Opere edilizie abusive e particolare tenuità del fatto (di Vincenzo Giglio)

Cassazione penale, Sez. 3^, sentenza n. 16177/2024, udienza del 10 aprile 2024, ha chiarito i parametri valutativi applicabili dal giudice al quale l’imputato della realizzazione di opere edilizie abusive abbia chiesto il riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 131 bis cod. pen. – applicabile, ai sensi del comma 1, ai soli reati per i quali è prevista una pena detentiva non superiore, nel massimo, a cinque anni, ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla predetta – è configurabile in presenza di una duplice condizione, essendo congiuntamente richieste la particolare tenuità dell’offesa e la non abitualità del comportamento. Il primo dei due requisiti richiede, a sua volta, la specifica valutazione della modalità della condotta e dell’esiguità del danno o del pericolo, da valutarsi sulla base dei criteri indicati dall’art. 133 cod. pen., cui segue, in caso di vaglio positivo – e dunque nella sola ipotesi in cui si sia ritenuta la speciale tenuità dell’offesa -, la verifica della non abitualità del comportamento, che il legislatore esclude nel caso in cui l’autore del reato sia stato dichiarato delinquente abituale, professionale o per tendenza, ovvero abbia commesso più reati della stessa indole, anche se ciascun fatto, isolatamente considerato sia di particolare tenuità, nonché nel caso in cui si tratti di reati che abbiano ad oggetto condotte plurime, abituali e reiterate.

Come affermato dalle Sezioni unite penali, ai fini della configurabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis cod. pen., il giudizio sulla tenuità richiede una valutazione complessa e congiunta di tutte le peculiarità della fattispecie concreta, che tenga conto, ai sensi dell’art. 133, primo comma, cod. pen., delle modalità della condotta, del grado di colpevolezza da esse desumibile e dell’entità del danno o del pericolo (Sez. U, n. 13681 del 25/02/2016, Tushaj, Rv. 266590).

Il giudice, pertanto, è tenuto a motivare sulle forme di estrinsecazione del comportamento incriminato, al fine di valutarne la gravità, l’entità del contrasto rispetto alla legge e, conseguentemente, il bisogno di pena, essendo insufficiente il richiamo a mere clausole di stile (Sez. 6, n. 18180 del 20/12/2018 – dep. 02/05/2019, Rv. 275940).

Nel caso in esame, la Corte territoriale, facendo buon governo dei principi ora ricordati, ha correttamente escluso i presupposti applicativi della causa di non punibilità in esame, individuando, quale elemento ostativo avente carattere assorbente, l’obiettiva consistenza delle opere abusive, come peraltro emerge ictu oculi dalla mera lettura del capo di imputazione, opere che certamente non possono essere ritenute di scarso impatto sul territorio, con l’evidente conseguenza che l’offesa non può qualificarsi in termini di “particolare tenuità”.

Né merita censura la motivazione laddove la Corte di merito ha evidenziato che l’imputato, nemmeno dopo la sentenza di primo grado, ha rimosso le opere abusive: condotta, questa, certamente valorizzabile per effetto delle modifiche apportate all’art. 131-bis cod. pen. dall’art. 1, comma 1, lett. c), n. 2), d.lgs. n. 10 ottobre 2022, n. 150, il quale, tra l’altro, assegna rilevanza, ai fini della valutazione del carattere di particolare tenuità dell’offesa, anche la condotta dell’imputato successiva alla commissione del reato, che, tuttavia, non potrà, di per sé sola, rendere di particolare tenuità un’offesa che tale non era al momento del fatto, potendo essere valorizzata solo nell’ambito del giudizio complessivo sull’entità dell’offesa recata, da effettuarsi alla stregua dei parametri di cui all’art. 133, comma primo, cod. pen. (Sez. 3, n. 18029 del 04/04/2023, Rv. 284497).

Nella specie, la Corte ha perciò correttamente valutato tutte le circostanze del caso concreto, ossia la consistenza delle opere abusive e la condotta dell’imputato post delictum, giungendo ad escludere, con una motivazione certamente non implausibile sul piano logico — e quindi non censurabile in sede di legittimità – l’insussistenza dei presupposti richiesti per l’applicazione della causa di non punibilità ex art. 131-bis cod. pen.