Continuazione tra reato giudicando e reati già precedentemente giudicati: criteri per la valutazione della violazione più grave (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 13539/2024 ha stabilito che in tema di continuazione, il principio della valutazione in astratto della violazione più grave non è vincolante per il giudice di cognizione nel caso in cui si trovi a valutare un unico reato, che ritenga in concreto più grave e che debba essere riunito ad altri, oggetto di sentenze irrevocabili, da lui reputati meno gravi, quantunque puniti, in astratto, con pene edittali più elevate, posto che, in tal caso, trova applicazione, per identità di “ratio”, la disciplina prevista dall’art. 187 disp. att. cod. proc. pen. per il giudizio di esecuzione, che fa espresso riferimento alla pena più grave inflitta in concreto.

La Suprema Corte ha ricordato che nel caso di specie l’individuazione come reato più grave della estorsione tentata giudicata dalla sentenza della Corte partenopea del 2014 rispetto alla estorsione oggetto del presente procedimento, parte dalla premessa concettuale che la maggiore gravità sia indefettibilmente determinata dal più elevato massimo edittale della fattispecie e, a parità di ‘tetto edittale’, dal minimo edittale più elevato.

Tale regola, indubbiamente corretta in linea generale, siccome fondata su un orientamento consolidato che è stato consacrato nella sentenza menzionata dalla difesa dell’imputato (Sez. U, n. 25939 del 28/02/2013 P.G. c/o Chiabotti Rv. 255347 – 01) riguarda l’ipotesi in cui l’unificazione ed il giudizio di comparazione che ne deriva siano compiuti dal giudice della cognizione di tutti i reati riuniti.

Qualora invece, come nel caso di specie, l’unificazione avanti il giudice della cognizione riguardi reati giudicati da giudici diversi, il tema è differente poiché, a fronte del giudicato, non si può prescindere da una valutazione in concreto.

Tale principio, sancito inizialmente nella sentenza Sez.2, n.41574 del 4 ottobre 2006, Rv. 235384- 01, è stato ribadito dalla pronuncia di questa stessa Sezione n. 21769 del 04/02/2014 Rv. 259572 – 01.

Nella pronuncia da ultimo menzionata, in particolare, si è chiarito che, di fronte ad un giudicato (e, si potrebbe aggiungere con riferimento al caso specifico, di fronte ad una pena per l’estorsione non suscettibile di modifica per il divieto di reformatio in peius), il riferimento al limite edittale quale parametro di valutazione della maggiore gravità diviene recessivo in quanto privo di significato in presenza della determinazione concreta della gravità del fatto espressa nella misura della pena irrogata.

La norma cui far riferimento diviene allora l’art.187 disp. att. c.p.p. (“Si considera violazione più grave quella per la quale è stata inflitta la pena più grave“) che trova applicazione analogica alla luce della eadem ratio.