La Cassazione sezione 1 con la sentenza numero 17377 del 29 aprile 2024 ha ribadito che è ammissibile il reclamo al tribunale di sorveglianza avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza che approvi la revoca dell’ammissione al lavoro all’esterno, trattandosi di una decisione idonea a incidere su un diritto fondamentale del detenuto.
La Suprema Corte richiama il precedente della medesima sezione numero 1449/2023: “è ammissibile il reclamo al tribunale di sorveglianza avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza che approvi la revoca dell’ammissione al lavoro all’esterno, trattandosi di una decisione idonea ad incidere su un diritto fondamentale del detenuto” (Sez. 1, n. 21546 del 27/04/2021, Rv. 281285, conforme Sez. 1, n. 37368 del 10/07/2018, Rv. 273862).
È stato, così, superato, il difforme orientamento espresso da Sez. 1, n. 4979 del 10/01/2017, dep. 2018, Rv. 272284, sez. 1, n. 33579 del 03/04/2002, Rv. 222224, Sez. 1, n. 3063 del 19/05/1995, Rv. 202083 secondo cui deve ritenersi inammissibile il reclamo al tribunale di sorveglianza avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza in tema di ammissione o di revoca al lavoro all’esterno, avendo esso natura meramente amministrativa.
A fondamento dell’orientamento qui condiviso si pongono, in primo luogo, considerazioni sulla qualificazione del lavoro quale diritto fondamentale della persona e componente essenziale del trattamento rieducativo del detenuto.
In tal senso, sia Corte Cost. n. 532 del 2002 che Sez. 1, n. 20171 del 10/02/2009, Rv. 244066.
In ogni caso, benché’ il lavoro prestato dal detenuto si atteggi in termini del tutto peculiari, lo stesso non può soffrire limitazioni di tutela al punto da collocarle al di sotto della soglia minima che deve assistere ogni rapporto subordinato.
È azionabile, da parte del detenuto, il diritto a tutelare le pretese che hanno origine dalla prestazione lavorativa e che possono sostanziarsi nella stessa ammissione o revoca al lavoro da svolgersi anche fuori dal luogo di detenzione.
In tal senso è stata richiamata Corte Cost. n. 341 del 2006 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 69 Ord. Pen., comma 6, lett. a), in quanto contenente la previsione di “regole processuali inidonee, se riferite alle controversie di lavoro, ad assicurare un nucleo minimo di contraddittorio e di difesa, quale spetta a tutti i cittadini nei procedimenti giurisdizionali“.
Anche Corte Cost. n. 526 del 2000 ha affermato principi rilevanti in materia precisando che “sarebbe (…) vano rinvenire nel sistema legislativo il riconoscimento dei diritti del detenuto, se non sussistessero forme di tutela giurisdizionale degli stessi, o queste non risultassero efficaci per mancanza dei presupposti necessari all’esercizio del controllo giurisdizionale”.
In termini condivisibili e’ stato evidenziato come la natura amministrativa delle determinazioni inerenti al lavoro penitenziario e la valenza trattamentale dello stesso non escludono che le eventuali determinazioni sullo stesso incidenti siano idonee ad incidere su posizioni di diritto soggettivo suscettibili di tutela giurisdizionale.
In tal senso, e’ stato ritenuto deporre la stessa previsione di un “regime preventivo di controllo, in forma stabile, da parte del magistrato di sorveglianza, per quel che concerne la fase applicativa cruciale di tale attività trattamentale, quale l’ammissione a svolgere l’attività lavorativa fuori dall’istituto di pena” (Sez. 1, n. 21546 del 2021 i cui passaggi argomentativi principali sono qui ripresi e condivisi).
Da ciò consegue che sia l’approvazione dell’ammissione al lavoro esterno da parte del Magistrato di sorveglianza, che l’approvazione della revoca integrano un “momento di controllo giurisdizionale” che si pone in termini di coerenza con la qualificazione delle correlate posizioni del detenuto in termini di diritti soggettivi.
A fronte di tale ricostruzione, la completa tutela giurisdizionale è garantita dalla possibilità di impugnare i provvedimenti lesivi di tali diritti davanti all’autorità giudiziaria.
La norma di riferimento non può che essere l’art. 35-bis Ord. Pen., che individua un sistema di tutela caratterizzato dal doppio grado di merito per rendere effettivo il diritto alla tutela giurisdizionale delle posizioni di diritto soggettivo garantite dall’ordinamento.
Rileva, in particolare, la previsione secondo cui avverso la decisione del magistrato di sorveglianza è possibile proporre reclamo, nel termine di quindici giorni dalla notificazione o comunicazione dell’avviso di deposito della decisione, al tribunale di sorveglianza la cui decisione, a sua volta, è ricorribile per cassazione per violazione di legge (art. 35 – bis Ord. pen., commi 4 e 4-bis).
I principi sin qui esposti sono indicativi della possibilità di qualificare la posizione del detenuto (anche sottoposto alla misura della detenzione domiciliare in virtu’ del provvedimento di differimento pena) ammesso allo svolgimento dell’attività lavorativa in termini di diritto soggettivo.
Ne consegue che il provvedimento del magistrato di sorveglianza che ne abbia disposto la revoca deve ritenersi impugnabile davanti al tribunale di sorveglianza non diversamente da quanto avviene per la revoca dell’ammissione del detenuto al lavoro esterno.
