Reati tributari e articolo 131-bis c.p.: la rilevanza dell’integrale o parziale adempimento del debito tributario anche attraverso un piano rateale (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 14073/2024 ha stabilito che in tema di reati tributari, tra le condotte susseguenti al reato suscettibili di valutazione ai fini dell’applicabilità della causa di non punibilità per la particolare tenuità del fatto ex art. 131-bis cod. pen., come novellato dal d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, rientra l’integrale o parziale adempimento del debito tributario, anche attraverso un piano rateale concordato con il fisco o l’adesione a provvedimenti relativi alla “rottamazione” delle cartelle esattoriali.

La questione merita di essere segnalata perché la corte di merito ha affermato come, la causa di non punibilità della “particolare tenuità del fatto”, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., è applicabile soltanto alla omissione per un ammontare vicinissimo alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 euro dall’art. 10-ter dlgs. n. 74 del 2000, in considerazione del fatto che il grado di offensività che dà luogo a reato è già stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale (Sez. 3, n. 13218 del 20/11/2015, dep.01/04/2016, Rv.266570-01) e che, in tema di reati tributari caratterizzati dalla soglia di punibilità, già solo il superamento in misura significativa di detta soglia preclude la configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, laddove, invece, se tale superamento è di poco superiore, può procedersi a valutare i restanti parametri afferenti la condotta nella sua interezza (Sez. 3, n. 15020 del 22/01/2019, Rv. 275931 – 01; conf. Sez. 3, n. 12906 del 13/11/2018, dep. 2019, Rv. 276546 – 01; Sez. 3, n. 16599 del 3/06/2020, Rv. 278946).

Se ciò è vero, però, lo è anche che la stringata motivazione del provvedimento impugnato (che, al di là del riepilogo delle fasi pregresse) non ha tenuto conto di taluni elementi di cui fondatamente si duole il ricorrente.

In primis, i giudici milanesi non si sono, in concreto, confrontati con il dato numerico (superamento della soglia in percentuale inferiore all’11,5% con riferimento all’anno 2014) e con la giurisprudenza di legittimità (ex multis, la sentenza n. 51020/2015), limitandosi ad esprimere una valutazione che fondatamente il ricorrente ritiene apodittica (gli importi dichiarati e non versati, secondo quanto si legge nel provvedimento impugnato, sarebbero “molto lontani” dalla soglia di rilevanza penale stabilita dal legislatore).

In secondo luogo, laddove in sentenza si legge che “è completamente assente una spiegazione precisa, dettagliata e coerente di come si siano raggiunte tali cifre; manca il quadro fiscale globale di riferimento“, la Corte territoriale mostra di non avere in alcun modo valutato la relazione tecnica a firma del prof. A.C., Ordinario di Contabilità e Bilancio, depositata al termine della sua deposizione nel corso dell’istruttoria svolta nel corso del promo grado di giudizio, cui sono allegati tutti i documenti che fotografano la situazione della società C. negli anni in contestazione’, e che fornisce una spiegazione su siano raggiunte” le “cifre” regolarmente indicate dal C. nelle dichiarazioni IVA relative agli esercizi 2014 e 2015.

Fondata è anche la doglianza con cui sii censura la motivazione della sentenza impugnata in punto di abitualità del reato.

I giudici milanesi sono essi stessi a richiamare, tra gli altri, il dictum di Sez. U, n. 18891 del 27/01/2022, Ubaldi, Rv. 283064 – 01, secondo cui la pluralità di reati unificati nel vincolo della continuazione non è di per sé ostativa alla configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, la quale può essere riconosciuta dal giudice all’esito di una valutazione complessiva della fattispecie concreta, che – salve le condizioni ostative tassativamente previste dall’art. 131-bis cod. pen. per escludere la particolare tenuità dell’offesa o per qualificare il comportamento come abituale – tenga conto di una serie di  indicatori rappresentati, in particolare, dalla natura e dalla gravità degli illeciti in continuazione, dalla tipologia dei beni giuridici protetti, dall’entità delle disposizioni di legge violate, dalle finalità e dalle modalità esecutive delle condotte, dalle loro motivazioni e dalle conseguenze che ne sono derivate, dal periodo di tempo e dal contesto in cui le diverse violazioni si collocano, dall’intensità del dolo e dalla rilevanza attribuibile ai comportamenti successivi ai fatti.

Tuttavia, la Corte territoriale non opera un buon governo della giurisprudenza di legittimità che cita, nel momento in cui giunge alla conclusione – che si legge in sentenza, senza ulteriori valutazioni- secondo cui «permette di delineare la condotta dell’imputato come abituale (…) l’importanza della continuazione del reato – accertata delle sentenze precedenti – in quanto l’imputato C. ha omesso di versare VIVA sia per l’anno 2014 che per l’anno 2015, tenendo conto anche del precedente del 2013 di medesima natura (articolo 1.0-ter D. Lgs n. 74 del 2000)».

Nel pervenire a tali conclusioni, come fondatamente lamenta il ricorrente, i giudici milanesi paiono non aver tenuto in alcun conto del fatto che il reato sotteso al decreto penale di condanna emesso nei confronti del C. in relazione all’IVA 2013, come da provvedimento depositato all’udienza del 3 luglio 2023, è stato dichiarato estinto ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen. (e con esso il debito erariale)

Ed invero, se così è, andava tenuto conto che in tema di non punibilità per particolare tenuità del fatto, il presupposto ostativo del comportamento abituale ricorre quando l’autore, anche successivamente al reato per cui si procede, abbia commesso almeno altri due reati della stessa indole, incidentalmente accertabili da parte del giudice procedente (cfr. Sez. 6, n. 6551 del 09/01/2020, Rv. 278347 – 01 in un caso in cui, in un procedimento per reato di evasione, la Corte di appello aveva escluso la causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen., avendo valutato l’esistenza di analoghe condotte pregresse risultanti dagli atti).

E che, ai fini della valutazione del presupposto ostativo del comportamento abituale, ai sensi dell’art. 131-bis, comma terzo, cod. pen., non va tenuto conto dei reati estinti ai sensi dell’art. 460, comma 5, cod. proc. pen., conseguendo all’estinzione del reato anche l’elisione di ogni effetto penale della condanna (Sez. 4, n. 11732 del 17/03/2021, Rv. 280705 – 01).

La Corte territoriale, inoltre, come pure fondatamente lamenta il ricorrente, doveva valutare anche l’incidenza sulla vicenda processuale in esame della novella del 2022 che ha modificato, permettendo la valutabilità della condotta successiva al reato, la disciplina della speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis 8 cod. pen.

Ciò perché, allorquando è intervenuta la sentenza di rinvio, era già vigente la disposizione di cui all’art. 131-bis cod. pen., come modificata dall’art. 1, comma 1, lett. c) n. 1, d.lgs. 30 ottobre 2022, n. 150, che ha introdotto più ampi parametri legali di applicabilità della causa estintiva del reato, che per giurisprudenza pacifica si applica anche nei giudizi pendenti alla data di entrata in vigore della modifica, relativi ai fatti reato commessi prima della entrata in vigore del citato decreto (cfr. Sez. 4, n. 17190 del 16/03/2023, Rv. 284606 – 01; conf. Sez. 6, n. 7573 del 27/01/2023, Rv. 284241 – 02)

La Corte milanese, invece, mostra di non avere in alcun modo valutato il fatto che la cartella IVA 2014 sia stata sgravata dall’Agenzia delle Entrate in via di autotutela a seguito di ricorso proposto da C. s.r.l. dinanzi alla Commissione Tributaria e che la cartella relativa all’IVA 2015 ha formato oggetto di “rottamazione” e, nell’ambito di tale procedura (la cd. “rottamazione ter”), per cui sono stati corrisposti dal contribuente all’Erario 68.983,142.

Condivisibilmente, come ricorda il ricorrente, Sez. 3, n. 28031 del 24/5/2023, non mass., proprio in tema di omesso versamento IVA si è pronunciata sulla rilevanza ex art. 131 bis cod. pen. della condotta successiva alla commissione del reato (pagamento del debito tributario) ai fini del riconoscimento della particolare tenuità del fatto.

In quel caso la Corte di legittimità ebbe a ritenere essere «indubbio che la condotta “susseguente” al reato (che, ove intervenuta “prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado”, avrebbe certamente consentito l’applicabilità dell’altra speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 13, comma 1, D.Lgs. n. 74 del 2000), ha sostanzialmente neutralizzato la gravità dell’offesa, originariamente consistente (notevole essendo indubbiamente l’importo il cui versamento era stato omesso, pari a poco meno di 710.000 euro), provocata all’Erario, avendo i ricorrenti dimostrato con il proprio comportamento la volontà di assolvere il debito tributario, provvedendo tempestivamente ad onorare il piano rateale concordato con il Fisco, tanto da determinare l’adozione in appello del provvedimento di revoca della disposta confisca in primo grado».

E anche in quel caso, dalla motivazione dei giudici di appello, emergeva come il successivo versamento rateale del debito tributario «…non è stato valutato in termini di condotta “susseguente” al reato nei termini richiesti dalla nuova previsione (e non poteva, del resto, esserlo, non essendo a tale data ancora entrata in vigore la novella dell’art. 131-bis, cod. pen.), essendosi limitata la Corte territoriale ad esprimere una semplice valutazione in termini recessivi di tale condotta, a fronte del danno erariale cagionato sia in assoluto sia in rapporto alla soglia di punibilità, in considerazione del notevole importo il cui versamento era stato omesso».

Il medesimo principio, applicato alla sentenza emessa nei confronti del C., impone un annullamento con rinvio per valutare i profili su cui la Corte territoriale ha omesso di pronunciarsi.