La Cassazione sezione 3 con la sentenza numero 17135/2024 ha delineato e indicato l’errore di fatto rilevante a norma dell’articolo 625-bis, cod. proc. pen., che dà luogo alla rescissione della sentenza di legittimità impugnata.
Secondo la Suprema Corte va, in primo luogo, perimetrato il vizio denunciato con il ricorso straordinario tenuto conto che l’errore di fatto verificatosi nel giudizio di legittimità, e oggetto del rimedio previsto dal citato art. 625-bis, consiste in un errore percettivo causato da una svista o da un equivoco in cui la Corte di cassazione sia incorsa nella lettura degli atti interni al giudizio stesso e connotato dall’influenza esercitata sul processo formativo della volontà, che abbia condotto a una decisione diversa da quella che sarebbe stata adottata senza di esso, ovvero nella mancata risposta ai motivi proposti, situazione cui appartiene, secondo la deduzione del difensore, il caso in esame.
Ai fini della configurabilità dell’errore di fatto per omesso esame di un motivo, la giurisprudenza di legittimità, nella sua massima espressione, ha dato precise indicazioni.
Secondo le Sezioni unite, l’omesso esame di un motivo di ricorso per cassazione non dà luogo ad errore di fatto rilevante a norma dell’art. 625-bis cod. proc. pen., né determina incompletezza della motivazione della sentenza allorché, pur in mancanza di espressa disamina, il motivo proposto debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura e con l’impianto della motivazione, nonché con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi della sentenza medesima, ovvero quando l’omissione sia soltanto apparente, risultando le censure formulate con il relativo motivo assorbite dall’esame di altro motivo preso in considerazione, giacché, in tal caso, esse sono state comunque valutate, pur essendosene ritenuta superflua la trattazione per effetto della disamina del motivo ritenuto assorbente (così Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221283-01, e Sez. U, n. 16104 del 27/03/2002, De Lorenzo, non massimata nonché, più di recente, Sez. 2, n. 353657 del 17/11/2016, Rv. 268982-01).
In tale ipotesi, si è ulteriormente precisato che è onere del ricorrente dimostrare che la doglianza era invece decisiva, per cui il suo omesso esame è conseguenza di un sicuro errore di percezione (Sez. 6, n. 16287 del 10/02/2015. Rv. 263113 – 01; Sez. 5, n. 20520 del 20/03/2007, Rv. 236731).
Sempre secondo l’orientamento ampiamente consolidato della giurisprudenza, non è configurabile un errore di fatto, bensì un errore di giudizio, come tale escluso dall’orizzonte del rimedio previsto dall’art. 625-bis cod. proc. pen., qualora la causa dell’errore non sia identificabile esclusivamente in una fuorviata rappresentazione percettiva e la decisione abbia comunque contenuto valutativo (cfr., per tutte: Sez. U, n. 18651 del 26/03/2015, Moroni, Rv. 263686- 01; Sez. U, n. 37505 del 14/07/2011, Corsini„ Rv. 250527-01; Sez. U, n. 16103 del 27/03/2002, Basile, Rv. 221280-01).
L’omesso esame di un motivo di ricorso idoneo ad integrare l’errore di fatto, rilevante ai sensi dell’art. 625 bis cod. proc. pen., è soltanto quello che si sostanzia in una svista materiale, ossia una disattenzione di ordine percettivo che abbia causato l’erronea supposizione dell’inesistenza della censura, e che abbia il carattere della «decisività».
L’omesso esame di un motivo di ricorso non integra l’errore di fatto allorquando: il motivo, pur non espressamente esaminato, debba considerarsi implicitamente disatteso perché incompatibile con la struttura logico-motivazionale del provvedimento; le censure contenute nel motivo non espressamente esaminato risultino assorbite dall’esame di altro motivo (c.d. omissione apparente); il motivo pretermesso non abbia carattere decisivo, in quanto – laddove esaminato – la decisione sarebbe stata la stessa.
In conclusione, la cassazione ha così ben “perimetrato” l’errore di fatto che può dare luogo alla revoca della sentenza nel caso di omesso esame di un motivo che appare una sorta di probatio diabolica per il difensore.
