Finanziamenti agevolati a professionisti con garanzia SACE: configurabile il reato di malversazione se impiegati per ripianare debiti personali (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 6^, sentenza n. 14874/2024, udienza del 13 febbraio 2024, ha chiarito che, in tema di legislazione emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dagli effetti della pandemia da COVID-19, è configurabile il reato di malversazione ex art. 316-bis cod. pen. nel caso in cui, successivamente all’erogazione, da parte di un istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia pubblica rilasciata dal Fondo per le Piccole e Medie Imprese, ai sensi dell’art. 13, lett. m), del d. l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto liquidità), gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato per legge.

Vicenda giudiziaria

Il tribunale del riesame di xxx annullava il sequestro preventivo, anche per equivalente, emesso nei confronti dell’indagato, in relazione al reato di cui all’art. 316-bis, cod. pen.

Secondo l’impostazione accusatoria, l’indagato, dopo aver ricevuto un mutuo per l’importo di € 340.000,00, garantito dal Fondo di garanzia a favore delle piccole e medie imprese, finalizzato ad assicurare “liquidità aziendale”, destinava € 320.000 all’estinzione di un precedente mutuo ipotecario della moglie e la restante parti di € 20.000 a ripianare il proprio scoperto di conto corrente. In tal modo, l’indagato non avrebbe destinato il mutuo alla finalità prevista, in relazione alla quale aveva potuto accedere alla garanzia del Fondo, bensì aveva impiegato gran parte delle somme ricevute per l’estinzione di un debito della moglie.

Il tribunale del riesame annullava il sequestro sul presupposto che l’indagato svolgeva la libera professione di dentista e, quindi, non vi era alcuna distinzione tra il patrimonio personale e quello destinato all’esercizio della professione; inoltre, si evidenziava come l’indagato aveva prestato garanzia in favore della moglie al momento della concessione del mutuo ipotecario, la cui estinzione, pertanto, comportava un diretto effetto positivo nei suoi confronti.

Sulla base di tali premesse, si affermava che le somme erogate non erano state affatto destinate a finalità diverse da quelle consentite, posto che l’indagato le aveva impiegate per estinguere posizioni debitorie e, in tal modo, impiegare le proprie risorse economiche per svolgere l’attività professionale né, del resto, il mutuo garantito dal Fondo aveva una finalità specifica e incompatibile con quella perseguita dall’indagato.

Ricorso per cassazione

Avverso tale ordinanza, ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di xxx sottolineando come – non essendo contestata la ricostruzione in fatto degli eventi – il Tribunale era incorso in violazione di legge, escludendo erroneamente la configurabilità del reato di cui all’art. 316-bis,cod. pen., omettendo di considerare l’indirizzo giurisprudenziale formatosi in materia, secondo cui i finanziamenti ottenuti per far fronte alle difficoltà economiche conseguenti alla pandemia, proprio perché garantiti dallo Stato e finalizzati alla prosecuzione delle attività imprenditoriali, non possono essere destinati a finalità diverse e incompatibili con quelle indicate dalla normativa di riferimento.

Decisione della Corte di cassazione

…Ricognizione normativa

Fin dalle premesse del d. l. n. 23 del 2020, si sottolinea la «straordinaria necessità e urgenza di contenere gli effetti negativi che l’emergenza epidemiologica COVID-19 sta producendo sul tessuto socioeconomico nazionale, prevedendo misure di sostegno alla liquidità delle imprese e di copertura di rischi di mercato particolarmente significativi».

L’art. 1 stabilisce che lo strumento della garanzia statale è posto al «fine di assicurare la necessaria liquidità alle imprese con sede in Italia, colpite dall’epidemia COVID-19, diverse dalle banche e dagli altri soggetti autorizzati all’esercizio del credito».

La finalità della garanzia è stata genericamente riferita all’esigenza di garantire liquidità ai soggetti che avevano subito perdite di fatturato a causa del COVID-19, tuttavia, l’art. 1, lett. n) fornisce anche indicazioni in ordine alla finalità specifica della misura di sostegno, precisando che il finanziamento deve essere destinato a sostenere costi del personale, canoni di locazione o di affitto di ramo d’azienda, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia.

Lo Stato, attraverso l’intervento della SACE (Sezione Speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione) S.p.a. (artt. 2 e 3), per le grandi imprese, e del Fondo centrale di garanzia per le PMI (art.13), ha previsto la concessione di garanzie per i finanziamenti rogati in favore di soggetti (società, imprese individuali e liberi professionisti) per far fronte alla crisi di liquidità conseguenti al blocco delle attività determinato dalla pandemia; il mutuo garantito dal Fondo per le PMI erogato all’indagato risulta soggetto alla disciplina prevista dall’art. 13, comma 1, lett. m), che ha espressamente esteso la possibilità di accedere alla garanzia del Fondo anche per i professionisti.

L’art. 13, lett. n) stabilisce che la garanzia è concessa in favore dei soggetti beneficiari con ammontare di ricavi non superiore a 3.200.000 euro, la cui attività d’impresa è stata danneggiata dall’emergenza COVID-19, secondo quanto attestato dall’interessato.

La disciplina dettata dal d. l. n. 23 del 2020 deve essere letta congiuntamente a quella che regolamenta in via generale l’accesso alla garanzia prestata dal Fondo per le PMI.

Premesso che la regolamentazione del Fondo è affidata essenzialmente alla stratificazione di plurime fonti secondarie, deve sottolinearsi come il dato costante è rappresentato dall’individuazione della finalità del finanziamento garantito in relazione alle esigenze imprenditoriali.

A tal riguardo si evidenzia che l’art. 39, comma 4, d. l. 6 dicembre 2011, n. 2011, ha previsto che «con decreto di natura non regolamentare adottato dal Ministro dello Sviluppo Economico, d’intesa con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, sono definite le tipologie di operazioni ammissibili».

Con un primo decreto 24 aprile 2013 sono state stabilite le modalità di concessione della garanzia del Fondo, prevedendo la possibilità che le specifiche finalità possano essere indicate con ulteriore provvedimento ministeriale.

Il successivo D.M. 24 aprile 2014 è nuovamente intervenuto sulle condizioni di ammissibilità alla garanzia del Fondo per le PMI, stabilendo nell’allegato (costituente parte integrante del decreto) che i finanziamenti garantiti devono «essere direttamente finalizzati all’attività d’impresa».

Tale previsione è rimasta immutata anche nelle più recenti disposizioni operative allegate al D.M. 3 ottobre 2022.

…Finalizzazione esclusiva all’attività d’impresa o professionale

In conclusione, può affermarsi che la garanzia prestata dal Fondo per le PMI, in quanto diretta espressamente a facilitare l’accesso delle piccole e medie imprese al credito, è per sua natura funzionale all’ottenimento di finanziamenti relativi allo svolgimento dell’attività di impresa. L’estensione dell’accesso alla garanzia dei Fondo per le PMI anche a soggetti che non svolgono attività imprenditoriale, bensì professionale, non muta la necessaria destinazione del finanziamento garantito a far fronte alle esigenze dell’attività produttiva, posto che è in favore di quest’ultima che si prevede l’agevolazione. In tal senso, del resto, depone non solo la disciplina specificamente dettata per la garanzia del Fondo, ma anche il tenore complessivo del d. l. n. 23 del 2020, la cui finalità è pur sempre quella di fornire un supporto alle attività imprenditoriali e professionali che hanno subito un danno a seguito dell’emergenza pandemica (stante le indicazioni contenute all’art. 1, da considerarsi riferite a tutti gli interventi contenuti nel decreto).

Il finanziamento in esame, pur essendo concesso in favore del beneficiario sulla base di un contratto di diritto privato, è inserito in una cogente disciplina pubblica, in quanto è lo stesso legislatore a qualificare espressamente l’operazione di finanziamento agevolato, realizzata mediante l’intervento del Fondo centrale di garanzia PMI, come una forma di intervento pubblico nell’economia vincolata alla realizzazione dello scopo di sostegno per le imprese in crisi di liquidità per effetto della pandemia (così in motivazione Sez.6, n. 28416 del 6/5/2022, Rv. 283332).

…Valutazione del caso concreto

Sulla base di tali osservazioni, deve ritenersi errata l’affermazione contenuta nell’ordinanza impugnata secondo cui il mutuo era stato erogato senza l’indicazione di una specifica finalità, bensì per una generica esigenza di sostegno alla liquidità aziendale.

Invero, per le ragioni desunte dall’esame della normativa di riferimento, pare corretto affermare che pur a fronte dell’ampiezza della finalità della garanzia, essendo diretta a consentire il recupero della liquidità venuta meno per effetto dei mancati introiti nel periodo emergenziale, non può per ciò solo ritenersi che la destinazione delle somme mutuate fosse irrilevante o, comunque, non circoscritta all’attività professionale.

Deve ritenersi, invece, che il finanziamento ottenuto doveva essere necessariamente finalizzato all’attività professionale, nozione omnicomprensiva nella quale si possono ricondurre una molteplicità di impieghi tutti compatibili con il fine sotteso all’ottenimento del beneficio.

A mero titolo esemplificativo, l’erogazione poteva essere impiegata per adempiere a obbligazioni (nei confronti di lavoratori dipendenti, per locazione di immobili e attrezzature, per utenze, per il pagamento di rate di mutuo o finanziamenti accesi in relazione all’attività professionale) rimaste inadempiute a seguito dei mancati introiti nel periodo emergenziale, come pure le somme ottenute potevano essere impiegate per acquisti di beni direttamente funzionali all’esercizio della professione. Ben diversa è stata la destinazione data alle somme conseguite dall’indagato, il quale le ha impiegate per l’estinzione di un mutuo ipotecario gravante sulla casa coniugale e intestato alla moglie, in relazione al quale aveva prestato fideiussione. Nel caso di specie, pertanto, l’erogazione è stata utilizzata per far fronte ad un debito non collegato all’attività professionale, il che risulta in insanabile contrasto con la ratio stessa della normativa sopra richiamata.

…Decisività della natura delle spese fatte attingendo al finanziamento

Resta da esaminare un ulteriore profilo, concernente l’affermazione secondo cui, essendo l’indagato un libero professionista, non sarebbe possibile distinguere in maniera netta fra spese personali e professionali.

Anche tale affermazione è affetta da un errore in diritto, posto che sovrappone l’aspetto relativo allo svolgimento dell’attività professionale in forma personale e senza la creazione di una diversa entità giuridica, con la natura delle spese effettuate.

Si tratta di aspetti distinti, posto che l’unicità del patrimonio personale del professionista non esclude la possibilità di individuare la finalità delle singole spese sostenute, la cui natura – personale o professionale – discende essenzialmente dalla funzione che sono dirette a soddisfare.

L’assenza di un autonomo centro di imputazione giuridica comporta essenzialmente che il libero professionista risponde delle obbligazioni assunte con tutto il suo patrimonio, ma ciò non impedisce affatto di operare una distinzione tra beni e spese destinate all’attività professionale, piuttosto che alle esigenze personali.

Quanto detto comporta che l’affermazione conclusiva del Tribunale del riesame, secondo cui il mutuo concesso per sostegno alla liquidità sarebbe stato utilizzato per estinguere debiti propri che gravavano sul professionista, non è corretta, in quanto il sostegno alla liquidità era riferito alle esigenze dell’attività professionale, mentre il mutuo erogato è stato utilizzato per estinguere un debito altrui, in alcun modo collegato allo svolgimento della professione. In ipotesi, si sarebbe potuti giungere ad una diversa soluzione ove il mutuo fosse stato acceso per l’acquisto dell’immobile ove viene svolta l’attività professionale, ma così non è nel caso in esame, posto che il mutuo concerneva l’abitazione familiare.

Le considerazioni svolte consentono di ritenere pienamente applicabile al caso di specie i principi giurisprudenziali elaborati dalla Suprema Corte e, in particolare, l’assunto secondo il quale, in tema di legislazione emergenziale volta al sostegno delle imprese colpite dagli effetti della pandemia da Covid-19, è configurabile il reato di malversazione ex art. 316-bis cod. pen. nel caso in cui, successivamente all’erogazione, da parte di un istituto di credito, di un finanziamento assistito dalla garanzia pubblica rilasciata dal Fondo per le Piccole e Medie Imprese, ai sensi dell’art. 13, lett. m), del d. l. 8 aprile 2020, n. 23 (c.d. decreto liquidità), gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui detto finanziamento è destinato per legge (Sez. 6, n. 28416 del 6/5/2022, Rv. 283332; si veda anche Sez.2, n. 49693 del 7/12/2022, Rv. 284174; Sez. 6, n. 11246 del 13/1/2022, Rv. 283106). Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di xxx che, nel riesaminare la questione, si atterrà ai principi esposti in motivazione.