Motivo nuovo che riguardi un punto della decisione non interessato dall’atto di impugnazione: ammissibile se eccepisca l’inutilizzabilità derivante dalla violazione di un divieto probatorio rilevabile d’ufficio (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 9015/2024, udienza del 14 novembre 2023, ha riconosciuto l’ammissibilità del motivo nuovo ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen. che abbia ad oggetto un punto della decisione non investito dall’atto di impugnazione originario, nel caso in cui riguardi questioni d’inutilizzabilità derivanti dalla violazione di un divieto probatorio rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo, sicché, ove il motivo sia proposto in una fase processuale già correttamente instaurata, il giudice è, comunque, tenuto a pronunciarsi.

La Corte territoriale ha ritenuto di essere esonerata dall’obbligo di prendere in considerazione l’eccezione relativa all’utilizzabilità delle intercettazioni in quanto questa era stata sollevata solo con i motivi nuovi, proposti nel corso dell’udienza di discussione e, pertanto, dopo che il termine previsto dall’art. 585 cod. proc. pen. era scaduto, ciò senza considerare che la questione rientrava tra quelle rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado.

Il giudice d’appello, pure senza fare alcuna esplicita citazione, ha evidentemente fatto riferimento ad alcune pronunce di questa Corte secondo le quali i motivi nuovi devono riguardare il medesimo petitum e la stessa causa petendi così che gli stessi non possono in alcun modo modificare il perimetro di quanto devoluto, neanche introducendo per la prima volta questioni rilevabili d’ufficio.

In questo senso, con una decisione relativa a un’analoga eccezione in materia di utilizzabilità di intercettazioni acquisite da altro procedimento in difetto dei presupposti di legge, dedotta solo come motivo nuovo, si è espressa, tra le varie, da ultimo, Sez. 2, n. 11291 del 17/02/2023, Rv. 284520 – 01 per la quale “è inammissibile il motivo nuovo di ricorso, presentato ex art. 585, comma 4, cod. proc. pen., avente ad oggetto un punto della decisione non investito dall’atto di ricorso originario, operando la preclusione prevista dall’art. 167 disp. att. e trans. cod. proc. pen. pur nell’ipotesi in cui la deduzione riguardi l’inutilizzabilità di prove acquisite illegittimamente, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento ex art. 191, comma 2, cod. proc. pen., posto che occorre pur sempre che l’eccezione sia proposta con l’atto di ricorso principale” (nel medesimo senso, più risalente nel tempo Sez. 1, n. 33662 del 09/05/2005, Rv. 232406 – 01). 2.2.

Il principio applicato dalla Corte territoriale, corretto in generale quanto al limite posto per le censure che è possibile devolvere al giudice dell’impugnazione con i motivi nuovi, non è condivisibile con riferimento alle questioni che per espressa previsione possono essere rilevate, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo.

La decisione in ordine alla possibilità di eccepire le violazioni di divieti probatori o che determinano la nullità assoluta di atti, infatti, non è lasciata alla libera disponibilità delle parti in quanto su tali questioni l’ordinamento attribuisce al giudice non solo e non tanto il potere di intervenire in ogni stato e grado quanto il dovere di farlo, senza che ciò possa essere evidentemente limitato dall’inerzia, dalle scelte o dall’interesse di una o anche di tutte le parti del processo. In questo senso, d’altro canto, deve intendersi la pacifica giurisprudenza di legittimità che, con specifico riferimento all’inutilizzabilità, ha evidenziato che le violazioni di divieti posti a tutela di diritti fondamentali della persona tutelati dalla Costituzione non soffrono alcuno sbarramento processuale (Sez. 3, n. 35705 del 29/09/2020, Rv. 280892 – 01; Sez. 4, n. 47803 del 09/10/2018, Rv. 274034 – 01; Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014, dep. 2015, Rv. 263342 – 01; Sez. 3, n. 15828 del 26/11/2014, dep. 2015, Rv. 263343 – 01; Sez. 3, n. 32530 del 06/05/2010, Rv. 248220 – 01; cfr. Sez. U, Sentenza n. 16 del 21/06/2000, Tammaro, Rv. 216246 – 01).

Conclusione questa anche confermata ora a livello normativo dal testo dell’art. 438, comma 6 bis, cod. proc. pen., che prevede espressamente che rispetto a tali violazioni non operi lo sbarramento costituito dall’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, conseguenza di una scelta di parte. E ad analoghe conclusioni, inoltre, impone di addivenire quanto previsto dall’art. 609, comma 2, cod. proc. pen. che, anche per la fase di legittimità, cioè per una impugnazione a devoluzione circoscritta, esclude che possa operare qualsivoglia sbarramento per le questioni rilevabili d’ufficio in ogni stato e grado. In una corretta prospettiva interpretativa, pertanto, si deve ribadire che il limite devolutivo previsto per i motivi nuovi non opera per le questioni, come l’inutilizzabilità derivante dalla violazione di un divieto probatorio, rilevabili anche d’ufficio in ogni stato e grado del processo in ordine alle quali, pertanto, quando sono sollevate in una fase processuale già correttamente instaurata, il giudice è tenuto comunque a pronunciarsi, a prescindere dall’ammissibilità o meno dell’atto successivamente pervenuto.

Così, già Sez. U, n. 4683 del 25/02/1998, U., Rv. 210259 – 01 che – nello stabilire il principio per cui «i “motivi nuovi” a sostegno dell’impugnazione, previsti tanto nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585, quarto comma, cod. proc. pen., quanto nelle norme concernenti il ricorso per cassazione in materia cautelare (art. 311, quarto comma, cod. proc. pen.) ed il procedimento in camera di consiglio nel giudizio di legittimità (art. 611, primo comma, cod. proc. pen.), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati enunciati nell’originario atto di gravame ai sensi dell’art. 581, lett. a), cod. proc. pen.» – hanno specificato in motivazione che nel caso di specie i motivi aggiunti erano inammissibili «dovendosi escludere che siano state proposte nullità rilevabili di ufficio“, con ciò confermando che il motivo “nuovo”, anche se in astratto inammissibile, deve essere sempre esaminato dal giudice se involge una questione rilevabile d’ufficio.

Nel caso di specie la mancanza di una puntuale disamina e di una pronuncia da parte del giudice di appello in ordine all’eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni non determina comunque la nullità della sentenza impugnata.

Come pacificamente riconosciuto, infatti, alla decisione in ordine alle questioni in rito poste dalla difesa in sede di appello può procedere direttamente questa Corte quale giudice dei presupposti della decisione stessa, sulla quale esercita il proprio controllo, quale che sia il ragionamento esibito per giustificarla (Sez. U, n. 5 del 26/02/1991, Bruno, Rv. 186998; Sez. 1, n. 29036 del 06/02/2018 – dep. 22/06/2018, Rv. 273296, Sez. 5, n. 17979 del 05/03/2013, Rv. 255515; Sez. 5, n. 15124 del 19/03/2002, Rv. 221322), e, al limite, anche ove la giustificazione sia del tutto mancata.