L’omicidio efferato di un avvocato: un pentito poco credibile, un brogliaccio errato dell’intercettazione, un costo di 300.000 € a carico dello Stato (di Riccardo Radi)

La Cassazione sezione 4 con la sentenza numero 16878/2024 si è occupata di un procedimento di ingiusta detenzione che ha tutti i crismi del caso di scuola.

Un pentito poco credibile, una intercettazione mal trascritta costano più di 3 anni di carcere (dal 15/03/2017 al 23/03/2020) ad una persona successivamente assolta e indennizzata con 300.000 euro.

La Suprema Corte premette che secondo quanto chiaramente affermato dalla Corte territoriale, la frase pronunciata dal C. nel corso della conversazione intercettata il 5/06/2015 era stata trascritta erroneamente dalla polizia giudiziaria ed è stata corretta e interpretata nella sentenza assolutoria come indicativa del timore di essere coinvolto in un omicidio non commesso.

La corretta trascrizione della parte finale della frase pronunciata dal C., inizialmente indicata dalla polizia giudiziaria nel senso che avesse detto «chi c’ero pure io, niesce», è stata poi correttamente interpretata nel senso che avesse detto «chi c’ero pure io dice».

La trascrizione della parola «dice» al posto della iniziale parola «niesce», che significa «viene fuori», costituisce un dato di fatto accertato dal giudice della cognizione penale che ha attribuito alla condotta del C. una diversa portata alla dichiarazione valutata dal giudice della cautela, logicamente ritenuta non configurabile come condotta gravemente colposa con giudizio in questa sede insindacabile.

Dall’accertamento di tale dato emergente dalla sentenza assolutoria il giudice della riparazione non avrebbe potuto discostarsi.

Si è, a tale proposito, ripetutamente affermato che il giudice della riparazione ha piena autonomia nel valutare il compendio indiziario, ma ciò non esclude che debba confrontarsi con l’esito assolutorio e con le ragioni che a tanto hanno condotto il giudice della cognizione in quanto, per decidere se l’imputato abbia dato causa per dolo o colpa grave alla privazione della libertà personale, è vero che si deve valutare il comportamento dell’interessato alla luce del quadro indiziario su cui si è fondato il titolo cautelare, ma a condizione che gli elementi indiziari non siano stati dichiarati assolutamente inutilizzabili ovvero siano stati esclusi o neutralizzati nella loro valenza nel giudizio di assoluzione.

La scelta dell’istante di avvalersi della facoltà di non rispondere è stata spiegata dalla difesa con l’esigenza di ascoltare con attenzione il contenuto della conversazione, nella quale il C. non aveva confessato il proprio coinvolgimento nel fatto di sangue ma solo il timore che il pentito potesse falsamente accusarlo.

Siamo alle solite indagini unidirezionali, assenza di accertamenti possibili e necessari (l’ascolto e la trascrizione dell’intercettazione) determinano costi per tutti noi senza alcuna conseguenza per chi ha errato nel suo lavoro (forze dell’ordine e magistrati).