sensi degli artt. 655 e ss. cod. proc. pen. prima di poter effettuare le valutazioni in tema di sostituzione della pena».

Tale ricostruzione che qui viene condivisa sarebbe irrimediabilmente contraddetta qualora si affermasse (come pure ha fatto la Corte di appello milanese) l’idoneità dell’istanza di misure alternative, conseguente all’iniziativa esecutiva del Pubblico ministero, di paralizzare definitivamente la precedente istanza di sanzione sostitutiva.

Dall’adozione del provvedimento secondo il modulo procedimentale non consentito e dalla conseguente violazione del contraddittorio discende una prima ragione di annullamento con rinvio. Infatti, va ribadito, secondo l’orientamento al quale si presta adesione, che «In tema di ricorso per cassazione, nei casi in cui il provvedimento impugnato sia affetto da nullità assoluta per violazione del contraddittorio, deve disporsi l’annullamento con rinvio dovendosi applicare la regola generale di cui al combinato disposto degli artt. 623, comma 1, lett. b) e 604, comma 4, cod. proc. pen. che prevede l’adozione di tale provvedimento qualora venga accertata una causa di nullità ex art. 179 cod. proc. pen. (Fattispecie in cui era stata dichiarata l’inammissibilità “de plano” dell’istanza del detenuto di ammissione alla semilibertà in violazione dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen.) (Sez. 1, n. 6117 del 01/12/2020, dep. 2021, Rv. 280524).

Per quanto riguarda i motivi di ricorso sollevati con l’atto introduttivo, discende l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano che si atterrà al principio di diritto per cui «in tema di sanzioni sostitutive, la notifica dell’ordine di esecuzione con contestuale sospensione cui abbia fatto seguito l’istanza di concessione delle misure alternative ai sensi dell’art. 656, comma 5, cod. proc, pen., non determina la sopravvenuta carenza di interesse del condannato alla decisione sulla richiesta di applicazione delle sanzioni sostitutive che sia stata presentata in epoca precedente, ai sensi dell’art. 95 d.lgs. n. 150 del 2022».