Cassazione penale, Sez. 1^, sentenza n. 17084/2024, camera di consiglio del 31 gennaio 2024, ha ricordato che la norma contenuta nell’art. 11, comma 12, Ord. pen., nella formulazione vigente introdotta dall’art. 1, d. lgs. n. 123/2018, ha il suo sostegno più importante nel riconoscimento costituzionale del diritto alla salute come diritto fondamentale dell’individuo e in questa prospettiva giuridica deve essere letta e interpretata.
L’art. 11, comma 9, Ord. pen., dispone testualmente che “I detenuti e gli internati possono richiedere di essere visitati a proprie spese da un sanitario di loro fiducia. Per gli imputati è necessaria l’autorizzazione del magistrato che procede, sino alla pronuncia della sentenza di primo grado“, disposizione, questa, confermata, ulteriormente disciplinata e sostanzialmente rafforzata dall’art. 17, comma 7, del regolamento penitenziario, DPR n. 239/2000, che autorizza, a spese dell’interessato, trattamenti medici, terapeutici e chirurgici all’interno degli istituti di pena.
Si evince, dunque, dal dettato letterale di tale disciplina, che i detenuti e gli internati possono chiedere di essere visitati a proprie spese da un medico di fiducia senza che ricorrano limiti o condizioni, se non la necessità di curarsi, la quale presuppone l’accertamento sanitario delle proprie condizioni.
Soltanto per gli imputati, cioè i detenuti per i quali pende il processo, la norma richiede l’autorizzazione del giudice che procede (peraltro, solo fino alla sentenza di primo grado) e ciò per l’evidente finalità non già di sindacare in qualche modo l’iniziativa individuale di sottoporsi a visite e cura ma all’esclusivo fine di delibare, e quindi motivare, se l’iniziativa medesima possa in qualche modo avere incidenza negativa sugli accertamenti processuali in corso.
