Centomila euro in contanti sequestrati ma dov’è il reato di riciclaggio? (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 2 con la sentenza numero 19954 depositata il 20 maggio 2024 ha annullato senza rinvio l’ordinanza impugnata nonché del decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, con ordine di restituzione del denaro in sequestro all’avente diritto.

Per il fumus del reato di riciclaggio, non è sufficiente la mera “postulazione” dell’esistenza del reato, ma è necessario rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostrano indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale

Fatto

Con ordinanza il Tribunale di Verona in funzione di giudice del riesame confermava il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona in data 23/12/2023 nei confronti di L.L. in ordine al delitto di cui all’art. 648 bis cod. pen. ed avente ad oggetto somma di denaro.

Nel corso di un controllo militari della Guardia di Finanza fermavano l’autovettura condotta da L.L. e nel corso della perquisizione rinvenivano, nelle tasche della giacca la somma di euro 27.000,00 e in una scatola di cartone, sotto la ruota di scorta la somma in contanti di euro 70.000 euro, il ricorrente non era in grado di fornire giustificazione alcuna al riguardo.

Decisione

Il ricorso è fondato e, come tale, risulta meritevole di accoglimento.

Va evidenziato in premessa che, con riguardo allo standard probatorio richiesto per dimostrare il fumus del reato su cui si fonda il provvedimento di sequestro preventivo, la più recente giurisprudenza di legittimità richiede una valutazione che non si limiti alla «mera “postulazione” dell’esistenza del “reato, ma sia diretta a «rappresentare le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti, che dimostra indiziariamente la congruenza dell’ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale” (cfr., Sez. 5, n. 28515 del 21/05/2014, Rv. 260921); sicché, se pur non può evocarsi la necessità della verifica di un quadro gravemente indiziario, risulta comunque necessaria una qualificata probabilità di affermazione della responsabilità dell’indagato («Ai fini dell’emissione del sequestro preventivo il giudice deve valutare la sussistenza in concreto del “fumus commissi delicti” attraverso una verifica puntuale e coerente delle risultanze processuali, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull’esistenza della fattispecie dedotta, all’esito della quale possa sussumere la fattispecie concreta in quella legale e valutare la plausibilità di un giudizio prognostico in merito alla probabile condanna dell’imputato»: Sez. 6, n. 49478 del 21/10/2015, Rv. 265433).

Il ricorrente evidenzia come il Tribunale non abbia fornito indicazioni di alcun genere, quanto alla tipologia del reato presupposto ipotizzato con la contestazione cautelare; né il provvedimento impugnato ha dato conto delle ragioni per le quali doveva escludersi che il ricorrente avesse concorso nella realizzazione del reato presupposto, condizione necessaria per la clausola di riserva contenuta nell’art. 648 bis cod. pen.; infine, si osserva che nessuna specificazione è stata operata quanto alla condotta tipica del delitto di riciclaggio, non potendo essere considerata tale quella del mero possesso di denaro, inidonea ad integrare l’attività diretta alla “sostituzione, al trasferimento, o ad altre operazioni” dirette a occultare la provenienza delittuosa del denaro.

Le censure così individuate mettono in luce l’assenza delle necessarie valutazioni che caratterizza il provvedimento del Tribunale il quale, limitandosi a evidenziare le peculiarità della disponibilità delle somme sequestrate (in capo a soggetto che non è stato in grado di giustificare adeguatamente la provenienza di somme di rilevante importo), non ha poi offerto alcun elemento di utile considerazione quanto al delitto presupposto; se, infatti, è corretto il richiamo alla giurisprudenza che non ritiene necessaria la ricostruzione del delitto presupposto in tutti gli estremi storici e fattuali, ciò non esonera dall’individuare quale tipologia di delitto costituisca l’origine delle cose da sottoporre a sequestro, in quanto appunto di provenienza delittuosa (cfr., Sez. 2, n. 29689 del 28/05/2019, Rv. 277020).

La motivazione del provvedimento non fornisce elementi sufficienti per individuare l’ipotizzata provenienza delittuosa del denaro sottoposto a sequestro, risultando insufficiente l’affermazione che il denaro detenuto e trasportato dall’indagato dovesse necessariamente essere provento di attività delittuose, potendosi in alternativa ipotizzare una serie di differenti causali a base della disponibilità del denaro, ma di cui – al contempo – non è stata individuata la possibile provenienza delittuosa intesa come derivazione da una specifica ipotesi di reato e non anche come mera asserzione d’ingiustificato possesso del denaro (cfr. sul punto, Sez. 2, n. 39006 del 13/7/2018, non massimata; Sez. 2, n. 29074 del 22/5/2018, non massimata; Sez. 2, n. 26301 del 24/5/2016, non massimata; per un’analoga fattispecie in tema di sequestro di denaro ritenuto genericamente di provenienza delittuosa, v. Sez. 2, n. 26308 del 22/06/2010, Rv. 247742).

Analogamente, è del tutto mancante la motivazione relativa all’individuazione deli elementi di fatti in grado di rappresentare a quale delle condotte tipiche indicate dall’art. 648 bis cod. pen. sia riconducibile il comportamento tenuto dall’indagato, come accertato in sede di indagini. 

Da qui l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza impugnata nonché del decreto del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Verona, con ordine di restituzione del denaro in sequestro all’avente diritto.